Tracce

Come il lupo di alta montagna

23 Set 2025

di Emanuele Carrieri

Che la mattanza nella Striscia di Gaza diventerà uno spartiacque della storia è chiaro a tutti, o quasi. C’era un mondo prima, ci sarà un altro mondo poi. La strage, le sue giustificazioni, la complicità dei governi alleati e non, sono tali che non si potrà voltare pagina e tornare al corso delle cose come se nulla fosse. Perché il segno sarà troppo profondo, l’orrore troppo terrificante, il danno troppo grande perché si possa accantonare. Come potrà il mondo fare i conti con ciò che sta avvenendo? Quanti secoli occorreranno per fare quei conti? Come saranno quei conti? Come farà quei conti l’Occidente nel nome del quale Netanyahu dice di agire? Il vero e doloroso problema è che tanto più le dimensioni della mattanza appaiono chiare quanto più si sta cercando di porre la questione su un piano relativo: si sta tentando di porre il tutto in una chiave che suona come “siamo tutti colpevoli”. È risaputo che la storia di tutto l’Occidente è piena di fatti di sottomissione ed eliminazione di popolazioni, di predazione di terre e di risorse: sono molteplici gli esempi in cui a prevalere, in definitiva, è stata la legge del più forte e l’annientamento di massa. Ma dalla seconda guerra in poi, l’Occidente aveva sempre difeso e appoggiato i principi dei diritti dell’uomo, delle minoranze, dei popoli, dell’autodeterminazione, sui quali l’Onu era stata fondata. L’Occidente era come il garante del mondo libero, rispettoso dei diritti umani, portatori dei valori di progresso ed emancipazione, equità e giustizia alla base della civiltà occidentale. Le appropriazioni coloniali erano faccende del passato e tutti avrebbero dovuto conformarsi a questo standard. È certo: la contrapposizione con l’Urss e la guerra fredda avevano consolidato l’Occidente, esaltandone un modello che coniugava libertà individuali, evoluzione economica e democrazia, grazie al capitalismo dell’economia di mercato. Quando il crollo del Patto di Varsavia prima e la dissoluzione dell’Urss poi ne aveva sancito la superiorità si era molto parlato di fine della storia, perché quel modello si sarebbe ampliato a tutto il mondo. Che quel modello fosse scaturito da un passato di soprusi e discriminazioni, scempi e trasferimenti coatti di milioni di persone non importava, perché c’erano la libertà, la democrazia e pari opportunità, da difendere e godere. L’Occidente si era così trovato alla vetta del suo potere, sentendosi chiamato a governare le vicende mondiali, operando ovunque per prescrivere il rispetto di quei principi per esportare democrazia e capitalismo. L’Occidente aveva usato le istituzioni internazionali per intervenire in quei paesi che non si adattavano ai principi sanciti, finanche ricorrendo al Tribunale internazionale dell’Aja per punire i colpevoli. Non cessando, però, di consolidare la propria supremazia politica e militare, allargandone la propria sfera di influenza tramite la Nato. Come il lupo di alta montagna che non perde il pelo e nemmeno il vizio, l’Occidente aveva, così, continuato sulle vie di brutalità, ingerenze, intrusioni, invadenze e illeciti, nel nome della guerra al terrore o altre parole di ordine. La storia era finita, ma c’era chi non si adeguava e non solo il suo prestigio andava affievolendo, ma la sua stessa egemonia veniva meno con il procedere della globalizzazione. Dopo aver inveito – giustamente – contro Putin, l’Occidente non ha fatto nulla e non sta facendo nulla per fermare la follia di Israele a Gaza, rivelando un duplice standard intollerabile. Perché quanto sta succedendo oggi nella Striscia di Gaza non è che l’odierno atto di un progetto coloniale da parte di un gruppo di ebrei che decisero di andare a occupare una terra con la silenziosa approvazione delle potenze coloniali: un progetto mai supervisionato e poco condannato, fin dalla sua nascita. Di chi dimorava in quella terra non ci si occupò, né allora né dopo, e Israele, con il governo attuale, sta dando una accelerazione alle sue politiche di eliminazione e di occupazione, occultandosi dietro alla pretesa di un diritto all’esistenza che non potrà mai essere attuato se non garantendo il diritto all’esistenza dei palestinesi. Dopo Gaza, non sarà più possibile per l’Occidente parlare di difesa dei diritti umani. Lo fece in quel tempo contro il Sudafrica ma non lo ha fatto ora contro Israele, lasciandolo libero di agire nella carneficina dei palestinesi e nella demolizione della Striscia di Gaza. Se, come nel Sacramento della Riconciliazione, si parte dall’esame di coscienza, allora dobbiamo dire che tutti noi non abbiamo più alcuna credibilità, non possiamo più parlare di rispetto del diritto internazionale, né tanto meno di diritti umani, non abbiamo una briciola di autorevolezza, né morale né politica. Noi, l’Occidente, come possiamo guardare a tutto ciò che accade nella striscia di Gaza senza domandarci come abbia potuto tutta quella barbarie nascerci in corpo? Barbari erano gli altri, non noi. Che senso ha dire occorre fermare la barbarie quando siamo noi i barbari, quando quella barbarie siamo noi a generarla? Il nostro silenzio, la nostra accidia e la connivenza dei nostri governi sono diventati insopportabili, per tutti, ma, innanzitutto e soprattutto, per noi, occidentali. Lo strapiombo in cui Israele sta precipitando ci sta risucchiando, sta ingoiando anche noi, smontando tutte le sicurezze che avevamo di essere i baluardi della civiltà e i fari del mondo libero. Quel duplice standard, questa doppia morale – per cui sono crimini quelli degli altri ma i nostri no – decreta la fine di quel pezzo di storia in cui è stato l’Occidente a signoreggiare e a primeggiare. Una nuova pagina di storia sta incominciando, una storia in cui il mondo è alla ricerca di un altro ordine mondiale ed è un mondo in cui l’Occidente è rimpicciolito, non solo per colpa della perdita della egemonia industriale, mercantile e produttiva, ma anche, anzi soprattutto, perché quella preminenza che aveva reclamato nelle sfere del diritto internazionale e dei diritti umani è venuta miseramente e penosamente meno.

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Sport

Prisma Taranto, il primo successo al Palafiom come antipasto della stagione

foto G. Leva
23 Set 2025

di Paolo Arrivo

Fa uno strano effetto ritrovarsi nello stesso palazzetto che, anni addietro, fu adibito a tempio della pallavolo. Possiamo ricordare giocatori come Marco Martinelli e Martin Stoev. Tante battaglie sportive, allora, tra quelle mura si sognava la massima serie. Lo stato d’animo adesso resta sospeso tra lo smarrimento e la consolazione: smarrimento per il ridimensionamento collettivo, perché la Superlega è andata perduta, dopo quattro stagioni meravigliose; speranza, consolazione, perché quelle stesse annate fecero da preludio al salto di categoria, ai tempi d’oro. Inoltre la sensazione è che il Purgatorio della Prisma Taranto possa avere vita breve. La conferma viene dalla prima uscita ufficiale al Palafiom. Contro la Green Volley Galatone, i ragazzi di coach Graziosi si sono imposti con un secco 3-0.

Un match senza storie che è stato combattuto solamente nel quarto set aggiuntivo. La vittoria ottenuta in un’ora di gioco sulla formazione neopromossa in serie A3, ha detto che la squadra sta andando nella direzione giusta. Lo ha capito anche il pubblico. Quegli ultras che, non mancando al primo appuntamento della stagione, hanno offerto il loro primo abbraccio ai giocatori a fine partita, sotto la curva.

La Prisma ha fame di vittoria

“Prime impressioni senz’altro positive. Dobbiamo migliorare alcuni assetti del gioco, primo tra tutti la correlazione muro-difesa; stiamo lavorando, possiamo e dobbiamo senz’altro fare meglio, ma la cosa che mi ha fatto più piacere è che ogni fase provata in queste settimane l’abbiamo messa in pratica e c’è molta attenzione: da allenatore mi fa molto piacere”. È il commento di Gianluca Graziosi. “Questo è un gruppo che ha fame – ha aggiunto il tecnico marchigiano, a fine partita – e ogni volta che scende in campo prova a fare un altro step. In questi allenamenti è bello vincere, fa sempre piacere ma dalla prima partita di campionato sarà guerra, e già dal primo match mi aspetto una trasferta veramente tosta”. Graziosi ha ribadito la propria soddisfazione nell’aver trovato una squadra pronta a mettersi in gioco e tanti spunti interessanti sui quali concentrare il lavoro.

L’uomo in più

A proposito di transizione, della categoria da lasciare in fretta e furia, c’è da considerare che anche il Palafiom rappresenta una soluzione tampone: l’indisponibilità del PalaMazzola terminerà alla fine dei lavori di ristrutturazione. Arriveranno i Giochi del Mediterraneo. Prima, ci sarà da sudare, da battagliare per portare a casa ogni partita: come ha assicurato il suo allenatore, la Prisma ha fame di vittoria. L’auspicio è che la Taranto del volley possa recitare il ruolo di squadra ammazza campionato similmente al Taranto calcio, costretto a giocare nell’Eccellenza pugliese in questa stagione. Ebbene, a fare la differenza può essere anche il Palafiom, limitato nella capienza rispetto al PalaMazzola, ma più raccolto. La conferma viene dall’allenamento congiunto di sabato scorso. Infatti, anche quando è parzialmente riempito, il pubblico si fa rumoroso nel tifo, sino a trasformare il palazzetto in un’autentica bolgia.

Le prime immagini della Prisma 2025-26 nella fotogallery di Giuseppe Leva

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Diocesi

A Taranto il carisma salesiano si fa ‘nido’

Aperta una nuova sezione all’istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice: i piccoli al centro di una comunità che crede nel futuro

ph istituto Maria ausiliatrice
23 Set 2025

di Valentina Franzese

Ci sono luoghi che, non appena vengono attraversati, parlano al cuore. Non servono parole, bastano i colori, la luce, la cura nei dettagli. Così è stato nei giorni scorsi all’istituto delle Figlie di Maria ausiliatrice di Taranto, dove è stata inaugurata la nuova sezione nido: un progetto che ha il sapore delle cose attese a lungo e custodite con cura, prima ancora che potessero vedere la luce.
I nuovi ambienti, freschi e accoglienti, restituiscono immediatamente il senso di ciò che vogliono essere: un abbraccio per i bambini e per le loro famiglie. Lettini ordinati, soffici peluche a far compagnia ai più piccini, giochi disposti con ordine e premura, pareti che alternano tinte delicate e motivi allegri: ogni elemento è stato pensato per parlare di casa, di protezione, di crescita. Non si tratta semplicemente di ‘aule’ o di ‘spazi’, ma di un piccolo mondo che intende accompagnare i primi passi della vita con delicatezza, fiducia e tanto colore. Dietro queste stanze colorate c’è una storia di comunità. Nulla, infatti, nasce dal caso: il nido è frutto di un lavoro corale, fatto di mani diverse, di professionalità e di tanta passione condivisa. Le Figlie di Maria ausiliatrice, forti della loro missione educativa, hanno saputo intrecciare il loro sogno con la disponibilità di tanti laici che, con dedizione e convinzione, hanno voluto sostenere il progetto. È la dimostrazione che quando si uniscono forze diverse, mosse da uno stesso desiderio, anche ciò che sembra grande e complesso diventa possibile, realizzabile. Un ringraziamento particolare deve essere doverosamente rivolto al team dello studio del geometra La Neve, che ha curato la progettazione e la realizzazione degli spazi con attenzione e competenza, traducendo in forme e colori il linguaggio dell’infanzia.

ph istituto Maria ausiliatrice

Prezioso anche il sostegno dell’amministrazione comunale di Taranto, che ha accompagnato il percorso, mostrando sensibilità e vicinanza alle esigenze delle famiglie e del territorio. L’inaugurazione non è stata solo un momento istituzionale, ma una vera festa di comunità. Sorrisi e momenti di preghiera hanno riempito l’aria di gratitudine. L’impressione comune è che questa nuova sezione rappresenti molto più di un servizio: è un segno di speranza, un dono concreto che dice che Taranto crede nei bambini, nel loro presente e nel loro futuro. Ed è forse questo l’aspetto più bello da sottolineare. In un tempo in cui spesso si parla di difficoltà, di crisi e di mancanze, l’apertura di un nido ci ricorda che la vita continua a farsi strada, che c’è chi sceglie di investire nelle nuove generazioni, che i piccoli – anche quando non hanno ancora voce – sono già al centro di scelte importanti. Un nido è, in fondo, la metafora più semplice e più vera della cura: un luogo che custodisce, che prepara, che protegge. Questa scelta educativa, che guarda ai più piccoli, affonda le sue radici nel cuore del carisma salesiano: quello spirito di amorevolezza e di fiducia nei giovani che don Bosco e madre Mazzarello hanno plasmato e consegnato alla Chiesa come eredità preziosa. Aprire un nido significa custodire già da subito la vita nascente, offrire alle famiglie un segno concreto di vicinanza e ai bambini l’esperienza di sentirsi accolti, amati e valorizzati. È il Vangelo che prende forma nella quotidianità: un gesto di cura che diventa annuncio silenzioso. Il nido appena inaugurato è, dunque, molto più che un edificio: è una promessa. La promessa che ogni bambino troverà accoglienza, ascolto e amore; la promessa che Taranto continuerà a credere nella forza educativa di chi sa guardare lontano, partendo dalle piccole cose. È un segno del carisma salesiano che continua a vivere e a farsi azione concreta e tangibile, lì dove una comunità sceglie di mettere i più piccoli al centro del suo futuro.

 

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Diocesi

I Santi Medici alla Salinella

23 Set 2025

di Angelo Diofano

Sono iniziati domenica 21, con l’intronizzazione delle statue dei santi, i festeggiamenti in onore dei Santi Medici, nella parrocchia loro intitolata in via Lago di Scanno (quartiere Salinella, nei pressi di viale Magna Grecia).

Martedì 23, primo giorno del triduo, dedicato ai giovani, sante messe alle ore 8 e alle ore 18 (quest’ultima celebrata da don Luciano C. Costa, con testimonianze, animazione liturgica e canti a cura dei gruppi giovanili); alle ore 19, concerto spiritual ‘Voice of the hope’, in memoria dei canti di fede e di resistenza degli afoamericani nei campi di cotone; direttrice del coro, il soprano Giovanna Taliento; accompagnano i canti il gruppo musicale formato da Massimiliano Picuno (pianoforte), Michele Marzulli (batteria), Filippo Paradiso (contrabbasso).

Mercoledì 24, secondo giorno del triduo, dedicato alle famiglie, sante messe alle ore 8 e alle ore 18 (quest’ultima celebrata da don Michele Pepe, con testimonianze di famiglie delle comunità neocatecumenali, che cureranno i canti e l’animazione liturgica); alle ore 19.30, il ‘Falanto Chorus’ in ‘Concerto Festival’ con la band ‘I Tre Tre’.

Giovedì 25, terzo giorno del triduo, dedicato agli ammalati, sante messe alle ore 8 e alle ore 18 (quest’ultima celebrata da don Fidel Medina, con amministrazione del sacramento dell’Unzione degli infermi); animazione liturgica a cura del Movimento apostolico ciechi, Foulards Blancs, Unitalsi, Centro volontari della sofferenza, Legio Mariae, Caritas e gruppo scout Ta-19; dopo la santa messa, processione aux flambeaux in chiesa; alle ore 19.30 la compagnia ‘Lino Conte’ rappresenterà la commedia in vernacolo ‘’U cafone arrechesciute’ per la regia di Lino Conte.

Venerdì 26, festa dei Santi Medici, sante messe alle ore 8  – 10 – 11.30 – 17 (quest’ultima in piazza, celebrata dall’arcivescovo mons. Ciro Miniero). Al termine, processione per le strade del quartiere con la partecipazione della confraternita dei Santi Medici (priore, Donato Caricasole) e della banda musicale di Crispiano; alle ore 19, santa messa in attesa del ritorno della processione. Al rientro in chiesa dei simulacri , concerto del ‘Francesco Greco Ensemble’ in ‘Violin live show’.

Domenica 28, sante messe alle ore 8 – 10 – 11.30 – 18 (quest’ultima dedicata ai medici e agli infermieri defunti). In mattinata, per i bambini, giochi e teatrino con le marionette. Alle ore 29.30, tavola rotonda su ‘Artrosi e osteoporosi’, con consegna del premio ‘Sanitario amico’.

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Diocesi

La lezione di Sant’Egidio secondo mons. Carmine Agresta

ph G. Leva
23 Set 2025

di Angelo Diofano

“Devo ammetterlo, ho imparato a conoscere e ad amare Sant’Egidio soprattutto quando sono stato chiamato a guidare la comunità parrocchiale che è a lui intitolata, rimanendo affascinato dalla sua figura di frate caratterizzata dalla fede fattiva e di grande carità” – così dice mons. Carmine Agresta, al primo anno di parrocato alla Sant’Egidio, a Tramontone, in prossimità della sua festa che si celebra in questo fine settimana.

La festa di Sant’Egidio a Tramontone: il programma

“Leggendo le sue biografie – continua – mi è rimasto impresso come, durante il servizio quotidiano della questua, egli si facesse amare per essere uomo di pace e di conforto. Sant’Egidio ascoltava tutti, poveri e ricchi nelle proprie situazioni di sofferenze, senza alcuna distinzione di ceto (il dolore è uguale per tutti e non ha distinzioni sociali) e aveva sempre per ognuno parole di consolazione e un abbraccio affettuoso”.

Don Carmine è convinto che la testimonianza della sua vita è attuale soprattutto in questo nostro tempo, dove dilaga un individualismo che genera solitudine e dove l’alzare la voce e i toni e i modi assertori e violenti sembrano l’unico modo per regolare le relazioni tra i singoli e i gruppi sociali (nazioni comprese).

“Sant’Egidio era un uomo mite e discreto, la sua figura non si imponeva con clamore ed anche i suoi miracoli non erano eclatanti e spettacolari, ma la sua presenza e la sua azione, pur se umile e discreta, era estremamente efficace. Credo che la sua lezione di discrezione e di servizio umile unitamente al suo impegno nel rendere più serena la vita di chi lo incrociava, nel limite delle sue possibilità, costituisca una forte critica alla nostra società violenta ed egoista e offra a tutti motivi di grande riflessione” – continua il sacerdote, aggiungendo che dobbiamo tutti prendere esempio dai santi della porta accanto, com’è stato Sant’Egidio, nato a due passi da Mar piccolo, per gustare e assimilare il sapore della santità semplice e del suo amore ardente verso i poveri, dai quali fu chiamato ‘angelo consolatore’.

“I santi non sono figure inarrivabili: ‘I santi sono come noi, sicuramente con più fede’, come rispose un giorno la mamma del frate, Graziella, alla domanda del figlioletto – dice il sacerdote -. Fra Egidio esercitava le virtù della pazienza e della carità traendo forza dalla preghiera, grazie alla quale trovava le parole giuste per spronare e affrontare con coraggio le difficoltà quotidiane, consegnando poi ogni problema al Padre, cui nulla è impossibile. Non a caso il suo ritornello costante – ‘Amate Dio. Amate Dio’ – è la chiave di volta e il segreto della sua stessa vita che desiderava condividere con i suoi contemporanei e con noi oggi”.

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Diocesi

Per la festa degli Angeli Custodi, ai Tamburi, portiamo il fiocco delle nuove nascite

22 Set 2025

di Angelo Diofano

In occasione del triduo e della festa dei Santi Angeli Custodi, la parrocchia loro intitolata al quartiere Tamburi (parroco, don Alessandro Argentiero) intende attuare un’iniziativa speciale per i più piccoli della comunità. Le famiglie che hanno accolto recentemente una nuova nascita nelle loro case possono infatti portare in parrocchia il fiocco che ha annunciato il lieto evento. La consegna può avvenire da lunedì 22 settembre ogni pomeriggio dalle ore 16 alle 18. Nei giorni del triduo della festa i fiocchi saranno appesi sotto la statua degli Angeli Custodi.
“Sarà un segno bellissimo – ha detto il parroco – per significare che ogni bimbo è sotto la loro protezione e affidato alla loro intercessione. Durante la festa pregheremo per loro e al termine restituiremo il fiocco, quale ricordo di questo momento di gioia e di benedizione.
Facciamo quindi insieme un gesto di fede e di amore per i più piccoli – ha concluso – riempiendo la nostra statua di fiocchi!”.

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Gaza: l’appello per una ‘pace giusta’ di storiche e storici del pensiero politico

foto Marco Calvarese-Sir
22 Set 2025

di Giovanna Pasqualin Traversa

“Condanna incondizionata del massacro della popolazione di Gaza, deciso dal governo e perpetrato dall’esercito israeliano, in una escalation che a settembre 2025, ha raggiunto un livello ulteriore di barbarie, con l’invasione via terra, la distruzione della città di Gaza e l’esodo forzato di migliaia di civili, compresi anziani e bambini”: a sottoscrivere un nuovo appello per Gaza sono questa volta le storiche e gli storici del pensiero politico, insieme a docenti ed ex docenti delle Università italiane, in modo analogo a quanto hanno fatto molte altre studiose e studiosi, società scientifiche e Senati accademici. Nel testo – già sottoscritto da oltre 70 docenti – i firmatari denunciano le “responsabilità di Hamas”, e in particolare “l’odioso attacco ai civili israeliani del 7 ottobre 2023, responsabilità che tuttavia non possono essere addebitate all’intera popolazione di Gaza – come d’altra parte il governo israeliano non può essere identificato con l’intera popolazione di Israele, né tantomeno con il popolo della diaspora ebraica”. Di qui la richiesta di “un cessate il fuoco immediato, della restituzione degli ostaggi e della concessione, da parte dell’esercito israeliano, dell’ingresso a Gaza degli aiuti umanitari e delle strutture sanitarie internazionali”; la sollecitazione alle istituzioni nazionali e internazionali a sostenere chi, in entrambi i campi, lotta per porre termine a questo massacro”. Infine “l’appello al governo italiano affinché ascolti le voci sempre più numerose provenienti dai cittadini e dalle cittadine, dalle istituzioni accademiche e dalle organizzazioni non governative, e attui ogni iniziativa che vada nella direzione di porre fine allo sterminio della popolazione gazawa e di aprire la strada a una pace giusta”.

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Leone XIV

Striscia di Gaza, padre Romanelli ha risposto a papa Leone XIV: “Stiamo bene, grazie a Dio”

foto d'archivio Sir
22 Set 2025

“Papa Leone XIV ha comunicato con noi, nei giorni scorsi. Mi ha chiesto come stavamo e com’era la situazione. Ci ha impartito la sua benedizione e ha pregato per noi e per la pace. L’ho ringraziato per la sua vicinanza, perché è sempre al corrente della nostra missione, e l’ho ringraziato per tutto quello che fa per la pace a Gaza e per la fine di questa guerra. Stavamo celebrando la messa, non sono riuscito a rispondergli prima. Continuiamo a pregare per la pace, per il Papa e per tutti coloro che soffrono. Noi stiamo bene, grazie a Dio”: il messaggio è di padre Gabriel Romanelli che, attraverso i social della parrocchia della Sacra Famiglia di Gaza, risponde così alle parole di papa Leone XIV, che si era detto preoccupato per la parrocchia della Sacra Famiglia dopo l’ordine di evacuazione di Gaza City (dove si trova la parrocchia, ndr) emanato da Israele. Il Papa aveva raccontato la sua preoccupazione dopo aver provato a contattare padre Gabriel Romanelli senza ricevere notizie. Le parole del parroco della parrocchia Sacra Famiglia a Gaza hanno rassicurato – per ora – un po’ tutti.

 

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Intervista al Santo padre

Leone XIV: “A Gaza, fame e dolore; servono aiuti oltre le parole”

ph Vatican media-Sir
22 Set 2025

“Non possiamo diventare insensibili e ignorare” ciò che sta succedendo a Gaza. Lo dice il Papa, in un’intervista rilasciata alla giornalista Elise Ann Allen di Crux per il libro “León XIV: ciudadano del mundo, misionero del siglo XXI”, in uscita nello scorso fine-settimana.
“Anche con alcune dichiarazioni molto chiare fatte dal governo degli Stati Uniti, recentemente dal presidente Trump, non c’è stata una risposta chiara in termini di trovare modi efficaci per alleviare la sofferenza delle persone, delle persone innocenti a Gaza, e questo è ovviamente di grande preoccupazione”, spiega Leone XIV, secondo il quale “sarà molto difficile, perché alcune delle persone – soprattutto i bambini – quando la gente va non solo incontro alla deprivazione ma alla vera e propria fame, ottenere cibo non risolve immediatamente il problema. Avranno bisogno di molto aiuto – assistenza medica così come aiuti umanitari – per davvero ribaltare quella situazione, e al momento sembra ancora molto, molto grave”. Quanto alla parola “genocidio”, che viene usata sempre di più, Prevost spiega che “ufficialmente, la Santa Sede non crede che possiamo fare alcuna dichiarazione su questo al momento. C’è una definizione molto tecnica di ciò che potrebbe essere il genocidio, ma sempre più persone stanno sollevando la questione, inclusi due gruppi per i diritti umani in Israele che hanno fatto quella dichiarazione. È semplicemente orribile vedere le immagini che vediamo in televisione. Speriamo che qualcosa possa ribaltare questa situazione. Speriamo di non diventare insensibili”.

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Medio Oriente sotto assedio

Il silenzio degli innocenti: la tragedia di Gaza del convegno svoltosi in Municipio

22 Set 2025

di Silvano Trevisani

La tragica situazione di Gaza è stata, per forza di cose, l’argomento centrale nell’ultima giornata di approfondimenti che l’Associazione La città che vogliamo ha organizzato per la rassegna “Tre giorni di fine estate”, e che aveva come tema: “La mediterraneità”.

Ne hanno dibattuto, con l’arcivescovo Ciro Miniero, gli europarlamentari Leoluca Orlando, già sindaco di Palermo, e Marco Tarquinio, già direttore di ‘Avvenire’, assieme a Gennaro Giudetti, operatore umanitario, da pochi giorni rientrato da Gaza. Ma il dibattito, svoltosi nel salone degli specchi di Palazzo di città, coincideva con la manifestazione pro Palestina organizzata dalla Cgil che, a Taranto come in tutta Italia, ha indetto uno sciopero generale perché “dopo il precipitare degli eventi e l’invasione dell’esercito israeliano ora si alzi la voce delle piazze e dei luoghi di lavoro anche a Taranto”.

E la manifestazione conclusiva di Taranto si è svolta proprio davanti al Palazzo di città, dove sono intervenuti, tra gli altri, lo stesso Marco Tarquinio, il vicepresidente del Movimento 5Stelle, Mario Turco, il segretario generale della Cgil Giovanni D’Arcangelo.

Il convegno, coordinato da Angelo di Leo, è stato aperto da Giovanni Liviano, coordinatore dell’Associazione, oltre che presidente del Consiglio comunale di Taranto, il quale ha ricapitolato i contenuti dei tre incontri svoltisi nei giorni precedenti, e che, fondati sul tema centrale della Speranza, che è poi lo stesso tema del Giubileo 2025, hanno esaminato il ruolo che la politica è chiamata a svolgere, quello delle università e, più specificamante, il futuro di Taranto.

Il ruolo di Taranto, centro strategico per il Mediterraneo, sul quale Giovanni Paolo II invitò a elevare un “ponte di pace”, e che nel 2026 ospiterà i Giochi del Mediterraneo, ha fornito materia per entrare sul vivo del rapporto tra i paesi che si affacciano sul mare che, da crocevia delle civiltà si è trasformato, secondo la definizione di papa Francesco, il più grande cimitero liquido.

Gennaro Giudetti, giovane tarantino che da anni svolge il ruolo di operatore umanitario in numerosi fronti internazionali, è reduce da Gaza e, ancora una volta, ha fornito testimonianza a dir poco drammatica del genocidio che stra avvenendo a Gaza a opera del governo di Israele guidato da Netanyahu, e per il quale ancora si gioca sulla definizione. Il suo racconto ha sconvolto i presenti, semplicemente dimostando che quel che appare in tv è solo la minima parte di quello che avviene nella realtà e che comporta la distruzione sistematica, quasi scientifica, di un popolo. E tra l’altro, l’uccisione sistematica dei bambini perché non diventino i terroristi di domani.

“Certamente – ha detto monsignor Miniero – non possiamo arrenderci dinanzi a una situazione del genere. Si cerca di zittire defitivamente quello che potremmo definire “il silenzio degli innocenti”. Ma non si può tappare la bocca all’umanità intera, che sta reagendo a questa situazione insostenibile. Ogni guerra deve essere decisamente avversata perché la guerra si regge sulla morte dell’altro, e non porta a nessun risultato. Eliminare chi non la pensa come noi è un’aberrazione che disconosce Dio dovunque essa venga perpetrata. La Speranza è l’unica forza capace di sconfiggere la violenza e la prepotenza che la guerra nasconde dietro falsi ideale, spesso anche dietro la religione”.

Tarquinio e Orlando, da parte loro, hanno spiegato le difficoltà incontrate nella battaglia condotta nel Parlamento europeo per indurlo a votare per la prima volta, una condanna del genocidio in corso. Che è ancora un primo passo, contrastato da una parte conservatrice, compresa quella italiana, ma che apre finalmente a una presa di coscienza. Anche perché molti paesi, compresa l’Italia, continuano imperterriti a fornire armi a Israele.

Solo il seme dell’interdipendenza, che contrasta i nazionalismi sovranistici, secondo quello che fu l’insegnamento di Aldo Moro, potrà dare nuovo respiro alla mediterraneità, all’Unione europea e a tutto il mondo.

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Drammi umanitari

Gaza, ong italiane: “Misure concrete per fermare il genocidio”

In gioco non solo il futuro del popolo palestinese ma la credibilità del diritto internazionale

22 Set 2025

“La tragedia a cui assistiamo, culminata nell’offensiva militare in corso, rende ormai evidente a tutti l’obiettivo del Governo israeliano: annettere territorio palestinese eliminando o riducendo al minimo la presenza della popolazione. Negli ultimi 23 mesi Gaza è stata sistematicamente distrutta, dal Nord a Rafah, e adesso anche la città di Gaza, dove civili senza rifugi né cure muoiono per bombardamenti, fame e malattie curabili. Il Governo israeliano mira a rendere la Striscia inabitabile, cancellando il diritto dei palestinesi al ritorno e all’autodeterminazione”. È quanto si legge in un comunicato diffuso questa mattina congiuntamente da Piattaforma Osc in Medio Oriente e Mediterraneo, Associazione ong italiane (Aoi), Coordinamento italiano Ngo internazionali (Cini) e Link2007.
“La Commissione d’inchiesta indipendente dell’Onu – viene sottolineato – ha documentato in un rapporto pubblicato il 16 settembre 2025 che il Governo israeliano commette almeno quattro delle cinque condotte vietate dalla Convenzione sul genocidio, con un chiaro intento distruttivo: ciò che accade a Gaza è genocidio. La Corte internazionale di Giustizia ha già imposto da oltre un anno e mezzo misure provvisorie vincolanti, e il suo parere consultivo del luglio 2024 ha riaffermato l’illegalità dell’occupazione e dell’apartheid, chiedendo il ritiro totale dai territori palestinesi occupati. Il rapporto richiama inoltre la responsabilità degli Stati parti dello Statuto di Roma: devono cooperare con la Corte penale internazionale, fornire prove, protezione ai testimoni ed eseguire i mandati di arresto contro i responsabili dei crimini.
L’Assemblea generale – prosegue il comunicato – ha ancora una volta votato a larghissima maggioranza una risoluzione che riprende la Dichiarazione di New York e, ribadendo la radicale condanna delle azioni di Hamas e di ogni attacco contro i civili, impegna Israele a smantellare la propria presenza illegale nel territorio occupato (Cisgiordania, Striscia di Gaza e Gerusalemme Est) e gli Stati terzi a interrompere ogni forma di sostegno a Israele”. “Il genocidio in corso è il risultato di decenni di impunità. Continuare a ignorare gli obblighi internazionali significa complicità”, denunciano le Ong, convinte che “l’Italia, come Stato parte della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio e dello Statuto di Roma, e firmataria della Dichiarazione di New York, deve assumersi la responsabilità storica di operare per il rispetto del diritto internazionale e del diritto umanitario internazionale”. “Come organizzazioni umanitarie e di sviluppo della società civile, presenti in Palestina da decenni, chiediamo al Governo Italiano e a quelli dell’Unione europea di agire immediatamente e con determinazione per: interrompere qualsiasi accordo commerciale o di cooperazione con il Governo israeliano che favorisca l’occupazione illegale dei territori occupati; imporre sanzioni verso Israele per violazioni gravi del diritto internazionale e sostenere le sanzioni che saranno proposte in seno alla Unione europea; bloccare la vendita, l’acquisto o il trasferimento di armi, munizioni, equipaggiamenti e servizi militari da e verso Israele; assicurare l’apertura e il funzionamento di tutti i valichi per permettere l’ingresso degli aiuti e degli operatori umanitari e per garantire cure a malati e feriti dentro e fuori dalla Striscia di Gaza; rafforzare l’impegno per imporre un cessate il fuoco immediato e permanente, porre fine all’occupazione e compiere tutti i passi percorribili per riconoscere il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese”. Per le ong “non c’è più tempo per parole di circostanza. È in gioco non solo il futuro del popolo palestinese, ma la credibilità del diritto internazionale e il futuro dell’umanità stessa”.

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Diocesi

Gesù Divin Lavoratore: ogni sera in preghiera per la pace nel mondo

ph ND
22 Set 2025

Per implorare al Signore la fine di ogni guerra nel mondo e la sua conversione, i padri giuseppini del Murialdo della parrocchia di Gesù Divin Lavoratore, al quartiere Tamburi, continuano ogni sera e per tutto il mese di settembre dalle ore 18.45 alle ore 19.30 un momento di preghiera serale comprendente l’adorazione eucaristica e la recita del vespro.
La comunità cristiana è invitata caldamente a prendere parte a questo momento di preghiera affinché torni la pace tra le nazioni in conflitto.

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