Eventi a Taranto e provincia

Rinascere donna: presentazione del libro di suor Palmarita Guida al Rosario di Grottaglie

10 Dic 2025

Venerdì 12 dicembre alle ore 19.30 nel salone della parrocchia Maria ss.ma del Rosario di Grottaglie (viale dello sport, 6) il parroco don Mimino Damasi invita all’incontro con suor Palmarita Guida sui temi del suo ultimo libro intitolato ‘Rinascere donna – Oltre il femminismo, una nuova libertà’ (Antonio Dellisanti editore). Dialogherà con l’autrice l’avv. Cira Manisi.

Collaboratrice di Radio MariaFamiglia Cristiana e Maria con te, nonché pittrice e autrice di numerose pubblicazioni, la religiosa vincenziana affronta nel suo lavoro editoriale un percorso di riflessione che va oltre il femminismo tradizionale, invitando le donne – e i lettori sensibili alla dignità umana – a un cammino di rinascita interiore, fondato sulla dignità, sulla spiritualità vissuta e sulla memoria storica.

Suor Palmarita con linguaggio diretto percorre le strade di un post femminismo e giunge alle radici di fenomeni come patriarcato, violenza di genere, femminicidio, disprezzo della donna per un cammino di liberazione che affermi la pari dignità fra uomo e donna.

Nella prefazione, il vescovo di Castellaneta, mons. Sabino Iannuzzi, scrive che “Rinascere donna’ non offre ricette semplici né soluzioni preconfezionate; al contrario, pone domande, apre sentieri, invita a una riflessione personale e comunitaria. L’autrice parla con franchezza e dolcezza insieme, quasi prendendo per mano chi legge. Ci invita a guardare dentro di noi con onestà, a confrontarci con la nostra eredità culturale e spirituale senza paura, e soprattutto ad aprirci alla speranza di un cambiamento possibile”.

 

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Diocesi

Parrocchia Santi Medici, celebrazioni per Santa Lucia

ph ND
10 Dic 2025

di Angelo Diofano

Dal 9 al 21 dicembre, in occasione dei festeggiamenti di San Lucia, sarà esposta nella chiesa dei Santi Medici, al quartiere Salinella, una copia della statua della santa protettrice della vista, prestata dalla omonima parrocchia di via Millo, guidata da mons. Luca Lorusso. Questo, in segno di gemellaggio fra le due comunità e la confraternita dei Santi Medici (priore, Donato Caricasole).

Nei giorni 10, 11 e 12 la parrocchia vivrà il triduo con la recita del santo rosario (ore 17.30) e la successiva santa messa.

Sabato 13, alle ore 18, celebrazione eucaristica in onore della santa celebrata dal parroco don Luciano Costa, degli oblati del Divino Amore.

Domenica 21 dicembre, la stata farà ritorno nella sua chiesa, dopo la santa messa delle ore 10 e un momento di festa sul sagrato con esecuzione delle pastorali natalizie a cura della banda ‘G. Chimienti’ di Montemesola diretta dal m° Lorenzo De Felice e la degustazione di pettole e altri dolci tradizionali.

 

ph ND

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Mostra

Al Castello episcopio di Grottaglie, al via la 46ª Mostra del presepe

ph Comune di Grottaglie
10 Dic 2025

La tradizione presepiale torna protagonista a Grottaglie: al Castello episcopio è stata inaugurata la 46ª Mostra del presepe – La Sacra Famiglia, che resterà aperta fino al 6 gennaio. Durante la cerimonia, molto partecipata, è stata proclamata la vincitrice del premio ‘Mostra del presepe 2025’: Rosaria Caramia con l’opera Nel nome di Dio ma non nel mio nome.

La scultura, modellata in ceramica e accompagnata da un canto locale, affronta il tema dei bambini vittime del conflitto di Gaza. Per la giuria, l’opera riesce a trasformare la fragilità della materia in una testimonianza che denuncia, commuove e invita alla memoria. Il premio ha un valore di 3.500 euro.

Alla serata inaugurale hanno partecipato il sindaco Ciro D’Alò, l’assessore alla cultura, Raffaella Capriglia e la dirigente del settore cultura, Daniela De Vincentis, insieme alla giuria composta dalla curatrice Elena Agosti, dall’architetto Valter Luca De Bartolomeis, da Anna Rita Fasano (Pandora Artiste Ceramiste) e Luciana Delle Donne (Officina creativa – Made in carcere).

Sono state inoltre segnalate tre opere: Custodi dell’Armonia di Stefano Monteforte ed Elena D’Urso, premiata per la raffinatezza estetica e la qualità tecnica; Culla di sabbia di Alessia Bosa, per la sensibilità del tema e l’interattività che coinvolge il pubblico e Micat in vertice di Carlo Pizzichini, per l’essenzialità e la profondità della composizione

La Borsa di studio 2025 ai giovani artisti di Napoli

Per la sezione dedicata ai licei artistici, la borsa di studio 2025, dal valore di 1.000 euro, è stata assegnata a Fabiana Cira Viterbo e Simone Alberino, guidati dal professor Fabio Borelli dell’istituto superiore Polo delle arti Caselli-Palizzi di Napoli. La loro opera Leg-ami unisce la tradizione del presepe alla forma simbolica dei mattoncini Lego, raccontando l’incontro tra culture diverse.

La giuria ha inoltre segnalato La culla che unisce i popoli, realizzata da Miriam Tesic, Sara Millauro e Mara Venturelli del liceo artistico di Verona, e Custodi di pace di Simone Filomeno del liceo artistico V. Calò di Grottaglie.

«Un grande successo: oltre cinquanta opere arrivate da tutta Italia – ha spiegato il sindaco Ciro D’Alò –. Abbiamo anche una sezione dedicata ai licei artistici, con la partecipazione di istituti del Veneto, della Campania e della Puglia. Sono state presentate e possono essere ammirate opere di grande spessore e attualità. Il tema, la Sacra Famiglia in chiave contemporanea, ha ispirato interpretazioni profonde e molto sentite».

«La Mostra del presepe di Grottaglie, con oltre cinquant’anni di storia, si conferma un momento prezioso di sintesi e confronto tra le diverse espressioni artistiche della ceramica sul tema del presepe e della Sacra Famiglia, traccia di questa edizione che ha registrato un numero importante di adesioni al concorso nazionale – ha dichiarato l’assessore Raffaella Capriglia –. Un presepe che si declina attraverso i valori cristiani della natività, come emerge in molte opere, ma che sempre più assume anche una forma laica, simbolica e universale, capace di richiamare i valori della libertà, della giustizia, della pace e del dialogo tra popoli e comunità.
I lavori vincitori entreranno a far parte della grande collezione museale del Comune di Grottaglie, che dal 12 dicembre sarà inaugurata a Palazzo De Felice e resterà in esposizione permanente.
Anche quest’anno la Mostra rappresenta per la nostra comunità un momento significativo per ritrovarsi e dare avvio alle festività natalizie. Un augurio di buon Natale a tutti, in armonia e bellezza».

La segreteria organizzativa e l’allestimento sono stati curati in collaborazione con CoopCulture, gestore dei servizi turistici, museali e culturali della Città di Grottaglie.
Patrocini: Comune di Grottaglie, Regione Puglia, Pop Pottery of Puglia, Aicc – Associazione italiana città della ceramica.
Alle visite guidate – curate dagli operatori museali e turistici di CoopCulture – collabora anche la Proloco Grottaglie.

L’inaugurazione della mostra ha aperto un calendario ricco di appuntamenti culturali. Il prossimo è fissato per il 12 dicembre, quando a Palazzo De Felice sarà presentata la nuova Collezione museale civica nazionale dei presepi in ceramica italiani dal 1980 ad oggi. Una mostra permanente di oltre 200 opere, premiate o acquisite dal Comune nel corso dei decenni, che racconta mezzo secolo di storia e sperimentazione dell’arte presepiale italiana.

Il percorso espositivo, allestito su due piani dello storico palazzo, ripercorre stili, forme e linguaggi della ceramica presepiale dal Sud al Nord Italia: da Napoli a Faenza, da Caltagirone alla tradizione veneta, fino a Grottaglie, città con una consolidata storia di maestri presepisti.

La serata inaugurale sarà accompagnata dalla musica natalizia della street band della Banda Città di Grottaglie.

 

Orari di apertura

46ª Mostra del presepe – Castello episcopio
• Martedì–mercoledì: 10:00-13:00 / 15:30-18:30
• Giovedì–domenica: 09:00-22:00
• Lunedì chiuso

‘I Presepi’ – Collezione museale civica nazionale – Palazzo De Felice
• Dal 12 dicembre al 6 gennaio: 17:00-21:00, martedì–domenica
• Lunedì chiuso
• Visite scolastiche su prenotazione: 080-8910777

 

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Diocesi

A Talsano festeggiamenti in onore di Santa Lucia

ph Portodimare
10 Dic 2025

di Angelo Diofano

A Talsano i festeggiamenti in onore di Santa Lucia sono organizzati dalla confraternita del Carmine il cui oratorio si trova nel territorio della parrocchia della Madonna del Rosario.

Il triduo, che inizierà il 10 dicembre, prevede alle  ore 18, nella chiesa del Carmine, la recita del santo rosario; e alle ore 18.30 la santa messa presieduta da don Maurizio Donzella.

Giovedì 11, alle ore 20, nella chiesa della Madonna del Rosario, si terrà il concerto  del ‘Falanto Chorus’ diretto dal m° Nicola Luzzi.

Venerdì 12 alle ore 18.30, la santa messa sarà presieduta dal novello sacerdote don Antonio Acclavio. Successivamente alle ore 19.30 sarà inaugurata la ‘Casa di Babbo Natale’, in corso Vittorio Emanuele 130; l’apertura sarà nei giorni 13, 14, 20, 21 e 22 dicembre dalle ore 18 alle ore 21.

Sabato 13, in mattinata, giro per le vie del quartiere della banda musicale ‘Maria ss.ma Addolorata’ di Talsano diretta dal m° Vito Bucci; sempre nella chiesa del Carmine, a mezzogiorno (dopo il santo rosario) sarà recitata la supplica a Santa Lucia; alle ore 17, accompagnata dalla banda musicale, uscirà la processione per via Garibaldi, via San Francesco, via Sanguzza, via Carducci, via Lepanto, via Roma, corso Vittorio Emanuele con rientro nella chiesa del Carmine dove sarà celebrata la santa messa con il rito della benedizione degli occhi.

Nei giorni della festa, fiera gastronomica in via Garibaldi.

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Ecclesia

L’Immacolata, ‘figlia’ che riscatta Eva e la storia del femminile

ph MJ-Sir
09 Dic 2025

di Rosanna Virgili

“Germogliava in lei luce
come se in lei in piena notte
venisse improvvisamente il giorno”.
(Alda Merini, Magnificat)

Tra le feste che la Chiesa dedica a Maria di Nazareth, quella dell’Immacolata Concezione è tra le poche che ce la pongono dinanzi, per così dire, sola, a tutto campo, nel grembo e neonata, bambina, ancora ignara e lontana dal suo futuro di madre col bambino in braccio, al seno o sulle ginocchia, icona che la riprodurrà instancabilmente nell’arte cristiana di ogni tempo. L’Immacolata titilla l’immaginazione e quello che è nato come un dogma, alla gente, al popolo di Dio, giunge anzitutto con la suggestione della purezza che traspare – ripulite dal sangue materno – nelle membra intatte, morbide, sacre, della creatura appena nata alla luce del mondo. E che il mondo non riuscirà a oscurare con la corruzione, con la notte della morte, della sua malvagità.

In lei, nella neonata Maria, la luce del miracolo della gestazione giammai si spegnerà, indelebile sulla sua fronte, su quel profumo che segnala, nell’umano, l’odore di Dio. Mai nulla potrà far decadere quella sua Bellezza antelucana. Non c’è in lei alcuna “macchia”, alcuna propensione ad ascoltare il sibilo dei tanti “serpenti” di un mondo schiavo di spinte centrifughe, di urla di “legioni” che lo portano ad autodistruggersi, dividendosi in sé stesso. E ancorché fosse stato preparato per essere un kòsmos, un’armonia di colori, di volti differenti e complementari tra loro, un concerto perfettamente tessuto in ogni filo di musica.

Al contrario della donna dell’Eden, quella del principio, che fu subito moglie e madre (Eva: “la madre di tutti i viventi”) e non ebbe il tempo di essere bambina, l’Immacolata è il riscatto dell’infanzia del femminile e con esso di quella di tutto l’umano; è un “ritorno” alla pelle che sa di sorriso, che profuma di latte e splende di innocenza. “Se non diventerete come i bambini” dirà Gesù (Mt 18,3). E quella che per prima vi ritorna è proprio lei, sua madre. Non per nulla, dall’alto del travaglio del parto di un Dio crocifisso, il Figlio renderà figlia e madre quella “donna” che “grida a lui dalla terra”, in perfetto silenzio nell’attesa del respiro di Dio. “Vergine madre, figlia del tuo figlio”: stupendo, immacolato, sommo verso a descriverla (Par XXXIII, 1). Nata immacolata dal Figlio, “nato da Donna”, incarnatosi in lei (cf. Gal 4,4). Mistero stupendo, identità di intrecci, di relazioni, di reciproche, benedette trasformazioni, in cui consiste la Vita nel tempo redento dell’Eterno. Quando la morte trascolora in puerizia e la vecchiezza in adolescenza e la madre, ormai anziana, che mentre guarda suo figlio morire, ella stessa, risorge, viene concepita in una carne “immacolata”, che – come potrà fare Nicodemo – “rinasce dall’alto”.

Ed eccoci a curiosare, allora, su questa Donna nel suo stato di ‘figlia’. Nei cori della corsa della sua giovinezza che riecheggiano il battito del suo primo, frenetico sviluppo, nella matrice materna. Nella sua verginità in cui tutte le membra pulsano di desiderio, di sogno, di speranza. Di “Te”, dell’altro, dell’“Eccomi”! Età e pura nudità dell’amata e amante del Cantico dei Cantici che dice: “Trascinami con te, corriamo” (1,4), che s’apre all’ignoto dell’Incontro, che trema immaginando la Sua voce, che terge i piedi, che si toglie la veste liberandosi così da tutti gli ostacoli, gli inciampi (= il peccato, lo scandalo) all’Abbraccio. Concepita senza peccato originale, vale a dire totalmente libera nel viaggio dell’Amore, nel protendersi all’Altro. “Immacolata”: che non conosce il sospetto, la paura, il possesso, la tentazione di fare da sé, né il dolore della separazione né la vergogna della violenza, del dominio o della sottomissione. Pura conchiglia dove attecchisce, libera, la perla della Vita.

Una “figlia”, Maria, che solleva la madre – Eva – dalle tante umiliazioni, vessazioni, che per secoli e secoli, in forme sempre più sofisticate, mostruose ed ipocrite, ha continuato a subire. Una figlia, Maria, che incorona la volontà e il coraggio di tante figlie di ebrei e filistei, di giudei e di gentili, di schiavi e di liberi, in cui Dio confida – secondo le stupende storie che la Bibbia racconta – per liberare da un destino di morte tutta l’umanità. Il coro del riscatto dell’infanzia “immacolata” comincia dalla giovane Agar, la schiava egiziana, il cui grido al Cielo salverà suo figlio Ismaele dalla sete cui l’aveva condannato un patriarcato selettivo e nemico; si leva forte nelle levatrici dell’Egitto che con la loro obiezione di coscienza a un decreto di genocidio, fanno sì che “venga alla luce” l’intero Israele. E se la povera figlia di Iefte, per un voto sciagurato che il padre aveva fatto, fu uccisa in sacrificio a Dio, alla soglia della sua giovinezza, il vuoto della verginità di Maria fu colmato, al contrario, da una Divina, sconfinata pienezza, per il sacrificio d’Amore di un Dio fattosi Figlio per lei.

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Migrazioni

Diritto d’asilo, Migrantes: nell’Ue domande in diminuzione, ma non in Italia

Il nuovo Report Migrantes registra una lieve flessione dovuta a ritorni in Paesi insicuri. Restano 117,3 milioni le persone in fuga e crescono gli sfollati climatici

ph Caritas
09 Dic 2025

di Patrizia Caiffa

Alla fine del 2024 il numero di persone costrette allo sradicamento forzato nel mondo ha toccato la cifra record di 123,2 milioni, con un incremento del 6% rispetto al 2023. Nei primi sei mesi del 2025, invece, per la prima volta in dieci anni, si registra una flessione: le persone in fuga risultano 117,3 milioni, ossia 5,9 milioni in meno rispetto al 2024. Un calo che però è dovuto in larga parte a ‘ritorni’ in Paesi insicuri (Afghanistan, Rd del Congo, Sudan e Siria), più che a soluzioni stabili. Tre rifugiati su quattro continuano infatti ad essere accolti in Paesi a basso o medio reddito. Per la prima volta nel 2024 diminuiscono anche i richiedenti asilo nell’Unione europea: meno di 913 mila (-13% rispetto al 2023) e i minori stranieri non accompagnati: sono meno di 34.600 quelli che hanno chiesto la protezione internazionale (-20% rispetto al 2023). Nel solo 2024 si contano 46 milioni di sfollati climatici, segno della crescente incidenza delle emergenze ambientali.  Sono alcuni dei dati che emergono dalla IX edizione del volume “Il diritto d’asilo. Report 2025” (Tau editrice) della Fondazione Migrantes, presentato oggi a Roma alla Pontificia Università Gregoriana. Le cause principali per cui le persone sono costrette a fuggire e chiedere asilo sono conflitti, violazioni dei diritti, persecuzioni, mancanza di acqua e cibo, cambiamento climatico e un aumento dei regimi autoritari, dove vive il 70% della popolazione mondiale.

Ue, per la prima volta diminuiscono i richiedenti asilo: -13%

Per la prima volta dal 2020 l’Unione europea registra una diminuzione dei richiedenti asilo: nel 2024 i “richiedenti per la prima volta” sono stati poco meno di 913 mila, pari a un calo del 13% rispetto al 2023. La tendenza si conferma nei primi sei mesi del 2025, con 341 mila domande, contro le 467 mila dello stesso periodo 2024 (-27%). La Germania resta il primo Paese per richieste (230 mila, -30% sul 2023), seguita da Spagna, Italia (151 mila, +16%) e Francia. La Siria si conferma principale Paese d’origine (143 mila, -19%), seguita da Venezuela, Afghanistan, Colombia, Turchia e Bangladesh. L’Ue ha garantito protezione a 438 mila richiedenti, ma il tasso di riconoscimento in prima istanza è sceso al 51% (dal 53% del 2023). I primi dati 2025 segnalano un ulteriore crollo: appena un terzo delle decisioni è stato positivo.

Italia in controtendenza: record di domande di asilo e dinieghi

Mentre nell’Ue le domande di asilo diminuiscono l’Italia ha registrato nel 2024 il suo massimo storico: quasi 159 mila richieste.
Nel 2024 le Commissioni territoriali hanno pronunciato il 64% di dinieghi, contro una media europea del 51%. Nel primo semestre 2025 la percentuale è salita al 69,5%. Secondo una ricerca finanziata da Unhcr (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), il 67% dei beneficiari di protezione internazionale e temporanea in Italia vive in povertà relativa, contro il 17% degli italiani e il 39,5% dei cittadini extra-Ue.

In calo i minori stranieri non accompagnati in Ue (-20%) e Italia (-14%)

Dopo anni di crescita, nel 2024 l’Unione europea ha registrato una diminuzione dei minori stranieri non accompagnati (Msna) richiedenti asilo: meno di 34.600, pari a un calo del 20% rispetto al 2023. La tendenza si accentua nel primo semestre 2025, con 11.300 domande contro le 17.300 dello stesso periodo 2024 (-35%).

La Siria ha superato l’Afghanistan come principale Paese di provenienza dei Msna, totalizzando nel 2023 quasi un terzo del totale. In Italia, al 31 agosto 2025, i minori censiti erano 17.160 (in calo del 14% rispetto al 2024), di cui l’88% ragazzi e il 12% ragazze. Nel solo primo semestre 2025 si sono allontanati dall’accoglienza 2.572 minori, soprattutto eritrei ed egiziani, appena arrivati nel Paese. I tutori volontari iscritti presso i Tribunali per i minorenni al 30 giugno 2024 erano 4.273 (+7% sull’anno precedente). Al 30 giugno 2025, dei 16.497 Msna presenti in Italia, il 16% era in strutture di prima accoglienza, il 63% in seconda accoglienza e il 21% presso famiglie, in gran parte minori ucraini (3.083).

Un’infrastruttura di esclusione

Il Report della Fondazione Migrantes denuncia il sistema di accoglienza italiano come “un’infrastruttura di esclusione”, fatta di marginalità e “zone di non essere”: dalle “file della vergogna” in Questura alle espulsioni improvvise, dalle segregazioni nei Cpr (Centri di permanenza temporanea) alla rinuncia dei territori ai progetti Sai (Sistema di accoglienza e integrazione). Spazi di disumanizzazione che riducono i migranti a “oggetti amministrati”.

Usa, Ue e cooperazione

Per la prima volta il Report dedica per la prima volta un focus agli Stati Uniti: almeno 12 ordini esecutivi dell’amministrazione Trump hanno generato paura e sfiducia, tanto che l’American Immigration Council parla di “fine del sistema d’asilo”. In Europa, il Patto su migrazione e asilo, in vigore da giugno 2026, accentua la logica del contenimento: procedure accelerate, esternalizzazione dei controlli, estensione del concetto di “Paese terzo sicuro”. L’Italia, chiamata a coinvolgere la società civile nella stesura del piano di attuazione del Patto, non lo ha fatto e non ha ancora reso pubblico il documento. Sul fronte della cooperazione, l’Aiuto pubblico allo sviluppo ha perso la sua funzione originaria di riduzione della povertà, “assumendo un ruolo subordinato alle logiche di sicurezza, controllo migratorio e interesse economico nazionale”.

L’appello

“In un mondo che rischia di normalizzare crisi e disumanizzazione, il riconoscimento dell’umanità di chi fugge rimane fondamento irrinunciabile di ogni democrazia”, sottolinea il report. “Le guerre non sono il nostro destino ineluttabile – affermano le curatrici del report Chiara Marchetti e Mariacristina Molfetta -, così come non lo è la corsa al riarmo. Il diritto internazionale, il diritto d’asilo, la diplomazia e la ricerca del bene comune possono e devono tornare al centro”. Per monsignor Pierpaolo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes – come Chiesa e come persone che hanno a cuore il bene comune e la dignità umana, diventa fondamentale prendere posizione e farsi vicini”.

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Diocesi

Taranto celebra Santa Lucia, protettrice della vista

ph G. Leva
09 Dic 2025

di Angelo Diofano

“In un momento in cui l’umanità continua a brancolare nel buio dell’incertezza e della mancanza di pace, ci viene ancora una volta proposta la figura di S. Lucia, martire e vergine siracusana, che ha preferito donare la propria vita giovanissima pur di non sottoporsi all’idolatria e alla coercizione. La nostra Patrona è sempre un piccolo segno, una debole luce nel frastuono di questo mondo. Ma proprio la ‘logica della piccolezza è la vera forza della Chiesa. Essa, infatti, non risiede nelle sue risorse e nelle sue strutture, né i frutti della sua missione derivano dal consenso numerico, dalla potenza economica o dalla rilevanza sociale. La Chiesa, al contrario, vive della luce dell’Agnello e, radunata attorno a Lui, è sospinta per le strade del mondo dalla potenza dello Spirito Santo’ (Papa Leone, Discorso nella Cattedrale Spirito Santo di Istanbul, 28 novembre 2025). Ci affidiamo volentieri alla intercessione della nostra ‘piccola’ santa per essere ispirati dallo Spirito Santo, per recuperare la luce della fede in Cristo e per riscoprire con gioia le grandi opere del Padre nella Chiesa e per l’umanità intera.

Il programma delle celebrazioni prevede per oggi, martedì 9 alle ore 18, la celebrazione eucaristica presieduta dal parroco mons. Luca Lorusso, alla presenza della confraternita dei Santi Medici Cosma e Damiano di Taranto per il gemellaggio, con la consegna di un simulacro di Santa Lucia alla comunità parrocchiale di via Lago di Scanno.  

Mercoledì 10, alle ore 18, santa messa presieduta da mons. Ciro Marcello Alabrese; seguirà una catechesi su ‘Lucia, testimone di scelte di vita – L’importanza di un sano discernimento’.

Giovedì 11, alle ore 18, santa messa presieduta da don Santo Guarino, parroco alla San Francesco d’Assisi di Crispiano e cappellano della Polizia di Stato; a seguire, pettolata comunitaria nel cortile parrocchiale e torneo di burraco.

Venerdì 12, alle ore 18 santa messa presieduta da mons. Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi Italia e vescovo delegato Conferenza Episcopale Pugliese per la cooperazione missionaria delle Chiese, nonché vescovo emerito di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti; a seguire, catechesi su ‘Lucia, testimone nel martirio. I martiri di ieri e i martiri di oggi’.

Sabato 13, festa di Santa Lucia, le sante messe saranno celebrate alle ore 8 (dal parroco mons. Luca Lorusso, con la partecipazione della Federottica e dei medici oftalmologi) – 10 (dal vicario parrocchiale don Federico Marino) – 11 (da don Luigi Trivisano) ; a mezzogiorno sarà recitata la supplica alla santa.

Alle ore 17 la solenne celebrazione eucaristica sarà presieduta dall’arcivescovo mons. Ciro Miniero con la partecipazione del Movimento Apostolico Ciechi. Alle ore 18.30 uscirà la processione che percorrerà via Millo, via Cesare Battisti, via Amalfi, via Crotone, via Plateja, via Zara, Amalfi, via Cagliari, via Cesare Battisti, via Lupoli, via gen. Messina. Al rientro, giochi pirotecnici. Presterà servizio la banda musicale “Santa Cecilia – Città di Taranto” che eseguirà le tradizionali pastorali natalizie tarantine.  

La festa proseguirà domenica 14 alle ore 10 con la santa messa celebrata da don Luciano Matichecchia, segretario particolare dell’arcivescovo, con consegna del premio ‘Luce di Santa Lucia’ ai parrocchiani meritevoli per impegno sociale e caritativo; seguirà la festa della comunità animata dall’associazione ‘AnimArte’ con giochi d’epoca e il pranzo con le famiglie nel cortile.

Durante ogni celebrazione ci sarà la raccolta alimentare per le famiglie bisognose del quartiere.

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Giubileo2025 in diocesi

Celebrato anche a Taranto il Giubileo del mondo della politica

ph G. Leva
09 Dic 2025

di Angelo Diofano

«Vi guidi non la logica del potere e dell’interesse privato, dell’arroganza e del disinteresse, ma la logica del servizio, della prossimità come lodevolmente già fate. Per realizzare questo progetto, è indispensabile fare ricorso alla politica, all’economia, alla scienza, alla tecnica, ma credo sia soprattutto necessario metterci il cuore che si lascia pervadere dall’amore di Cristo, dalla passione per il bene dell’intera comunità»: queste le parole pronunciate l’altra sera dall’arcivescovo di Taranto, mons. Ciro Miniero, nell’omelia della messa celebrata in occasione del Giubileo degli amministratori locali e del mondo della politica più in generale. L’evento è stato organizzato dalla commissione diocesana per la pastorale sociale, guidata dal direttore dell’Ufficio don Antonio Panico, d’intesa con l’arcivescovo Ciro Miniero.
Prima della celebrazione della santa messa, i partecipanti si sono riuniti in piazza Madonna della Salute, in città vecchia, da dove si è snodato un breve pellegrinaggio giubilare verso la Cattedrale San Cataldo. Numerosi gli amministratori, gli esponenti politici delle diverse forze politiche, giunti anche da altri comuni della provincia ricadenti nella diocesi di Taranto, proprio nel giorno in cui alcuni di loro si trovavano a Roma per cercare di trovare una soluzione alla vertenza ex Ilva.

 

ph G. Leva


«Per il mondo della politica, in rappresentanza di tutti, ha preso la parola, in qualità di delegata del presidente della Provincia di Taranto, la consigliera Angelita Salamina che ha letto il documento scritto da Gianfranco Palmisano.

Nella lettera, nel ringraziare l’arcidiocesi per aver organizzato l’evento giubilare, Palmisano ha affermato: «Desidero innanzitutto porgere le mie più sincere scuse per non poter essere fisicamente con voi qui a Taranto, in occasione di questo significativo Giubileo che ci vede tutti riuniti. Come sapete, nella giornata di oggi, insieme al sindaco di Taranto e al presidente della Regione, siamo a Roma, impegnati nel vertice interistituzionale sull’ex Ilva, una delle vertenze più importanti della storia d’Italia. So che la mia assenza sarà da voi compresa, perché la situazione dell’acciaieria è al centro delle nostre più grandi preoccupazioni e impone a noi, uomini e donne delle Istituzioni, di affrontare un nodo storico che non è più eludibile. Dobbiamo rompere, una volta per tutte, la terribile equazione che ci ha costretti fino a oggi a scegliere tra il diritto alla salute e il diritto al lavoro.
Ricordo – ha poi affermato il presidente dell’ente, rivolgendosi ai suoi colleghi – innanzitutto a me stesso e poi a tutti voi, cari colleghi amministratori, un monito: siamo solo di passaggio nel nostro ruolo. Il tempo che ci è concesso è una parentesi preziosa. A noi è affidato il compito di lasciare un segno positivo del nostro passaggio».

Don Antonio Panico, nel suo intervento, ha sottolineato: «Questo è il giubileo della speranza e noi vogliamo credere che il Signore e la Madre Celeste, che a Taranto veneriamo come copatrona con il titolo di Immacolata, sostengano gli sforzi di chi si impegna nel servire le nostre comunità. Noi speriamo con tutto il cuore che le ragioni di chi difende il suo posto di lavoro e quelle delle migliaia di abitanti che subiscono le ripercussioni di una produzione che altrove non è più da anni gravemente impattante sulla salute e sull’ambiente trovino finalmente, senza ulteriori ritardi, un modo perché possano essere rispettate».

 

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Tracce

Non sono cani sciolti

APAImages/Shutterstock/Avvenire
09 Dic 2025

di Emanuele Carrieri

Della striscia di Gaza non parla più nessuno. Ciò che auspicavano Netanyahu e i suoi favoreggiatori si è concretizzato: proseguire il lavoro senza l’interesse dell’opinione pubblica mondiale. Stando all’Organizzazione delle Nazioni Unite, dall’inizio della tregua, il 10 ottobre, sono entrati nella Striscia, in effetti, poco più di cento tir al giorno, invece dei seicento concordati nell’accordo sul cessate il fuoco; il cibo è insufficiente, e Israele non permette l’ingresso di tende e di container, di cui vi sarebbe necessità per la già iniziata stagione fredda. La Striscia è stata in questo modo lasciata al suo destino e la Cisgiordania è stata consegnata alle sopraffazioni dei coloni israeliani. L’aggressione da parte di un gruppo di questi ai danni di tre volontari italiani e un attivista canadese, avvenuta la notte del 30 novembre nel villaggio di Ein ad-Duyuk al-Foqa, nei pressi di Gerico, in Cisgiordania, è semplicemente l’ultimo segno di un fenomeno che, da oltre due anni, cresce a ritmi rapidissimi. Gli episodi di violenza dei coloni, a partire dall’attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre 2023, sono aumentati in modo esponenziale. Nel periodo terminale di quell’anno, gli attacchi registrati hanno superato quelli dei periodi precedenti, toccando delle frequenze quotidiane e colpendo, non solo comunità palestinesi, ma anche operatori umanitari e attivisti internazionali. La tendenza non si è fermata: gli assalti si intensificano, diffondendosi su aree sempre più estese della Cisgiordania. Eppure, la reazione di molti governi occidentali, e anzitutto europei, resta timida. Questi episodi sono, di solito, descritti come vicende isolate o azioni di gruppi eversivi; in altre parole, colpe di formazioni intransigenti e oltranziste che non rispecchierebbero le volontà del governo di Netanyahu. Una lettura, questa, che evita, sfacciatamente, di affrontare la portata reale di questi avvenimenti: la violenza dei coloni non è saltuaria, né è ininfluente. C’è di più: la distinzione, pretestuosa e artata, fra cittadini e Stato è artificiosa e tendenziosa. Principi e norme sulle responsabilità degli stati decretano che un governo sia chiamato a rispondere non solo delle proprie azioni dirette, ma anche delle condotte dei propri cittadini, se realizzate con la sua tolleranza o sotto la sua protezione. Non basta: questi pionieri in stile film “far west” realizzano la politica di colonizzazione della Cisgiordania. È una politica antica: il 18 luglio 2018, la Knesset approvò una legge fondamentale (ossia costituzionale) che, oltre che definire Israele ‘lo Stato nazionale del popolo ebraico’, diceva: ‘lo Stato considera lo sviluppo dell’insediamento ebraico come un valore nazionale e agirà per incoraggiare e promuovere il suo sviluppo’. Registrata e archiviata la scarsa attitudine di Israele al rispetto di risoluzioni, di sentenze e di verdetti (e forse anche di leggi divine!), resta il fatto che è proprio Israele che genera le condizioni politiche, militari e ideologiche per permettere ai coloni violenti di implementare la linea dello Stato, facendo in modo che tale violenza accada senza nessun tipo di ripercussioni sui responsabili. Davanti a una realtà di questa sorta è assurdo ritenere questo tipo di violenza esterna alla posizione dello Stato stesso che mira, chiaramente, a una più estrema espansione in Cisgiordania. I coloni svolgono un ruolo di punta, eseguono il lavoro sporco: non sono protagonisti devianti, non sono schegge impazzite, non sono fratelli che sbagliano, ma strumenti di una strategia più grande. Attraverso la violenza e lo spossessamento graduale delle comunità palestinesi, cooperano all’espansione del controllo militare israeliano sulla Cisgiordania, preparando il terreno, di fatto, a una annessione del territorio. Le emittenti televisive di tutto il mondo trasmettono di continuo le immagini che mostrano che quasi tutte le aggressioni accadono in presenza e con il supporto dei militari israeliani o in aree dove questi hanno un pressoché totale controllo. Gli autori raramente vengono fermati e quasi mai processati. La quasi totale impunità di cui godono non è l’effetto collaterale, ma è il chiaro segnale di condiscendenza che consolida e incoraggia ulteriori aggressioni. Le violenze si concentrano soprattutto nelle zone che lo Stato e il movimento dei coloni considerano strategiche per la espansione degli insediamenti. Le comunità palestinesi vengono in tal modo sottomesse a una pressione costante, ad attacchi, blocchi, razzie, chiusure, intimidazioni, minacce e sbarramenti che hanno il fine di rendere difficile la vita quotidiana, costringendole a lasciare le proprie case, le proprie terre. È un esodo forzato, in trasgressione delle norme del diritto internazionale umanitario: ecco perché le proposte discusse da alcuni governi europei, dalla Gran Bretagna e in passato dall’amministrazione Biden, come la introduzione di sanzioni contro alcuni coloni più violenti, sono misure simboliche e prive di qualsiasi efficacia, e finiscono, addirittura, per rafforzare la narrazione che la violenza dei coloni sia opera di mele marce o di cani sciolti che si muovono ai confini di qualsiasi legalità, come se fossero individui incontrollabili e del tutto esterni all’apparato dello Stato israeliano. Questa è una raffigurazione che non regge di fronte agli eventi e che tenta, senza effetti, di occultare la vera dimensione, programmata e pianificata, di questa violenza. Ne è la dimostrazione il filmato che circola sulla rete e che mostra, con chiarezza, come poliziotti israeliani abbiano ammazzato, a Jenin, due palestinesi, che avevano le braccia alzate e anche le maglie, per mostrare di non avere armi. Le condanne internazionali non hanno assillato le autorità israeliane: come altre volte in passato, dopo l’interrogatorio, hanno rilasciato gli agenti. Il ministro per la sicurezza nazionale del governo israeliano Ben-Gvir ha conferito un premio al loro comandante e ora si attende la proposta per il Nobel per la pace per quei poliziotti, ma è compito di Netanyahu.

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Emergenze sociali

“Difendiamo il Natale”, ma non le culle che sono vuote. Uno studio rivela perché

ph Siciliani Gennari-Sir
09 Dic 2025

di Silvano Trevisani

La festa dell’Immacolata mette al centro della Chiesa e del mistero dell’Incarnazione la genitorialità e Maria madre del Salvatore. La nascita annunciata dall’angelo è la scelta di Dio di entrare nell’umanità e farne parte. La nascita di Gesù è il segno paradigmatico della Natività per i cristiani, ma anche per tutta l’umanità. Eppure proprio questa genitorialità sta diventando per il nostro Paese, quello che mentendo afferma di sostenere la centralità della famiglia, una variabile. L’Italia, com’è noto, è il Paese in cui nascono meno bambini. Questo comporta un netto e rapido invecchiamento della popolazione e comporterà, nei prossimi anni, seri problemi di equilibro economico e sociale. Pagare le pensioni e sostenere la spesa sanitaria sarà complicato, mentre per i giovani la pensione sarà un sogno.

Si è molto discusso sui motivi della denatalità in Italia, adducendo tante motivazioni diverse. Ma oggi uno studio dettagliato commissionato dal quotidiano economico “Il Sole 24 Ore”, fa in modo che siano giovani stessi, di età compresa tra i 18 e i 35 anni, a spiegare perché non nascono figli, proponendo un confronto con quanto sostengono i giovani di Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna.

Quello che emerge in maniera netta è che la maggioranza assoluta dei giovani italiani, il 58%, ritiene non adeguate le politiche per la famiglia e la natalità. Ma l’11% del campione non ha risposto! Negli altri paesi, invece, la maggioranza assoluta, ritiene che tali politiche siano adeguate, con una piccola differenza per la Germania, dove coloro le ritengono inadeguate sono leggermente di più di chi le definisce adeguate. Eppure sappiamo benissimo che quanto la Germania fa per i genitori non è assolutamente paragonabile con l’Italia. Basta ricordare che in Germania vi sono asili nido persino nelle università a disposizione delle studentesse madri!

Ma se si entra nel merito delle domande poste dal questionario, i dati diventano ancora più allarmanti. Per il 79% degli intervistati il contesto lavorativo italiano non facilita la possibilità di costruire un progetto genitoriale. La pensano così anche in Germania e Spagna, ma con percentuali di gran lunga inferiori, mentre il 49% dei giovani del Regno Unito risponde di sì. Ma i giovani italiani sono i più critici anche rispetto alle istituzioni e ai contesti lavorativi, che non riconoscono concretamente la genitorialità (66%), al contrario di tutti gli altri, e alla valorizzazione da parte della società italiana dell’essere genitori rispetto alla realizzazione personale professionale: solo 17 % riconosce una adeguata attenzione della società!

Ma alla domanda più diretta sui motivi della riduzione delle nascite, i nostri giovani sostengono, per il 57%, che è dovuta a motivi economici; per il 13% a motivi culturali e sociali, ma per il 28% è dovuta alla combinazione di entrambe le cose! Tre su quattro affermano che viste le premesse, senza il supporto dei genitori non potrebbero avere figli e ripartiscono equamente le condizioni per decidere di far figli tra: sicurezza economica e stabilità di lavoro; incentivi economici; flessibilità lavorativa e smart working; congedi parentali più lunghi e retribuiti; supporto per l’abitazione; asili nido pubblici e accessibili. Solo una piccola minoranza pensa che sarebbe utile un cambiamento culturale assieme a campagne contro gli stereotipi di genere.

Le domande dirette sulle intenzioni di mettere al mondo dei figlio ricevono inquietanti risposte vaghe: ben il 42% sostiene che vorrebbe sì avere uno figlio (o un altro) ma senza avere progetti concreti.

A proposito! In chiusura vogliamo citare un’altra freschissima indagine del Censis sulls sessualità degli italiani. Ne traiamo solo questo risultato: la maggioranza delle donne attribuisce al sesso la funzione primaria di dare piacere (61,6%), mentre il richiamo alla funzione procreativa è residuale (1,9%). Per il 56,4% sessualità e amore sono separabili.

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Angelus

“Il corso della storia non è già scritto dai potenti di questo mondo”

ph Vatican media-Sir
09 Dic 2025

di Fabio Zavattaro

C’è un appello scritto in inglese e italiano che viene innalzato, in piazza San Pietro, da alcune persone, nel quale si legge: “Sri Lanka affonda: non lasciateci soli”. E in inglese: “Abbiamo bisogno di te”. Forse papa Leone ha visto quel grido scritto su un cartello; certo le devastazioni causate dal ciclone Ditwah, aggravate da incontrollati disboscamenti, sono presenti nelle sue parole all’angelus quando si dice “Vicino ai popoli del Sud e del Sud-est asiatico, duramente provati dai recenti disastri naturali”. Così assicura la preghiera “per le vittime, per le famiglie che piangono i loro cari e per quanti portano soccorso”. E chiede gesti di solidarietà per sostenere “i fratelli e le sorelle di quelle regioni”.

Nelle parole dopo la preghiera mariana, torna il viaggio in Turchia e Libano concluso il 2 dicembre scorso. Ricorda la tappa a Iznik, l’antica Nicea, con il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I e i rappresentanti delle altre confessioni cristiane, per fare memoria dei 1700 anni del primo Concilio ecumenico. Proprio in questa seconda domenica di Avvento si ricorda il sessantesimo anniversario delle Dichiarazione firmata da papa Paolo VI e dal patriarca ortodosso Atenagora che poneva fine alle reciproche scomuniche. Così, nel ringraziare Dio, Leone XIV dice: “rinnoviamo l’impegno nel cammino verso la piena unità visibile di tutti i cristiani. In Turchia ho avuto la gioia di incontrare la comunità cattolica: attraverso il dialogo paziente e il servizio a chi soffre, essa testimonia il Vangelo dell’amore e la logica di Dio che si manifesta nella piccolezza”.

In Libano, ‘mosaico di convivenza’, il vescovo di Roma ha trovato persone che “annunciano il Vangelo accogliendo gli sfollati, visitando i carcerati, condividendo il pane con chi si trova nel bisogno”. Nelle strade c’era tanta gente venuta per salutare il Papa; commovente poi per Leone, l’incontro con i parenti delle vittime dell’esplosione nel porto di Beirut: “i libanesi attendevano una parola e una presenza di consolazione, ma sono stati loro a confortare me con la loro fede e il loro entusiasmo”.

Il viaggio in Turchia e Libano “ci insegna che la pace è possibile e che i cristiani in dialogo con gli uomini e le donne di altre fedi e culture possono contribuire a costruirla. Non lo dimentichiamo: la pace è possibile”.

In questa seconda domenica del tempo di Avvento, Matteo ci fa incontrare Giovanni Battista che viene presentato come una “voce che grida nel deserto” e chiama il popolo alla conversione, quasi immagine di un profeta dell’Antico Testamento con quel suo abito fatto di pelli di cammello, con quel nutrirsi con i frutti del deserto. In qualche modo Giovanni Battista segna un prima e un dopo, i profeti legati alla Parola e un nuovo orizzonte di speranza e fiducia in Dio. Dice papa Leone all’angelus: “il corso della storia non è già scritto dai potenti di questo mondo. Mettiamo pensieri ed energie a servizio di un Dio che viene a regnare non per dominarci, ma per liberarci. È un Vangelo: una vera buona notizia, che ci motiva e ci coinvolge”.

L’evangelista Matteo annuncia la venuta del Regno di Dio, e nella severità delle parole del Battista, afferma Leone XIV, si “sente risuonare l’appello di Dio a non scherzare con la vita, ad approfittare del momento presente per prepararsi all’incontro con colui che giudica in base alle opere e alle intenzioni del cuore, e non secondo le apparenze”.

In questo “qui e non ancora” è l’invito alla conversione “perché il Regno dei cieli è vicino”, leggiamo in Matteo, anzi è in mezzo a noi, e, afferma il Papa, “si manifesterà in Gesù Cristo, nella mitezza e nella misericordia. Il profeta Isaia lo paragona a un germoglio: un’immagine non di potenza o di distruzione, ma di nascita e di novità”.

È l’esperienza vissuta dalla Chiesa nel Vaticano II, afferma ancora il vescovo di Roma all’angelus, Concilio che si concludeva l’8 dicembre di sessanta anni fa. Un’esperienza “che si rinnova quando camminiamo insieme verso il Regno di Dio, tutti protesi ad accoglierlo e a servirlo. Allora non soltanto germogliano realtà che parevano deboli o marginali, ma si realizza ciò che umanamente si sarebbe detto impossibile. Con le immagini del profeta: il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà”.

Nulla è impossibile a Dio. Prepariamoci ad accogliere il “più piccolo”, Gesù di Nazaret. Egli “ci guiderà” afferma Leone XIV. “Un giorno nuovo è iniziato: svegliamoci e camminiamo nella sua luce”. Così le luminarie lungo le strade “ci ricordino che ognuno di noi può essere una piccola luce, se accoglie Gesù, germoglio di un mondo nuovo”.

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