Luci e ombre nel cielo sopra Varsavia
Cosa è davvero successo nei cieli della Polonia parecchi giorni fa? Un attacco, un incidente o una azione sotto falsa bandiera? Non è facile rispondere perché ogni ipotesi ha, nel suo interno, luci e ombre. Per ora c’è una sola certezza, manifestata dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: “Al di là del contenuto, della portata dei due gravi episodi, quel che crea allarme è il fatto che ci si muove su un crinale in cui anche senza volerlo si può cadere in un baratro di violenza incontrollata”. Se si considera il periodo in cui l’azione è iniziata, la si potrebbe ritenere una reazione dopo l’incontro dei volenterosi della scorsa settimana, che ha sancito la volontà europea di essere presenti “sul campo, in mare e in aria” per fornire all’Ucraina le garanzie di sicurezza di cui necessita per difendersi dalla Russia. Se ciò fosse vero, Mosca avrebbe inoltrato un monito ai leader europei allo scopo di scoraggiare la presenza di truppe in Ucraina perché sarebbe considerato come un atto di guerra verso la Russia. Ma l’invio di questi droni è pure avvenuto dopo il summit cinese dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai dove non si esclude che i principali leader delle potenze presenti abbiano deciso di provocare i membri Nato per testare il tipo e le modalità di reazione e comprendere fino a che punto vi è una sinergia militare fra gli Usa e gli alleati europei. A tutto ciò va aggiunta l’esercitazione strategica congiunta fra la Bielorussia e la Russia con manovre militari presso i confini polacchi, nel mar di Barents e nel Baltico che si sta eseguendo in queste ore per le quali lo sconfinamento dei droni spia potrebbe servire per avere dati sulle infrastrutture critiche presenti nell’area. Il fatto, poi, che i droni siano stati intercettati presso la più grande base logistica polacca nella quale si ammassano gli aiuti militari occidentali per l’Ucraina, rinforza l’idea di un fine di ricognizione per intercettare dati e informazioni. È, in realtà, improprio parlare di un attacco di droni considerato che quei droni non hanno armi al loro interno, ma hanno una finalità di operazione di intelligence. Ciò chiarisce anche perché il governo polacco non ha invocato l’articolo 5 della Nato – cioè per un attacco – ma l’articolo 4 che prevede solo una consultazione su questioni di “integrità territoriale, indipendenza politica e sicurezza” di una nazione minacciata. Sconfinamento e incursione sembrano, per questo, i termini più adatti, anche se le implicazioni politiche di un evento di questo genere sono di una gravità senza precedenti per la situazione globale del momento. Un dubbio riguarda, invece, il fatto che questa presunta scelta di Mosca non avrebbe una logica razionale perché estenderebbe il conflitto ad altre zone per le quali dovrebbe investire più mezzi e soldati, adesso impiegati a occupare ulteriori porzioni di territorio ucraino. Infine, sembra poco credibile pensare che la Bielorussia, socia della Russia, abbia avvertito Varsavia e Kiev della presenza di droni russi, favorendone l’intercettazione e l’abbattimento. Se si considera un eventuale errore da parte dei russi, l’ipotesi è più che insussistente perché non si tratta di un paio di droni, che già in passato sono stati rinvenuti, bensì di uno sciame di diciannove pezzetti che fanno propendere per l’atto volontario ed escludere l’incidente. Rimane la questione della azione sotto falsa bandiera, che consiste nel creare un pretesto per una aggressione da parte di uno stato incolpandone un altro. Questo atto potrebbe essere interpretato come una decisione intrapresa da Varsavia e Kiev al fine di incolpare Mosca per ottenere più risorse economiche, per rafforzare l’apparato militare a est e proseguire la guerra in terra ucraina con la speranza di una vittoria militare. È una fantasiosa spiegazione che però non è da escludere, per via del precedente che riguarda l’esplosione del gasdotto Nord Stream 2, che allora fu attribuito alla Russia, e che, poi, è stato imputato a un gruppo di sabotatori ucraini con supporto logistico polacco. L’operazione sotto falsa bandiera servirebbe per alzare l’allarme della minaccia russa, rafforzare il messaggio all’opinione pubblica del bisogno di investire maggiormente nel riarmo e nella mobilitazione contro il pericolo russo. Al di là, al di fuori e al di sopra di ogni ipotesi che si può formulare, resta il fatto che, da un punto di vista tattico, vi è stata una reazione immediata della Nato in territorio polacco che dimostra la prontezza di intervento in caso di difesa di cui Mosca dovrà tenere conto in futuro. Comunque sia, che si sia trattato di un’azione, più o meno dimostrativa, i leader europei non devono sottovalutare il fatto che la guerra ibrida è ormai la modalità più ricorrente in tutto il mondo ma l’insegnamento di questo evento dovrebbe essere il ricorso da parte di tutti i leader politici al buon senso e al dialogo prima che diventi tardi, troppo tardi, per tutti.
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