Migrazioni

Sella (Don Bosco 2000), “L’aggressione subita dalla nave Ocean Viking è fatto gravissimo e inaccettabile”

ph Sos Mediterranee
28 Ago 2025

“L’aggressione subita dalla nave Ocean Viking nei giorni scorsi da parte della Guardia costiera libica è un fatto gravissimo e inaccettabile. Sparare per venti minuti consecutivi contro un’imbarcazione umanitaria che aveva appena tratto in salvo decine di persone, tra cui minori, significa attentare deliberatamente alla vita di migranti innocenti e di operatori impegnati in missioni di soccorso – ha dichiarato Agostino Sella, presidente dell’associazione Don Bosco 2000, che ha sede a piazza Armerina (Enna) -. È ancora più grave constatare che tale aggressione sia stata condotta da una guardia costiera addestrata e finanziata anche con risorse italiane ed europee – ha poi affermato –. Questo rende evidente la natura criminosa del protocollo con la Libia, che non ha mai risolto l’emergenza migratoria ma, al contrario, ha contribuito a generare violenza e instabilità nel Mediterraneo centrale”.
L’associazione chiede al governo italiano di “condannare con fermezza l’accaduto, di pretendere un’indagine indipendente e autorevole per accertare le responsabilità e di rivedere immediatamente ogni forma di collaborazione con le autorità libiche. Non si può continuare a sostenere un soggetto che ostacola i soccorsi, rivendica illecitamente la propria presenza in acque internazionali e mette a rischio la vita di persone vulnerabili”. Sella esprime “piena solidarietà a Sos Mediterranee e a tutto l’equipaggio della Ocean Viking. Il loro lavoro rappresenta un presidio di umanità in mare. La criminalizzazione dei soccorsi e l’assegnazione sistematica di porti lontani non fanno altro che aggravare la tragedia umana che ogni giorno si consuma nel Mediterraneo.
Ribadiamo con forza
– ha concluso – che salvare vite non è un reato, ma un dovere morale e civile. Non possiamo accettare che la logica della disumanizzazione prevalga sul rispetto della dignità e dei diritti fondamentali di ogni persona”.

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Festeggiamenti patronali

Grottaglie festeggia san Francesco de Geronimo. Celebrati gli 80 del trasporto del corpo

28 Ago 2025

di Silvano Trevisani

Si aprono domani, 29 agosto, a Grottaglie i festeggiamenti del santo patrono Francesco de Geronimo, che a Grottaglie era nato il 17 dicembre 1642, e che avranno il loro culmine domenica 7 settembre.

Un’anteprima dei festeggiamenti la città delle ceramiche lo ha vissuto martedì scorso 26 agosto, nel Santuario di San Francesco, con la celebrazione dell’80simo anniversario della traslazione delle spoglie mortali del santo. La celebrazione eucaristica è stata presieduta dall’arcivescovo Ciro Miniero, presenti, oltre all’arcivescovo emerito di Potenza monsignor Salvatore Ligorio, numerosi sacerdoti e parroci di Grottaglie.

Edificata nel 1832 e proclamata Santuario nel 1941, la Chiesa intitolata a San Francesco de Geronimo racchiude le spoglie del santo da quel 26 agosto del 1945 nel quale giunsero in un’atmosfera di grande e prolungata solennità, e che si trova nel centro storico lungo la strada che porta il suo nome. Il Santuario ingloba la casa natale del santo e il piccolo museo che raccoglie reliquie e documenti.

I festeggiamento veri e propri inizieranno il 29 agosto alle 18,30, con la traslazione della venerata immagine della Vergine SS. Della Mutata e di San Francesco de Geronimo dal Monastero di Santa Chiara in Chiesa Madre. Alle 19 la celebrazione eucaristica che apre la solenne Novena sarà presieduta da don Cosimo Damasi, parroco di Maria SS. del Rosario.

Così, di seguito, le celebrazioni successive che vedranno alternarsi i parroci della città e della vicaria: 30 agosto don Franco Spagnulo e don Eligio Bonfrate, rettori dei santuari di San Francesco de Geronimo e della Madonna di Pompei; 31 agosto: don Eligio Grimaldi, parroco della Chiesa madre Maria SS. Annunziata; 1 settembre: don Antonio Fina parroco del SS. Sacramento; 2 settembre: don Emidio Dellisanti parroco della Madonna delle Grazie; 3 settembre: don Andrea Casarano parroco di S. Maria della Croce di Montemesola; 4 settembre: don Alessandro Giove parroco della Madonna del Carmine; 5 settembre don Giovanni Longo, parroco di Santa Maria in Campitelli; 6 settembre padre Salvatore Palmino parroco di S. Francesco di Paola – Padri minimi.

Domenica 7 settembre, festa liturgica di san Francesco, saranno celebrate le Sante Messe alle 7,30 e alle 9,30. Alle 11 si terrà la Concelebrazione eucaristica presieduta da monsignor Salvatore Ligorio, arcivescovo emerito di Potenza, Muro Lucano e Marsico Nuovo. Alle 18 solenne Concelebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo di Taranto, monsignor Ciro Miniero. Seguirà alle 19. la solenne processione per le vie della città della venerata immagine del santo.

Per quanto riguarda il programma dei festeggiamenti civili, il 31 agosto alle 19, in piazza Regina Margherita si svolgerà il “Burraco per san Francescco” in collaborazione con l’Associazione civica Utopia.

Giovedì 4 alle 19,30 in piazza S. Francesco de Geronimo esibizione dell’Associazione Piccolo teatro di Grottaglie. Venerdì 5 alle 19,30 sfilata dei bersaglieri di Grottaglie per le vie della città; alle 20,30, in piazza San Francesco, concerto della Fanfara dei bersaglieri di Terlizzi e alle 21, in piazza Regina Margherita concerto di Beppe Junior.

Sabato 6, in piazza San Francesco esibizione dell’Associazione musicale “Revival Gruppo 2000” che presenta “I Briganti del duca” di Marino Cavallo e alle 20, “Disco in piazza Regina Margherita Music Vibration by Mimnmo Yoghi DJ, Voice Tiziana Anti, special guest DJ Antonio Nigro.

Domenica 7 in piazza San Francesco spettacolo musicale Lucio&Lucio, omaggio a Lucio Battisti e Lucio Dalla a cura di Carmine Fanigliulo,

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Udienza generale

Nuovo appello di papa Leone XIV per il cessate il fuoco in Terra santa

ph Vatican media-Sir
27 Ago 2025

di Patrizia Caiffa

Un forte appello “sia alle parti implicate, sia alla comunità internazionale affinché si ponga termine al conflitto in Terra Santa che tanto terrore, distruzione e morte ha causato. Supplico che siano liberati tutti gli ostaggi, si raggiunga un cessate il fuoco permanente, si faciliti l’ingresso sicuro degli aiuti umanitari e venga interamente rispettato il diritto umanitario”: lo ha lanciato oggi papa Leone XIV, al termine dell’udienza generale nell’aula Paolo VI in Vaticano. In particolare, il Papa ha rimarcato “l’obbligo di tutelare i civili e il divieto di punizione collettiva, di uso indiscriminato della forza e di spostamento forzato della popolazione”. Si è unito quindi alla dichiarazione congiunta dei patriarchi greco-ortodosso e latino di Gerusalemme “che ieri hanno chiesto di porre fine a questa spirale di violenza, di guerra e di dare priorità bene comune delle persone” e chiesto l’intercessione di Maria per “la riconciliazione e la pace in quella terra a tutti tanto cara”.

“La speranza cristiana non è evasione, ma decisione”
Durante la catechesi sul tema “La consegna. ‘Chi cercate?’” (Gv 18,4) il Papa si è soffermato in particolare sul momento dell’arresto di Gesù nell’orto degli Ulivi, che “non ci presenta un Gesù spaventato, che fugge o si nasconde. Al contrario, ci mostra un uomo libero, che si fa avanti e prende la parola, affrontando a viso aperto l’ora in cui si può manifestare la luce dell’amore più grande”. “Gesù sa. Tuttavia, decide di non indietreggiare – ha osservato il Papa -. Si consegna. Non per debolezza, ma per amore. Un amore così pieno, così maturo, da non temere il rifiuto. Gesù non viene preso: si lascia prendere. Non è vittima di un arresto, ma autore di un dono. In questo gesto si incarna una speranza di salvezza per la nostra umanità: sapere che, anche nell’ora più buia, si può restare liberi di amare fino in fondo”. Papa Leone XIV ha messo in evidenza anche il passaggio di quando Gesù risponde ‘sono io’ e i soldati cadono a terra. “Si tratta di un passaggio misterioso, dal momento che questa espressione, nella rivelazione biblica, richiama il nome stesso di Dio: «Io sono». Gesù rivela che la presenza di Dio si manifesta proprio dove l’umanità sperimenta l’ingiustizia, la paura, la solitudine. Proprio lì, la luce vera è disposta a brillare senza timore di essere sopraffatta dall’avanzare delle tenebre”.“Nel cuore della notte, quando tutto sembra crollare, Gesù mostra che la speranza cristiana non è evasione, ma decisione – ha sottolineato -. Questo atteggiamento è il frutto di una preghiera profonda in cui non si chiede a Dio di essere risparmiati dalla sofferenza, ma di avere la forza di perseverare nell’amore, consapevoli che la vita liberamente offerta per amore non ci può essere tolta da nessuno”.

“Anche nelle sofferenze più ingiuste c’è il germe di una vita nuova”. “La vera speranza” non è “nel cercare di evitare il dolore, ma nel credere che, anche nel cuore delle sofferenze più ingiuste, si nasconde il germe di una vita nuova”, ha sottolineato Papa Leone XIV, commentando il momento dell’arresto di Gesù. “Gesù non si preoccupa di salvare sé stesso: desidera soltanto che i suoi amici possano andarsene liberi – ha osservato -. Questo dimostra che il suo sacrificio è un vero atto d’amore. Gesù si lascia prendere e imprigionare dalle guardie solo per poter lasciare in libertà i suoi discepoli”. Gesù, ha proseguito, “ha vissuto ogni giorno della sua vita come preparazione a quest’ora drammatica e sublime. Per questo, quando essa arriva, ha la forza di non cercare una via di fuga.
Il suo cuore sa bene che perdere la vita per amore non è un fallimento, ma possiede una misteriosa fecondità. Come il chicco di grano che proprio cadendo a terra non rimane solo, ma muore e diventa fruttuoso. Anche Gesù prova turbamento di fronte a un cammino che sembra condurre solo alla morte e alla fine. Ma è ugualmente persuaso che solo una vita perduta per amore, alla fine, si ritrova”.

“Nella vita non serve avere tutto sotto controllo. Basta scegliere ogni giorno di amare con libertà. È questa la vera speranza: sapere che, anche nel buio della prova, l’amore di Dio ci sostiene e fa maturare in noi il frutto della vita eterna”. È il consiglio di Papa Leone XIV, espresso durante l’udienza. “E noi?”, si è chiesto, “quante volte difendiamo la nostra vita, i nostri progetti, le nostre sicurezze, senza accorgerci che, così facendo, restiamo soli”. Ma “la logica del Vangelo è diversa: solo ciò che si dona fiorisce – ha precisato -, solo l’amore che diventa gratuito può riportare fiducia anche là dove tutto sembra perduto”. Il Papa ha commentato anche il passaggio del Vangelo di Marco del giovane che, quando Gesù viene arrestato, scappa via nudo (Mc 14,51). “È un’immagine enigmatica, ma profondamente evocativa – ha osservato -. Anche noi, nel tentativo di seguire Gesù, viviamo momenti in cui siamo colti alla sprovvista e restiamo spogliati delle nostre certezze. Sono i momenti più difficili, nei quali siamo tentati di abbandonare la via del Vangelo perché l’amore ci sembra un viaggio impossibile”. Eppure, ha proseguito, “sarà proprio un giovane, alla fine del Vangelo, ad annunciare la risurrezione alle donne, non più nudo, ma rivestito di una veste bianca. Questa è la speranza della nostra fede: i nostri peccati e le nostre esitazioni non impediscono a Dio di perdonarci e di restituirci il desiderio di riprendere la nostra sequela, per renderci capaci di donare la vita per gli altri”. “Cari fratelli e sorelle – ha concluso -, impariamo anche noi a consegnarci alla volontà buona del Padre, lasciando che la nostra vita sia una risposta al bene ricevuto”.

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Giornata mondiale

Verso una pace “disarmata e disarmante”. Il tema della Giornata mondiale 2026

ph Marco Calvarese-Sir
27 Ago 2025

di Giada Di Reda

La pace sia con tutti voi: verso una pace “disarmata e disarmante”: il tema del messaggio di papa Leone per la Giornata mondiale della pace 2026, reso noto dal comunicato del dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale del 26 agosto 2025, è un richiamo ad una responsabilità condivisa, che parte dalle parole per tramutarsi in azioni concrete. Questo è il tema riguardo al quale, papa Leone, a partire dai primi giorni di pontificato, ha raccolto il testimone.

La pace, quel filo conduttore che a partire dalle prime parole pronunciate dal pontefice quell’8 maggio 2025, dalla loggia esterna della benedizione della Basilica vaticana, rappresenta un monito di speranza, azione, per il bene e per il futuro dei popoli; una delle grandi sfide che Leone XIV sin dal primo istante ha scelto di abbracciare: “Questa è la pace del Cristo Risorto, una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante. Proviene da Dio, Dio che ci ama tutti incondizionatamente”.

Una pace disarmata, libera da minacce, paure, logiche di potere; ma anche disarmante, in grado di bussare alle porte del cuore, stupire, abbattere i muri delle ostilità, seminando speranza, fiducia ed empatia; un traguardo che solo attraverso azioni concrete guidate da umiltà e perseveranza può essere raggiunto. Perché non è sufficiente invocarla, ma “bisogna incarnarla in uno stile di vita che rifiuti ogni forma di violenza, visibile o strutturale”. Una pace, che si costruisce “dal cuore e a partire dal cuore, sradicando l’orgoglio e le rivendicazioni, e misurando il linguaggio, poiché si può ferire e uccidere anche con le parole”.

Il potere delle parole, l’invito a ripartire dalle parole per costruire una cultura della pace, attraverso una comunicazione fatta di un linguaggio mite, dialogo e ascolto. Raccontare la verità, per essere uomini liberi e difendere “la dignità, la giustizia e il diritto dei popoli a essere informati, perché solo i popoli informati possono fare scelte libere”, ribadiva il santo padre, già in occasione del primo incontro con gli operatori della comunicazione del 12 maggio 2025, nell’aula Paolo VI.
Mettere da parte, attraverso la comunicazione, ogni aggressività, competizione, per continuare a cercare umilmente e con amore, la pace.
Un invito, quello del santo padre, rivolto a tutte le genti, credenti, non credenti, che rappresenta l’universalità della Chiesa che si esplica nell’impegno per la costruzione del bene autentico.

In questo senso, è evidente la continuità con il messaggio di papa Francesco, contenuto nella Fratelli tutti, in cui egli invitava tutti gli esseri umani ad essere architetti e artigiani di pace. Così come nella società e nella famiglia, ognuno deve svolgere un ruolo, così nei processi di pace ognuno deve svolgere deve svolgere la propria parte. Le istituzioni hanno il compito di intervenire nell’architettura della pace, mentre c’è tutto un artigianato di pace che coinvolge la gente comune, i vari settori e tutta la comunità.

L’appello di Leone XIV è strettamente legato al tempo presente, e sviluppato attraverso le sue parole in diversi contesti. Nel messaggio ai partecipanti alla settimana ecumenica di Stoccolma nel centenario dell’Incontro Ecumenico del 1925 (18-24 agosto 2025), egli ha ribadito che “Il nostro mondo presenta le cicatrici profonde del conflitto, della disuguaglianza, del degrado ambientale e di un crescente senso di disconnessione spirituale. Tuttavia, in mezzo a queste sfide, ricordiamo che la pace non è meramente un conseguimento umano, bensì un segno della presenza del Signore tra noi”.

E ancora, parlando ai giovani, sentinelle di speranza, in occasione della veglia di preghiera a Tor Vergata del 2 agosto, coloro che più di tutti desiderano, cercando, bramano la pace, egli ha indicato la via più semplice, quella autentica, a volte dimenticata, ovvero quella della relazione, dell’amicizia: “Cari giovani, vogliatevi bene tra di voi! Volersi bene in Cristo. Saper vedere Gesù negli altri. L’amicizia può veramente cambiare il mondo. L’amicizia è una strada verso la pace”.

Il tema della prossima Giornata mondiale della pace, non si limita all’analisi degli scenari geopolitici ma vuole andare oltre, toccando la vita quotidiana di ciascuno; perché è a partire dalle azioni e dalle scelte quotidiane di ciascuno, ripartendo dall’autenticità che è possibile, seppur lentamente, sviluppare i più grandi cambiamenti. È un vero e proprio richiamo a coltivare l’amicizia, il dialogo e riscoprire l’alterità, come semi di futuro; un invito a custodire e far fruttare il dono della libertà, attraverso la scelta del bene autentico.

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Diocesi

Montemesola, i festeggiamenti per San Michele Arcangelo e i Santi Medici

27 Ago 2025

di Elena Ricci

Montemesola si prepara ad accogliere gli attesissimi festeggiamenti di San Michele Arcangelo e dei Santi Medici Cosma e Damiano, che quest’anno avranno un valore particolare in quanto sarà caratterizzata dal decimo anniversario di attività del comitato festa, che ha saputo tracciare un solco importante nella tradizione e negli eventi della comunità. A rendere ancora più solenne la celebrazione sarà la presenza della scorta d’onore della Polizia di Stato in alta uniforme e dei Fucilieri dell’Aria del 16° Stormo di Martina Franca, che accompagneranno in processione il simulacro dell’Arcangelo, patrono e protettore delle forze dell’ordine e armate. La festa si svolgerà in tre giornate, dal 29 al 31 agosto, con un programma religioso e civile ricco di eventi, musica e momenti di intensa spiritualità. Il 29 agosto avrà luogo la traslazione dei simulacri dei Santi Medici Cosma e Damiano e di San Michele Arcangelo dalla chiesa intitolata all’Arcangelo alla chiesa madre. In serata, piazza IV novembre ospiterà la Giovane orchestra jonica, diretta dal maestro Fabio Orlando: cinquanta elementi eseguiranno celebri colonne sonore, con un omaggio speciale a Ennio Morricone e la partecipazione di tre giovani voci provenienti dal programma Rai The Voice. Il 30 agosto sarà dedicato alla processione dei Santi Medici, mentre la sera la stessa piazza IV novembre si accenderà con i ritmi travolgenti del folk del gruppo Terraross. Il momento clou sarà il 31 agosto, con la solenne processione di San Michele Arcangelo, accompagnata dalla Polizia di Stato in alta uniforme e da due sottufficiali medagliati dei Fucilieri dell’Aria del 16° Stormo di Martina Franca: un gesto simbolico che suggella il profondo legame tra San Michele e le forze dell’ordine. Dopo la santa messa sarà conferito il premio San Michele, giunto alla sua seconda edizione, a tre personalità che si sono distinte nel loro campo. Alle ore 21 lo spettacolo pirotecnico in zona Molinelle donerà luce e colori al cielo di Montemesola. Subito dopo, in piazza IV novembre, spazio alla musica e allo spettacolo con “Celentano! The Tribute Show” dedicato ad Adriano Celentano, con elementi di scena originali, reduce da sold out nei teatri internazionali. Non mancheranno, per tutta la durata dei festeggiamenti, l’area food e i mercatini della Terra Slow Food lungo via Roma.

Don Andrea Casarano, parroco e padre spirituale, ha sottolineato: “Torna ormai puntuale alla fine di agosto, quasi a suggellare il mese delle grandi feste, la solennità di San Michele che accompagna gli ultimi montemesolini, tornati per le ferie, alla loro quotidianità”.
Il priore Giovanni Guida, a nome del comitato festa, ha aggiunto: “Dieci anni fa abbiamo iniziato questo cammino con passione e spirito di servizio, riportando a Montemesola eventi di grande respiro. Questo anniversario è un traguardo ma anche uno stimolo a continuare, sempre nel segno di San Michele e della nostra comunità”.

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Diocesi

L’abbraccio dei piccoli di Jocotan a don Mimino Damasi

27 Ago 2025

“Tornare dopo due anni a Jocotan e avere la sensazione di non essermene mai andato”: è l’esperienza vissuta da don Mimino Damasi, da due anni parroco al Rosario di Grottaglie, che nel luglio scorso ha trascorso tre settimane nella parrocchia di Santiago Apòstol a Jocotan. In quella località del Guatemala il sacerdote tarantino ha operato per quasi quattro anni come sacerdote ‘fidei donum’ nell’ambito della collaborazione tra la nostra diocesi e quella di Zacapa. Tale rapporto al momento è interrotto per la difficoltà di trovare un sacerdote disponibile a partire, sostituendo don Mimino, per dare continuità all’opera iniziata negli anni scorsi con don Luigi Pellegrino e don Ezio Succa.

“Come quand’ero in Guatemala, ho ripreso tranquillamente le attività in parrocchia, come la visita ai villaggi, le celebrazioni, la cura delle relazioni, l’attenzione ai bambini con problemi di salute, la verifica dei progetti di aiuto in atto” – riferisce don Mimino, che i parrocchiani centroamericani chiamano ‘padre Mimo’.

Alquanto significativa è stata la visita alla scuola di uno dei quartieri più poveri di Jocotan, raccontata in modo colorito agli amici della nostra diocesi in un post del profilo fb del sacerdote tarantino: “Cari amici, oggi ho vissuto una mattinata molto emozionante. Ero stato invitato dalla dirigente della scuola primaria del barrio Shalom a visitare le due aule costruite grazie ai vostri aiuti. Pensavo si trattasse di una cosa abbastanza ordinaria, tipo un saluto ai bambini e alle maestre, uno sguardo alle due aule ecc. Invece arrivo e trovo fuori ad attendermi i quasi 200 alunni schierati ad applaudire con sottofondo di mortaretti e tric-trac , con tanto di bandiera del Guatemala e relativo inno nazionale cantato con la mano sul cuore; a seguire, vari discorsi e brevi performance di ogni singola classe (danze, canti, brevi discorsi) per culminare con il taglio del nastro e lo scoprimento di una piccola targa commemorativa. Inutile dire che mi sono commosso e nel breve discorso ai ragazzi e alle maestre ho precisato che il ringraziamento andava esteso agli amici italiani (cioè a tanti di voi…) che sostengono i miei modesti progetti solidali. Il tutto è stato coronato dalla gara fra i più piccoli (escuela de parvulos, 5/6 anni) ad abbracciarmi all’altezza del girovita, affondando il loro viso nella mia pancia. Prima di salutare ho naturalmente promesso che continueremo ad aiutare per altri lavori a cominciare dalla pitturazione e dall’impianto elettrico di una terza aula ancora da rifinire”.

A fine luglio don Mimino è rientrato insieme a padre Edwin Portillo, amico storico nonché parroco di Jocotan fino a qualche anno addietro, che si è fatto apprezzare nella comunità grottagliese del Rosario per la fede entusiasta e coraggiosa, in un momento di crescita e di riscoperta della dimensione missionaria e universale della Chiesa. La sera di domenica 17 agosto c’è stata la santa messa di congedo per padre Edwin con la parola ‘arrivederci’ a farla da padrona.

Altri contenuti e foto sull’esperienza guatemalteca sono reperibili sul profilo fb del sacerdote tarantino.

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Ricorrenze

Il ritorno del santo: quando Grottaglie riabbracciò san Francesco de Geronimo

26 Ago 2025

di Francesco Mànisi

Domenica 26 agosto 1945: dopo più di 235 anni di dolorosa assenza, san Francesco de Geronimo tornava nella sua Grottaglie. Il paese accoglieva le sue spoglie mortali in un clima di fede e di intensa commozione: uno dei giorni di festa più belli che il paese delle ceramiche possa ricordare.

Già prima della Seconda guerra mondiale i grottagliesi nutrivano il vivo desiderio di poter ospitare, almeno per qualche giorno, il corpo del loro più grande concittadino, padre Francesco de Geronimo, missionario gesuita nato il 17 dicembre 1642 e morto l’11 maggio 1716 a Napoli, di cui per ben quarant’anni era stato l’apostolo più instancabile e illustre. Papa Gregorio XVI lo canonizzò il 26 maggio 1839 e a Grottaglie, nel luogo in cui sorgeva la sua casa paterna, era stato costruito un grande santuario, affidato da oltre un secolo ai confratelli del santo, figli di Sant’Ignazio.

A motivo della guerra il progetto di ospitare il corpo del Santo nella sua patria era stato temporaneamente abbandonato. Ma, terminato il conflitto, i tempi apparvero finalmente maturi. Grazie all’interessamento di padre Salvatore Pezza, superiore della comunità gesuitica di Grottaglie, e dell’arcivescovo di Taranto, mons. Ferdinando Bernardi, si chiese e si ottenne che le spoglie del santo visitassero la sua patria per due settimane. Così, il 20 agosto 1945, ottenute le necessarie autorizzazioni, il corpo lasciava il Gesù Nuovo di Napoli. Dopo aver attraversato diverse città del meridione, domenica 26 agosto 1945, alle ore 17 di un pomeriggio caldo e assolato, l’urna del santo arrivava finalmente nella sua patria.

Un fiume di gente, commossa e trepidante, si riversava alle porte della città per accogliere il suo santo: fu festa grande per tutta Grottaglie! Ad accoglierlo vi erano tutte le autorità civili e militari della città, il capitolo guidato dall’arciprete don Antonio D’Elia parato come nelle più grandi solennità.

A questo punto lasciamo la parola al grande don Cosimo Occhibianco (1927-2019), testimone oculare dell’evento, che racconta con emozione (tratta della sua opera “Grottaglie che ora è?”:

“Quando la sacra urna, scortata da tre macchine, arriva, è un vero delirio di popolo. Grida di osanna, applausi e battimani salgono al cielo. Le folle, schierate a perdita d’occhio lungo i grandi viali e tra i campi, si inginocchiano. Chi piange, chi prega, chi si batte il petto: è qualcosa di indescrivibile! Il sindaco Vincenzo Bartolomeo D’Addario pronuncia un commosso discorso che è nello stesso tempo un inno, una preghiera e un benvenuto a casa, tra i suoi fratelli e concittadini (…). Finito il discorso del sindaco, il corteo si snoda interminabile, fra due ali ininterrotte di popolo, sino alla chiesa matrice. Dalle strade e dai balconi gremiti piovono fiori e cartellini colorati inneggianti all’eroe, al santo, al concittadino; è uno scoppio di baci, uno sventolio di arazzi e damaschi. Per una volta, finalmente, erano scomparse tutte le divisioni di classi, di censo e di partiti: popolani e signori, poveri e ricchi, democristiani e socialisti, comunisti e fascisti erano affiancati l’uno all’altro. Quando l’urna viene deposta sulla gradinata della chiesa matrice, dove Francesco il 18 dicembre 1642 era stato battezzato, è un’apoteosi mai vista. Tutta la piazza circostante è adornata a festa; è uno scintillio di luci policrome; un mare immenso e compatto di teste; un fremito di cuori, un cuore solo: il cuore dei grottagliesi, palpitante di fede e di amore (…). Terminato il solenne discorso di don Giuseppe Petraroli, l’onda oceanica del popolo accompagna l’urna del santo alla casa natale, trasformata in tempio, dove la folla rimane in adorazione fino a notte inoltrata. Nei giorni seguenti nella chiesa matrice si tengono predicazioni, confessioni e funzioni solenni; nel paese, illuminazioni sontuose, fuochi pirotecnici, concerti artistici e mostre d’arte. Il 2 settembre eccezionale è il solenne pontificale celebrato sulla cassarmonica dall’arcivescovo mons. Ferdinando Bernardi, accompagnato da orchestra e coro magistrali. Fino al 9 settembre la popolazione sfila, uno per uno, in pellegrinaggio ininterrotto davanti alla sacra urna. In tre giorni diversi, tre processioni solenni fecero passare il santo davanti a ciascuna casa per benedirle tutte, tra folle osannanti e balconi pavesati (…). Ma la fusione fra lo spirito del santo e i suoi concittadini fu completa alla mezzanotte dell’8 settembre, allorché oltre 4000 fra giovani e uomini, dopo aver vegliato le sacre ossa ed essersi confessati, ricevettero il Pane degli angeli nella chiesa matrice. Poi, con movimento spontaneo di massa, portarono l’urna in giro per la città fino al mattino, pregando e cantando, mentre di casa in casa le finestre si illuminavano e le donne piangevano di gioia. La sera del 9 settembre la popolazione riaccompagnò il Santo alle porte della città, da dove riprese il viaggio verso Napoli. Ma quando il provinciale dei gesuiti, padre Alberto Giampieri, annunciò che i desideri dei grottagliesi erano stati esauditi e che la sacra urna sarebbe tornata definitivamente, le grida di gioia salirono al cielo. La notte del 16 settembre, dopo aver visitato altre città, il santo tornò definitivamente a Grottaglie. Una fiaccolata lo scortò alla casa natia, accompagnato da 20.000 fiaccole viventi: i cuori dei grottagliesi. Questi esplosero in manifestazioni irrefrenabili di gioia quando il Padre Provinciale, nell’ampia piazza gremita come al primo arrivo, con un alato discorso fece consegna del corpo santo. Era il 16 settembre 1945”.

Oggi, a ottant’anni da quell’evento straordinario, Grottaglie è chiamata a custodire la memoria e il messaggio di san Francesco de Geronimo come patrimonio vivo di fede e di identità. Il suo messaggio cristiano di missionarietà, carità e attenzione ai più deboli non può rimanere un ricordo del passato, ma deve diventare un’eredità preziosa da custodire, accogliere e tramandare alle nuove generazioni.

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Diocesi

Martina Franca celebra Santa Monica e Sant’Agostino

26 Ago 2025

di Angelo Diofano

A Martina Franca nell’ex convento delle agostiniane (vero gioiello del centro storico) sono in corso le celebrazioni in onore di Santa Monica e Sant’Agostino, in un programma intenso e ricco di significato, che rinnova il valore della memoria e della tradizione, rafforzando il vincolo fra fede e comunità.

Mercoledì 27, festa di Santa Monica, dopo la santa messa delle ore 20 presieduta da mons. Pasquale Morelli, avrà luogo la 12.ma edizione della ‘Notte bianca: alla ricerca interiore’ che prevede dalle ore 21 l’adorazione eucaristica notturna animata dalla Comunità Gesù Risorto e dal coro parrocchiale della parrocchia Regina Mundi; dalle ore 21.15 all’una di notte ci sarà l’apertura straordinaria del Belvedere; infine, spettacolo teatrale “La Speranza” a cura della compagnia ‘Le Quinte’ (regia di Pasquale Nessa) con rappresentazioni a ingresso libero e senza prenotazione nei seguenti orari: 21.30, 22.15, 23).

Giovedì 28, festa di Sant’Agostino, alle ore 5.30 santa messa all’alba al Belvedere presieduta da mons. Pasquale Morelli; alle ore 19, dopo il santo rosario, il parroco della basilica di San Martino, mons. Giuseppe Montanaro presiederà la santa messa; alle ore 20, venerazione della reliquia di Sant’Agostino; alle ore 20.30, nel chiostro del convento, cerimonia di assegnazione del premio ‘La Riconoscenza’ (settima edizione) a Lucia D’Ammacco e alla Fondazione Luca Torricella, quale espressione di gratitudine verso coloro che in diversi modi sostengono il Villaggio Sant’Agostino; seguirà l’ottava edizione della cerimonia di consegna di tredici borse di studio per l’architettura, l’arte, il campo storico/politico e comunicazione, le discipline scientifico-tecnologiche Stem e il sostentamento universitario. Per questi conferimenti si ringraziano la prof.ssa Enza Buonfrate, la prof.ssa Daniela Patriarca Pizzigallo, per l’assegnazione della borsa di studio nel campo storico/politico e comunicazione in memoria del prof. Matteo Pizzigallo; la Fondazione Paola Adamo, per l’assegnazione della borsa di studio in ricordo della serva di Dio Paola Adamo; l’arch. Lucia D’Ammacco, per l’assegnazione della borsa di studio  nel campo dell’architettura in memoria dell’arch. Claudio Adamo; la Fondazione Luca Torricella, per l’assegnazione della borsa di studio in memoria di Marilena Torricella; l’associazione Asterisco e la Bcc di Locorotondo. La serata prevede anche la presentazione del restauro della tela raffigurante San Vincenzo Ferrer (opera della restauratrice dott.ssa Maria Gaetana Di Capua) e l’incontro sul tema ‘L’importanza dello studio e della formazione’ con l’intervento del vice sindaco di Taranto, Mattia Giorno, dell’imprenditore Pasquale Marraffa  e di Arturo Mariani, speaker motivazionale.

Infine si rende noto che nelle due giornate di mercoledì 27 e giovedì 28 la chiesa resterà aperta rispettivamente nei seguenti orari: 8.30-12.30/ 17.00-01.00 e 8.00-12.30/17.00-22.00.

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Diocesi

San Marzano: benedizione della nuova campana giubilare

26 Ago 2025

di Annibale Strada

La comunità di San Marzano di San Giuseppe ha vissuto con profonda fede e partecipazione la solennità di Maria Santissima Assunta in Cielo (15 agosto). Quest’anno la festa religiosa è stata arricchita da un evento di particolare rilievo: la benedizione di una nuova campana giubilare, posta sul campanile della chiesetta superiore del santuario della Madonna delle Grazie.

“Maria ci ricorda che il cielo è la nostra patria e ci invita a fidarci sempre della Parola di Dio. Viviamo questa festa nel cuore dell’Anno Santo lasciandoci guidare dall’esempio di fedeltà e di carità di Maria verso Dio e verso i fratelli”: così il parroco, don Cosimo Rodia, ed il comitato feste patronali ‘S. Giuseppe e Maria SS. delle Grazie’, hanno annunciato il programma delle celebrazioni religiose che hanno avuto inizio con il triduo di predicazione in chiesa madre (12-13-14 agosto) con la recita del santo rosario e la santa messa con omelia mariana.

Venerdì 15 agosto, all’alba (ore 5.30), si è svolto il tradizionale pellegrinaggio dalla chiesa madre al santuario della Madonna delle Grazie, allietato dalle musiche dell’associazione ‘Armonia – Città di San Marzano’; all’arrivo (alle ore 7) si è tenuta la solenne celebrazione eucaristica con il rito di benedizione della nuova campana giubilare.

Durante la giornata sante messe sono state celebrate in chiesa madre alle ore 10 e alle ore 20 e al santuario alle ore 19.

 

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Salvaguardia del Creato

Il 5 settembre, papa Leone inaugurerà il Borgo Laudato si’

ph Borgo Laudato si'-Sir
26 Ago 2025

Il prossimo 5 settembre, alle ore 16, con una cerimonia presieduta da papa Leone XIV, verrà inaugurato ufficialmente Borgo Laudato si’: un luogo, per secoli residenza dei papi, che apre al pubblico e in cui trovano applicazione i principi contenuti nell’enciclica Laudato si’, che proprio quest’anno compiei dieci anni dalla sua pubblicazione.
Situato nella residenza pontificia di Castel Gandolfo, il Borgo Laudato si’ è un progetto nato dalla volontà di papa Francesco, che ha affidato nel 2023 al Centro di alta formazione Laudato si’ la missione di creare un luogo dove la cura del creato e il rispetto della dignità umana, soprattutto dei più fragili, possano essere protetti e valorizzati attraverso un impegno condiviso che trova le sue radici nella fede.
La proprietà, che si estende su 55 ettari, include storici giardini, palazzi, monumenti e vestigia archeologiche, zone agricole e nuovi spazi dedicati alla formazione e alla coltivazione biologica e rigenerativa, ed è il frutto di un percorso che intreccia spiritualità, educazione e sostenibilità con l’obiettivo di offrire uno spazio aperto, accessibile e inclusivo, per formarsi, riflettere e sperimentare una relazione più consapevole e rispettosa con il creato.
Nel corso del pomeriggio, il santo padre, prima di presiedere la liturgia della Parola con il rito di benedizione, effettuerà una visita simbolica del Borgo, visitando i luoghi principali e incontrando i dipendenti, i collaboratori, le loro famiglie e tutte le persone che animano, a diverso titolo, la realtà di Borgo Laudato si’, come religiosi, formatori, studenti, cittadini, partner e sostenitori.
Saranno inoltre presenti alla cerimonia rappresentanti della curia romana e delle istituzioni, oltre ai tanti che hanno contribuito alla nascita di questo progetto. Prima della benedizione del luogo da parte del santo padre, il maestro Andrea Bocelli e suo figlio Matteo si uniranno in preghiera offrendo un canto insieme.

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Diocesi

Rimessaggio barche di Lama:
in preghiera per i migranti vittime del mare

ph G. Leva
26 Ago 2025

di Angelo Diofano

«Il Mediterraneo sta diventando un freddo cimitero senza lapidi»: lo ripeteva spesso papa Francesco denunciando la tragedia dei migranti vittime delle traversate. Proprio volgendo lo «sguardo verso le acque che troppo spesso diventano luogo di morte e disperazione» – sempre con le parole di papa Francesco – mercoledì 20 agosto, al tramonto, promosso dalla parrocchia Regina Pacis e presieduto dal parroco don Mimmo Pagliarulo, al rimessaggio delle barche di Lama, si è svolto un momento di preghiera e di fraternità

L’iniziativa si inseriva nell’ambito dei festeggiamenti in onore di Maria Regina della Pace, culminati venerdì 22 agosto con la santa messa solenne sul sagrato. Proprio in quella data, infatti, la Chiesa celebra la memoria della Beata Vergine Maria Regina, istituita da papa Pio XII con l’enciclica “Ad Caeli Reginam”. Quest’anno la ricorrenza ha assunto un significato particolare in quanto, durante l’udienza generale del 20 agosto, papa Leone XIV ha chiesto ai fedeli una giornata di preghiera e digiuno «supplicando il Signore che ci conceda pace e giustizia e che asciughi le lacrime di coloro che soffrono a causa dei conflitti armati in corso» in Terrasanta, in Ucraina e in tutte le regioni del mondo martoriate dalla guerra. Il momento di raccoglimento a Lama si è svolto in un clima di partecipazione e silenzio, rotto solo dallo sciabordio delle onde, con numerosi parrocchiani riuniti in riva al mare. Sono state richiamate anche le parole di san Giovanni Paolo II che nell’ottobre del 1986 ad Assisi radunò i leader religiosi del mondo nella Giornata mondiale di preghiera per la pace, ricordando che quest’ultima «non è il risultato di negoziati, di compromessi politici o di mercanteggiamenti economici. Ma il risultato della preghiera». Durante la serata si è pregato per gli uomini, le donne e i bambini in cerca di un futuro migliore, e che «hanno trovato la morte tra le onde», ricordando che i loro familiari «portano nel cuore il dolore di una perdita incolmabile». È stato ricordato anche il grave problema dell’inquinamento marino, che trasforma i nostri mari in discariche a cielo aperto, minacciando la vita degli organismi marini e la salute dell’intero pianeta.

Durante la serata si è elevata una supplica per tutti coloro che si impegnano nella protezione del mare: scienziati, ambientalisti, pescatori e quanti, con piccoli gesti quotidiani, contribuiscono a preservarne la bellezza e l’equilibrio. La preghiera è diventata occasione per una riflessione più ampia sull’accoglienza, in particolare verso i turisti che nel periodo estivo soggiornano in città, invitando alla responsabilità nelle scelte di vita e all’adozione di politiche che mettano al primo posto la tutela del creato. «Il mare – ha detto don Mimmo –, fonte di vita e di bellezza, non diventi mai più teatro di morte e di distruzione. Non sia più confine ma ponte per unire tutti i popoli nella pace. Aiutaci a costruire un futuro in cui l’uomo e la natura possano coesistere in armonia, nel rispetto reciproco e nella cura del bene comune».
A suggellare queste intenzioni, è stata affidata al mare una corona di fiori composta da gerbere bianche e gialle e roselline rosa.

Inoltre nella serata del 21 agosto, dopo la santa messa, un volo di bianche colombe ha salutato l’uscita della processione della Vergine Maria portata per alcune strade del quartiere e accolta con gioia dai residenti.

 

ph G. Leva

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Tracce

Nuove picconate di Trump alla CPI

Foto Afp/Avvenire
25 Ago 2025

di Emanuele Carrieri

Il messaggio è indirizzato a tutti: chi contrasta, chi impedisce, chi ostacola, viene perseguitato. Le aggressioni, o, per meglio dire, le rappresaglie di Trump proseguono sia all’interno che all’esterno degli Stati Uniti, compresa un’incessante opera di indebolimento degli organismi sopranazionali, in primo luogo, l’Organizzazione delle Nazioni Unite. L’ultima notizia, in ordine di tempo, riguarda l’annuncio del segretario di Stato, Rubio, circa le sanzioni che gli Stati Uniti hanno deliberato contro quattro funzionari della Corte penale internazionale dell’Aia che, a suo dire, “hanno partecipato alle azioni della Corte penale per indagare, arrestare, detenere o perseguire cittadini degli Stati Uniti o di Israele, senza il consenso di entrambe le nazioni”. È un argomento ricorrente e che sta alla base della narrazione trumpiana, dal momento in cui la procura della Corte penale internazionale ha cominciato le indagini sulla situazione nella Striscia di Gaza. Le nuove sanzioni hanno messo nel mirino due giudici della sezione giudicante e due magistrati della Procura della Corte. È una nuova bastonata, non soltanto al funzionamento della Corte e, per di più, al sistema della giustizia penale internazionale perché rischia di determinare un effetto di riluttanza e di refrattarietà a esercitare l’azione legale per timore di sanzioni, impedendo, in tal modo, di fare piena luce sui crimini. Le fonti legislative – le quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 – e il quadro normativo che rappresentano il diritto internazionale umanitario, hanno la loro essenza nella punizione degli autori dei crimini che sono responsabili individualmente degli attacchi alla popolazione civile, della privazione dei beni di prima necessità (di viveri, medicinali, carburante e altre fonti di sussistenza) operata contro la popolazione civile, dei lanci di bombe su strutture della sanità. È indubitabile che le sanzioni statunitensi nei confronti di giudici e di magistrati della Corte creino difficoltà alla attuazione della giustizia e costituiscano, contribuendo anche ad assicurare l’impunità, una violazione di queste regole. Emerge, per di più, il fatto che le sanzioni statunitensi non abbiano alcun fondamento giuridico. L’amministrazione Usa, spadroneggiata da Trump, non ha fatto alcuno sforzo per trovare appigli giuridici per giustificare queste misure, salvo l’infondato ed errato richiamo al fatto che la Corte penale internazionale non può esercitare “legittimamente” la giurisdizione su cittadini di stati non sottoscrittori dello Statuto di Roma, sorvolando sul fatto che nel Trattato è incluso il criterio di giurisdizione sulla base della territorialità. È un criterio che gli allievi del biennio dei licei di scienze umane e degli istituti tecnici apprendono subito: il giudice competente a giudicare una causa è in base al luogo fisico in cui si sono verificati i fatti, senza tenere conto della cittadinanza delle parti coinvolte: di conseguenza, la Corte ha giurisdizione su cittadini di stati non sottoscrittori dello Statuto di Roma. A preoccupare non sono, però, solo le sanzioni e la posizione statunitense che è ben inquadrabile in una generale attività demolitoria del diritto internazionale – così come provato anche dalle sanzioni verso la relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati da Israele fin dalla guerra dei sei giorni – , ma anche le inconsistenti risposte degli stati e il silenzio rintronato dell’Ue, “comparse” nella comunità internazionale che non si preoccupano del rischio di contribuire a osteggiare il corso della giustizia con l’intento di non disturbare chi vuole fare, ossia Trump. A questa ulteriore ondata di sanzioni Usa contro i giudici della Corte, che fanno seguito a quelle già emanate nei confronti del procuratore capo Karim Khan e di altri quattro magistrati, le risposte sono state inadeguate e il supporto alla Corte pressoché stinto. Ha protestato l’alto commissariato Onu per i diritti umani, si sono fatti sentire anche alcuni paesi, fra cui la Francia, la Svezia, la Norvegia, la Spagna, la Slovenia, i Paesi bassi, la Danimarca e il Senegal. Ma non l’Italia. Molto poco rispetto alla prima ondata di sanzioni a seguito della quale era stato adottato, da ottanta stati (ma non l’Italia), un documento di protesta verso gli Stati Uniti e di supporto alla Corte penale internazionale. Questa volta debole è stata la risposta, con una rassegnazione inaccettabile perché in gioco c’è la verità, la giustizia e la lotta all’impunità. Più fragoroso di tutti il silenzio dell’Unione europea e a tale proposito va anche ricordato che è stato un Paese Ue, l’Ungheria, ad accogliere, con tutti gli onori, il primo ministro israeliano Netanyahu, destinatario di un mandato di arresto della Corte penale internazionale, senza proteste da parte delle istituzioni Ue. Queste debolezze, e questi silenzi, rischiano di minare i valori stessi dell’Unione europea che sono stati già invalidati dalla mancata sospensione dell’accordo di associazione fra Ue e Israele del 2000 che considera il rispetto dei diritti umani come elemento essenziale dell’accordo. E tutto ciò con grande gioia dei ricercati Netanyahu e Gallant, di Putin e Maria Lvov-Belova e di Trump, spalleggiatore della loro latitanza. Ma, prima di tutto, con buona pace delle vittime dei loro crimini.

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