Giubileo2025

Giubileo 2025: svelato il logo del Giubileo voluto da papa Francesco

foto Siciliani-Gennari/Sir
29 Giu 2022

di M. Michela Nicolais

Svelato il logo del Giubileo voluto da papa Francesco per il 2025. Ad illustrarne il significato, durante la prima conferenza stampa delle iniziative giubilari, svoltasi nella Sala Regia, è stato mons. Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione. Nel logo, scelto tra 294 proposte provenienti da 213 città e 48 Paesi diversi, con il colore verde campeggia il motto del Giubileo  2025, “Peregrinantes in Spem” (Pellegrini nella speranza). “Rappresenta quattro figure stilizzate – ha spiegato Fisichella – per indicare l’umanità proveniente dai quattro angoli della terra. Sono una abbracciata all’altra, per indicare la solidarietà e fratellanza che deve accomunare i popoli. L’apri-fila è aggrappato alla croce: è il segno non solo della fede che abbraccia, ma della speranza che non può mai essere abbandonata perché ne abbiamo bisogno sempre e soprattutto nei momenti di maggiore necessità”. “Le onde sottostanti sono mosse per indicare che il pellegrinaggio della vita non sempre si muove in acque tranquille”, ha commentato il pro-prefetto: “Spesso le vicende personali e gli eventi del mondo impongono con maggiore intensità il richiamo alla speranza. È per questo che la parte inferiore della Croce  si prolunga trasformandosi in un’ancora, che si impone sul moto ondoso”. “Come si sa l’ancora è stata spesso utilizzata come metafora della speranza”, ha ricordato Fisichella a proposito del loro, scelto personalmente da papa Francesco tra le tre proposte vincitrici: “L’ancora di speranza è il nome che in gergo marinaresco viene dato all’ancora di riserva, usata dalle imbarcazioni per compiere manovre di emergenza per stabilizzare la nave durante le tempeste”. L’immagine del logo, inoltre, “mostra quanto il cammino del pellegrino non sia un fatto individuale, ma comunitario con l’impronta di un dinamismo crescente che tende sempre più verso la Croce. La Croce non è affatto statica, ma anch’essa dinamica, si curva verso l’umanità come per andarle incontro e non lasciarla sola, ma offrendo la certezza della presenza e la sicurezza della speranza”. “Ho immaginato gente di ogni colore muoversi da ogni parte della terra verso un futuro comune, e verso una Croce che è Gesù stesso”, ha spiegato l’ideatore del logo, Giacomo Trevisani: “Ho immaginato il papa guidare l’umanità attraverso una Croce che diventa àncora, e noi stringerci a lui, simbolizzando i pellegrini di ogni tempo”.

“Che possa diventare per il mondo intero un contenuto da sperimentare”, l’auspicio del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, che ha tracciato un parallelo tra il motto del Giubileo e la situazione attuale: “In questi anni, e soprattutto in questi ultimi mesi, ci invita a tenere fisso lo sguardo sulla speranza, che non a caso è una virtù teologale posta a fondamento stesso della vita cristiana. Ci richiama tutti ad essere responsabili costruttori di un mondo migliore, come ha scritto papa Francesco nel messaggio per il Giubileo, per guardare al futuro con animo aperto”. Il prossimo appuntamento giubilare, per il cardinale, “è una bella opportunità per Roma e l’Italia, come momento qualificante dell’accoglienza di milioni di pellegrini e turisti che giungeranno, per vivere un evento di fede, ma anche culturale e di ammirazione per questi splendidi luoghi”.

“C’è una bella collaborazione tra la Santa sede, l’amministrazione comunale, la Regione e le altre autorità. Vogliamo coinvolgere tutti”, ha riferito mons. Fisichella conversando con i giornalisti a margine dell’evento  in Vaticano. “La dimensione del decoro è sentita da tutti, è una di quelle prospettive che maggiormente trovano impegnate le persone responsabili”, ha assicurato a proposito dei due principali problemi di Roma: la pulizia e la viabilità. “E’ ovvio che non ci si improvvisa, ci sono i tempi tecnici, una lunga burocrazia – ha proseguito – ma io sono molto fiducioso che Roma sarà dare il meglio di sè”.

“Roma è bella, è un museo a cielo aperto”, la fotografia della Capitale scattata dal pro-prefetto: “Dobbiamo fare di tutto perché la bellezza di Roma sia conservata e contemplata. Certo, a Roma convergono migliaia di turisti, è un problema presente in tutte le grandi metropoli: c’è bisogno della celerità e della pazienza dovute, per porre rimedio”.

“Più noi rendiamo bella una città, più tutte le forme di degrado scompaiono”, la tesi di Fisichella, secondo il quale “più che porre sistematicamente  l’accento sulle criticità, bisogna sottolineare maggiormente la bellezza di Roma e del nostro Paese, per coinvolgere di più i cittadini e i turisti non solo a riconoscere questa bellezza, ma ad essere capaci di rispettarla”. E di “collaborazione” hanno parlato anche il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, e il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, entrambi presenti alla conferenza stampa odierna. “Sono stato molto colpito dal logo che è stato presentato oggi”, ha detto Gualtieri: “ci sprona ancora di più a lavorare con maggiore energia perché Roma accolga al meglio milioni di pellegrini, come città accogliente, efficiente e solidale”. “È un ottimo primo passo”, gli ha fatto eco Zingaretti: “Come è noto collaboriamo da tempo, e per fortuna ora con questa amministrazione lavoriamo bene”. La prossima tappa dell’itinerario giubilare sarà la presentazione dell’inno. A settembre, inoltre, sarà “on line” l’apposito sito ed entro l’anno verrà stilato un calendario dei grandi eventi – dedicati a specifiche categorie di persone, tra cui le famiglie, i bambini, i nonni, i disabili, gli sportivi, gli ammalati, i poveri e i carcerati – , che vanno ad aggiungersi alle iniziative predisposte dalle diocesi.

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Pianeta verde

Emergenza climatica – E l’acqua dei fiumi diventa salata

Il fenomeno della risalita del cuneo salino dal mare al fiume è dovuto alla diminuzione della portata di acqua dolce da monte

foto Siciliani-Gennari/Sir
29 Giu 2022

di Andrea Zaghi

Il mare risale lungo il ‘Grande fiume’. L’acqua dolce – usata per dissetare le persone, gli animali e le coltivazioni -, diventa salata, inutilizzabile. Quasi un’immagine che sa di apocalisse. Ma che ha ben precise cause materiali e che si ripete da sempre quando la siccità imperversa come accade in queste settimane. Quello dell’insinuarsi del cuneo salino lungo il Po è uno degli effetti della scarsità d’acqua che sta minando le rese dell’agricoltura e che aggrava i problemi collegati alla mancanza di materie prime alimentari di cui l’Italia, ma soprattutto altri Paesi, sta soffrendo.

Il fenomeno della risalita del cuneo salino dal mare al fiume è dovuto alla diminuzione della portata di acqua dolce da monte che, soprattutto quando c’è alta marea, non riesce a “farsi strada” in mare le cui acque addirittura penetrano nel fiume risalendolo anche per molti chilometri. È quanto accade in questi giorni con sempre maggiore intensità: le ultime rilevazioni indicano in una fascia di circa 30 chilometri verso l’interno la zona nella quale al posto di acqua dolce si trova quella salata. L’Associazione nazionale dei consorzi di irrigazione e bonifica (Anbi), ha già lanciato l’allarme: in pericolo ci sono non solo le coltivazioni lungo l’asta del fiume stesso, ma anche le falde e, adesso, soprattutto quelle che alimentano di acqua potabile la città di Ferrara. Un pericolo grave, per fronteggiare il quale si sta pensando di usare le acque del lago di Garda per rimpinguare quelle del Po e fare da barriera al sale. Emergenza, comunque, contro la quale proprio l’Anbi chiede una normativa specifica “a tutela – viene spiegato in una nota -, dei territori del delta del fiume Po che, dopo i danni della subsidenza innescata dalle trivellazioni in Alto Adriatico, si trovano ora a fronteggiare la risalita del cuneo salino. Serve un approccio, che superi la logica dello stato di calamità e degli interventi in emergenza”.

Già, l’emergenza. Qualcosa dovuto – viene detto ormai da tutti i protagonisti di questa situazione -, alla scarsa capacità e volontà programmatoria di cui soffre l’Italia. Disattenzione politica piuttosto che uso diverso di fondi che in realtà (seppur in modo contenuto), vi sarebbero anche. E che ha come conseguenza la pochezza degli invasi di conservazione dell’acqua soprattutto al nord della Penisola. Proprio quegli invasi che, se vi fossero, consentirebbero adesso di stare un po’ meglio alle città, ai campi e alle stalle della vasta pianura Padana. Per questo, oltre a far fronte alla sete di oggi, Coldiretti, Confagricoltura e Cia-Agricoltori Italiani, così come Wwf, imprese dell’acqua e idroelettriche, enti locali, tutti insomma, chiedono a gran voce un “piano” di investimenti che prevenga altre future grandi seti (che certamente si scateneranno complice pure il cambiamento climatico).

Intanto, quella che alcuni hanno definito la “tempesta perfetta” continua a produrre i suoi effetti. Coldiretti ha già stimato in circa tre miliardi i danni provocati dalla siccità. Più in generale, la mancanza d’acqua sta acuendo l’aumento dei costi delle materie prime e la scarsità oggettiva di alcune di esse. Per capire, basta pensare a quanto accaduto sul fronte degli approvvigionamenti di cereali e di altre materie prime. La guerra Russia-Ucraina coinvolge gli scambi di oltre ¼ del grano mondiale con l’Ucraina che insieme alla Russia controlla circa il 28% sugli scambi internazionali con oltre 55 milioni di tonnellate movimentate, ma anche il 16% sugli scambi di mais (30 milioni di tonnellate) per l’alimentazione degli animali negli allevamenti e ben il 65% sugli scambi di olio di girasole (10 milioni di tonnellate), secondo l’analisi della Coldiretti sulla base dei dati del Centro Studi Divulga.

L’Italia ne ha sofferto e ne soffre, ma molto di più ne hanno patito altri Paesi. In questo caso, non si tratta di agenti naturali ma di cause spiccatamente umane. La guerra Russia-Ucraina ha bloccato le esportazioni di grano da uno dei grandi produttori mondiali: un fermo che in pochi giorni ha fatto impazzire i mercati e rischiato di affamare interi stati. Per questo, come ha fatto notare in Italia Coldiretti, l’accordo probabile sullo sblocco dei porti annunciato dal ministro della Difesa turco Hulusi Akar, è stato accolto con soddisfazione generale e dovrebbe consentire all’Ucraina di tornare ad esportare il 95% del grano via mare e svuotare i magazzini dove si stima la presenza di oltre 20 milioni di tonnellate di cereali destinati a rifornire sia nei Paesi ricchi che in quelli più poveri.

Ma non è certo con mosse d’emergenza che si possono risolvere definitivamente questi grandi problemi. Il tema, quindi, è più vasto e complesso: è necessario un approccio nuovo, più umano alle grandi controversie che stanno soffocando il mondo.

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Vita sociale

Dal 30 giugno al 2 luglio, il tour in Puglia di Fondazione con il Sud sulle rotte della “sostenibilità”

foto: fondazione con il sud
29 Giu 2022

Dopo l’interruzione dovuta alla pandemia, a distanza di due anni dall’ultimo tour (Castelbuono, in provincia di Palermo, ad agosto 2019), dal 30 giugno al 2 luglio, la Fondazione con il Sud, in occasione del suo sedicesimo “compleanno”, accompagnerà un gruppo ristretto di responsabili di istituzioni, fondazioni, Terzo settore, giornalisti, in un viaggio itinerante, via mare e via terra, tra Taranto e la provincia di Lecce, alla scoperta di un Sud dove la “sostenibilità” rappresenta un valore ambientale e soprattutto sociale, che si costruisce e si rafforza attraverso legami di comunità. Una sostenibilità che assume la forma di una condizione necessaria per lo sviluppo. Nella convinzione che, nel bene e nel male, siamo tutti sulla stessa barca, ognuno può e deve fare la propria parte per il cambiamento in un’ottica di sostenibilità.
“Tre giorni per conoscere da vicino alcune esperienze significative nate grazie al sostegno della Fondazione con il Sud, ovvero storie e protagonisti di un cambiamento non più solo auspicato ma attuato attraverso un processo di sviluppo improntato alla valorizzazione del territorio e delle sue potenzialità: l’immenso patrimonio ambientale, quello culturale e quello ‘umano e sociale’, fatto di persone, organizzazioni di Terzo settore, ma anche istituzioni e imprenditori, che negli anni hanno saputo rispondere agli stimoli di Fondazione con il Sud, creando legami di senso e sperimentando collaborazioni di successo, costruendo una dimensione ‘pubblica’ che tiene insieme istituzioni, privato sociale e Terzo settore, orientata alla sostenibilità tout court”, spiega una nota.
“Sulla stessa barca” sarà anche la modalità prevalente del viaggio, che avrà inizio la mattina del 30 giugno alle 9.30 a Taranto a bordo dei catamarani dell’Associazione Jonian Dolphin Conservation, che gestisce “Ketos – Centro euromediterraneo del mare e dei cetacei”; si prosegue con la visita al Mar Piccolo, un’oasi marina nel cuore di Taranto trasformata da poco in Parco e con una gita nel Mar Grande. Ci sarà, inoltre, l’opportunità di conoscere meglio la Città dei due mari. La navigazione riprenderà verso Sud, il 1° luglio con rotta verso l’Area marina protetta di Porto Cesareo, in provincia di Lecce, con un incontro con le comunità dei pescatori e degli agricoltori, insieme in una inedita alleanza nata all’interno del progetto “Cap Salento” proprio attorno al concetto di sostenibilità sociale e ambientale. La navigazione cederà il passo alle strade del Salento, per giungere a Lecce. In particolare sarà l’occasione per visitare la Masseria Tagliatelle. In anteprima assoluta, con una proiezione riservata, il docu-film “Qui non c’è niente di speciale” di Davide Crudetti e realizzato da Zalab Film con alcune associazioni e cooperative di Brindisi e Cosenza, prodotto da Fondazione con il Sud e Fondazione Apulia Film Commission.
Il viaggio si concluderà sabato 2 luglio incontrando esperienze che attraverso il recupero di tradizioni creano opportunità di inclusione sociale e lavorativa, con la visita al laboratorio tessile del progetto TeDeSLab e alla sede di Made in Carcere, social brand che realizza prodotti tessili confezionati da donne al margine della società e al progetto “Utilità marginale”.

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Diocesi

A Odessa, c’è anche la diocesi di Taranto a invocare “StopTheWarNow”

foto eparchia Odessa
29 Giu 2022

C’è anche Taranto, la nostra diocesi, a dire “StopTheWarNow” a Odessa, città ucraina oggetto di nuovi bombardamenti, in questi giorni.

 

Nella foto d’archivio, don Luigi Pellegrino insieme all’arcivescovo Filippo Santoro

Don Luigi Pellegrino, parroco della Regina Pacis di Lama, ha raggiunto la Carovana della pace che si era mossa dall’Italia sabato 25 con una delegazione di 50 persone in rappresentanza di 175 organizzazioni della società civile italiana. Il convoglio, composto da 15 mezzi, è partito per un’iniziativa di pace nonviolenta e ha portato 40 tonnellate di beni di prima di necessità per la popolazione. A Odessa, nella giornata di martedì 28, la Carovana ha incontrato sia organizzazioni della società civile, sia autorità religiose e civili.

“La carovana della pace contiene tante storie, tanti volti, tante associazioni. Ma siamo tutti animati dal grande sogno che la pace è possibile. E noi siamo qui oggi a dire: basta, basta, basta, fermiamo la guerra!”, ha detto il vescovo di Cassano all’Jonio e vice presidente della Conferenza episcopale italiana, mons. Francesco Savino, alla conferenza stampa che si è svolta all’arrivo della Carovana della pace (foto in testata) alla quale ha aderito anche la Cei.

Don Luigi, a sera, ha voluto fare un resoconto di una giornata molto impegnativa sul piano fisico, ma soprattutto emotivo. Di seguito il link della sua video-testimonianza.

https://www.facebook.com/reginapacislama/videos/745131063372197

 

 

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Hic et Nunc

La scomparsa di Antonio Caramia, noto e poliedrico imprenditore tarantino

28 Giu 2022

di Silvano Trevisani

Si è spento, a 81 anni, l’imprenditore Antonio Caramia, molto noto per le sue vulcaniche iniziative imprenditoriali e per il suo carattere sempre volitivo e spesso controcorrente, che negli anni giovanili aveva avuto un ruolo di spicco nel mondo dell’imprenditoria locale e anche all’interno dell’associazione degli imprenditori, Confindustria Taranto, di cui era divenuto anche presidente provinciale e vicepresidente regionale.

La sua attività imprenditoriale più importante e redditizia è stata senza dubbio quella legata alla gestione, assieme ai fratelli Pasquale (scomparso nel 2018) e Saverio, della discarica Italcave, ma non aveva disdegnato intrusioni di altri settori, a partire da quello editoriale, legato alla nascita, nei primi anni Ottanta, dell’emittente televisiva Canale Uno, che aveva coinvolto alcuni di più noti giornalisti tarantini, come Franco Cigliola, Narciso Bino, Nino Botta e altri, fondata con grandi ambizioni e tante risorse, ma destinata a una durata piuttosto breve. Caramia, che è stato anche presidente dell’Autorità portuale di Taranto e della Cassa edile, l’ente finanziario del settore edilizio che ha avuto alterne vicende, come pure la Scuola edile, ha investito nel settore turistico, anche qui mettendosi in luce con iniziative ambiziose non necessariamente popolari, come pure accaduto nel settore portuale, com’era d’altra parte nella sua indole, che lo spingeva a non tirarsi indietro davanti alle controversie di natura economico imprenditoriale ma a giocare le sue carte con sicurezza e forza di volontà.

Qualche anno fa, esattamente nel 2916, a qualche anno dallo scoppio dello scandalo Ilva, quando ci si dibatteva nei complessi scenari del futuro da dare allo stabilimento siderurgico di Taranto, Antonio Caramia si era messo in luce con una presa di posizione da molti considerata sconcertante: l’invito a far chiudere l’Ilva “ora, senza se e senza ma”.

Giudicando il risanamento come “impossibile” lanciò un appello per “un rinascimento economico, culturale, sociale che richiede buon senso e coraggio. Il buon senso di capire che per cambiare bisogna partire dal problema più grande: l’Ilva”.

Si impegnò, poi, anche a replicare alle polemiche che tale presa di posizione, assunta da parte di un uomo che fino a pochi anni prima era stato un paladino dello sviluppo industriale, aveva suscitato, anche quella volta con il pieno coraggio delle sue azioni, ma fu quella la sua ultima “battaglia pubblica”.

Antonio Caramia lascia la moglie Lucia e le figlie Barbara e Livia, cui a il cordoglio del nostro giornale.

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Hic et Nunc

L’ex chiesa di San Gaetano diventa un hub socio-culturale

28 Giu 2022

di Marina Luzzi

Riapre l’ex chiesa di san Gaetano, già conosciuta come Cantiere Maggese. Luogo simbolo dell’abbandono e della cattiva gestione della cosa pubblica, sarà nuovamente fruibile e diventerà un contenitore socio-culturale riscoprendo anche la sua denominazione originaria. L’immobile è stato affidato per dieci anni all’associazione Symbolum, presieduta da mons. Emanuele Ferro, parroco di Taranto vecchia. L’associazione è capofila del progetto “L’isola che accoglie”, finanziato da Fondazione con il Sud per un triennio e che riunisce diversi partner. L’obiettivo sarà promuovere buone pratiche sul territorio, con il diretto coinvolgimento dei residenti. Insomma, un futuro sostenibile ed autogestito per gli spazi dell’hub.

 La consegna ufficiale della struttura avverrà mercoledì 29 giugno alle ore 19.30, quando il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci, consegnerà le chiavi all’associazione Symbolum, vincitrice del bando di Fondazione con il Sud.

 Il programma della serata prevede a cura della cooperativa teatrale Crest, partner del progetto, una visita guidata, intitolata “Caccia alle mura”, mini percorso tra i vicoli a ridosso di san Gaetano alla scoperta delle mura greche, accompagnati dai residenti.

Appuntamento alle 18.30 in largo Fuggetti. Alle 19.00 lo spettacolo Skuma, che vedrà protagonisti gli studenti dell’istituto comprensivo Galileo Galilei-Giusti. Infine il taglio del nastro.

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Politica italiana

Elezioni amministrative: affluenza in calo per i ballottaggi e due sindaci dalle liste civiche

Da un’analisi sintetica dei dati, emerge che ha giocato un ruolo decisivo la capacità degli schieramenti di presentarsi in modo unitario

foto G. Leva (archivio)
28 Giu 2022

di Stefano De Martis

Nei ballottaggi per le elezioni amministrative affluenza alle urne ancora in netto calo, anche nei confronti del primo turno. Nei Comuni capoluogo affermazione del centro-sinistra che elegge sette sindaci su tredici, compreso quello di Verona su cui maggiormente erano puntati i riflettori della politica nazionale. Da notare anche il successo di due sindaci espressione di liste civiche.

Astensione in aumento, dunque. Gli elettori che hanno votato sono stati il 42,16% degli aventi diritto, a fronte del 54,11% del primo turno nei medesimi Comuni. Il calo della partecipazione nei ballottaggi è un fenomeno che si manifesta già da alcuni anni. Nel 2017, per esempio, tra i due turni c’era stato uno scarto negativo del 16,1%, ma l’affluenza era rimasta comunque al di sopra della metà del corpo elettorale.

La non identificazione con i candidati rimasti in lizza è la principale spiegazione di questa tendenza, anche se proprio nel ballottaggio, a ben vedere, l’elettore detiene un potenziale di scelta più diretto ed esplicito. È comunque una dinamica che va inserita nel più generale contesto di crisi della partecipazione politica, crisi di offerta più che di domanda.

A Verona è stato eletto sindaco Damiano Tommasi (cs) con il 53,34%. A Catanzaro, unico comune capoluogo di Regione coinvolto nei ballottaggi, è prevalso Nicola Fiorita (cs) con il 58,24%. Gli altri eletti espressione del centro-sinistra sono Michele Guerra, a Parma, con il 66,19%; Katia Tarasconi, a Piacenza, con il 53,46%; Paolo Pilotto, a Monza, con il 51,12%; Giorgio Abonante, ad Alessandria, con il 54,41%; Patrizia Manassero, a Cuneo, con il 63,31%. I sindaci eletti con il sostegno del centro-destra sono l’uscente Rodolfo Ziberna, a Gorizia, con il 52,23%; Mario Pardini, a Lucca, con il 51,03%; Riccardo Mastrangeli, a Frosinone, con il 55,32%; Cosimo Cannito, a Barletta, con il 65,03%. A Como e a Viterbo sono stati eletti i candidati “civici”, rispettivamente Alessandro Rapinese, con il 55,36%, e Chiara Frontini, con il 64,92%.

Da un’analisi sintetica dei dati emerge che oltre alle caratteristiche personali dei candidati, sempre molto rilevanti sul territorio, ha giocato un ruolo decisivo la capacità degli schieramenti di presentarsi agli elettori in modo unitario.

Si conferma che sia il centro-sinistra che il centro-destra vincono quando riescono a realizzare una convergenza di elettorati che in alcuni casi può anche prescindere da alleanze formali tra partiti. Resta sullo sfondo la grande questione dell’astensionismo su cui le forze politiche nazionali devono riflettere tenendo anche conto del risultato molto significativo dei candidati delle liste civiche. Queste ultime manifestano una forma di rifiuto delle proposte politiche tradizionali, ma allo stesso tempo – a differenza dell’astensionismo – indicano anche la ricerca di un’alternativa nel senso della partecipazione.

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Cinema

#Giffoni2022: rapporto genitori-figli, il passaggio all’età adulta, cambiamenti climatici tra i temi dei film selezionati

foto: #Giffoni2022
28 Giu 2022

Dopo i primi titoli della selezione ufficiale che hanno già acceso la curiosità dei junior, #Giffoni2022, in programma dal 21 al 30 luglio, si impreziosisce di nuovi lungometraggi e cortometraggi provenienti da tutto il mondo. La scoperta dell’altro, l’abbattimento delle barriere, il percorso per recuperare fiducia in se stessi, il passaggio all’età adulta, il rapporto genitori-figli: sono alcuni dei temi affrontati dalle opere in concorso che non hanno paura di narrare la storia di chi vuole trovare il proprio posto nel mondo. E ancora un focus speciale rivolto all’ambiente e ai cambiamenti climatici. Sono state 4.300 le produzioni in preselezione che il team di Giffoni ha valutato con attenzione per offrire, come di consueto, il meglio del cinema internazionale ai suoi ragazzi.

Insieme alle opere già scelte qualche settimana fa, i nuovi film saranno visionati e valutati dalle giurie di Giffoni: oltre 5000 giovani provenienti da tutto il mondo. Saranno loro a decretare i vincitori del Gryphon Award.
Anche quest’anno, per chi non sarà fisicamente presente a Giffoni, sarà possibile visionare in streaming sulla piattaforma MYmovies una selezione dei film in concorso accedendo con un abbonamento al festival di 12,90€ oppure iscrivendosi a MyMovies One. Per ulteriori informazioni: www.mymovies.itQui i titoli che completano la selezione del Festival 2022.

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Mondo

Il muro di morte di Melilla, dove si nega la costruzione di un futuro comune

Ormai quella di venerdì 24 sera a Melilla – con Ceuta, una delle città del confine di terra tra la Spagna e il Marocco – si delinea come una vera e propria strage di migranti tra l’Europa e l’Africa, la Spagna e il Marocco. Trentasette i morti, centinaia di feriti, soprattutto tra i migranti, ma anche tra gli agenti

foto Ansa/Sir
28 Giu 2022

di Gian Carlo Perego *

Ormai quella di venerdì sera a Melilla – con Ceuta, una delle città del confine di terra tra la Spagna e il Marocco – si delinea come una vera e propria strage di migranti tra l’Europa e l’Africa, la Spagna e il Marocco: trentasette i morti, centinaia di feriti, soprattutto tra i migranti, ma anche tra gli agenti. La strage, solo l’ultima – tra quelle che in più di vent’anni hanno generato oltre 4000 morti tra i migranti siriani, palestinesi e oggi soprattutto subsahariani – è avvenuta in Marocco, che insieme alla Spagna, a metà degli anni ’90, ha innalzato i primi due – a Ceuta (nel 1993) e a Melilla (nel 1996) – dei sedici muri che oggi sono alle frontiere europee. Un muro alto sei metri di recinzione, finanziato dall’Europa, come altri proposti nel piano europeo 2021-2027; come finanziati dall’Europa sono i respingimenti nel Mediterraneo dei migranti che partono dalla Libia o dall’Egitto o dalla Turchia; come finanziati dall’Europa sono i campi dei richiedenti asilo della Turchia, del Marocco e della Libia. Alcuni, forse 1000 migranti, sono riusciti, grazie al sacrificio dei loro compagni di viaggio, a raggiungere il territorio spagnolo. Tra loro anche minori non accompagnati, un volto che sempre più stiamo vedendo mettersi in cammino, figli più che fratelli, che meritano una casa, una famiglia e non un muro di violenza e di sofferenze, non un muro di morte.

Anche con loro siamo chiamati a costruire il nostro futuro, ci ha ricordato papa Francesco nel Messaggio della prossima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. In realtà, le immagini che arrivano da Melilla in queste ore, sembrano negare questo invito: negare che le migrazioni siano una benedizione, per cedere invece alla chiusura, alla paura, ai limiti del confine.

Anche questa strage, queste morti, allontanano il processo di un’Europa solidale che sembrava camminare, grazie anche alla tragedia della guerra Ucraina e dei milioni di rifugiati accolti in Europa.

“I muri sono immorali” gridò con tutte le sue forze, ormai gravemente malato, David Sassoli. I muri non servono a fermare migranti e rifugiati, come dimostrano i numeri sempre in crescita di migranti e rifugiati, quest’ultimi arrivati ormai a 100 milioni. Più che i muri servono strade, corridoi che in sicurezza accompagnino il cammino di chi fugge dalla guerra, dai disastri ambientali, dalla tratta, dalla miseria.Più che creare campi serve aprire le tante case chiuse, in paesi che si spopolano, tra le famiglie senza figli di un’Europa sempre più stanca e sempre più vecchia. I migranti e i rifugiati sono il dono di Dio per la nostra storia,le nostre città, che sono chiamate a ripensare i propri spazi, i luoghi di vita, di lavoro, di cultura, di fede facendo propria ‘la cultura dell’incontro’ che Papa Francesco non si stanca di richiamare, rifiutando la retorica dello scontro, del respingimento, dell’abbandono, dell’esclusione che alimenta troppe politiche migratorie.

Abbattere i muri, i 16 dell’Europa e i 70 del mondo, sarebbe un atto di civiltà,di quella civiltà dell’amore di cui hanno parlato San Paolo VI e San Giovanni Paolo II, di quella fraternità che respiriamo nelle pagine della Caritas in veritate di papa Benedetto XVI e della Fratelli tutti di papa Francesco: un atto di democrazia.

 

* arcivescovo di Ferrara-Comacchio, presidente della Cemi e della Fondazione Migrantes

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Emergenze sociali

Siccità&agricoltura, Prandini (Coldiretti): “Accelerare su dichiarazione dello stato di emergenza e su realizzazione di bacini di accumulo”

foto Ansa/Sir
28 Giu 2022

“Con la morsa della siccità che non si allenta, mentre crescono esponenzialmente i danni alle colture e le misure di restrizione sull’uso dell’acqua, occorre accelerare sulla dichiarazione dello stato di emergenza nei territori più colpiti ma anche e soprattutto sulla realizzazione di un piano per i bacini di accumulo, poiché solo in questo modo riusciremo a garantirci stabilmente in futuro le riserve idriche necessarie”. Lo chiede il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, dopo l’annuncio della decisione di istituire un coordinamento tra i ministeri e la Protezione civile per fronteggiare l’allarme siccità su più fronti, infrastrutturale, competenze regionali, eventuali ristori.
“La situazione nei territori e le previsioni meteo per i prossimi giorni rendono sempre più evidente l’urgenza di avviare un grande piano nazionale per gli invasi che Coldiretti propone da tempo”, denuncia Prandini, ricordando che “raccogliamo solo l’11% dell’acqua piovana e potremmo arrivare al 50% evitando così situazioni di crisi come quella che stiamo soffrendo anche quest’anno”. “L’Italia – ammonisce il presidente di Coldiretti – ha bisogno di nuovi invasi a servizio dei cittadini e delle attività economiche, come quella agricola che in presenza di acqua potrebbe moltiplicare la capacità produttiva in un momento in cui a causa degli effetti della guerra in Ucraina l’Italia ha bisogno di tutto il suo potenziale per garantire cibo al Paese”. “Ma per fare ciò – sottolinea Prandini – è necessario che la questione sia trattata per quella che è, cioè una vera e propria emergenza nazionale, velocizzando le autorizzazioni burocratiche come fatto, ad esempio, per il caso del Ponte Morandi a Genova. Solo in questo caso sarà possibile dare una risposta concreta alla sofferenza di imprese e cittadini”.
Secondo una stima di Coldiretti, il conto dei danni nei campi a causa della siccità è salito a 3 miliardi di euro. “Quanto allo stato di emergenza, che avevamo chiesto nei giorni scorsi con una lettera al premier Mario Draghi e che le Regioni hanno condiviso, serve l’intervento del sistema della Protezione civile – conclude Prandini – per coordinare tutti i soggetti coinvolti, Regioni interessate, Autorità di bacino e Consorzi di bonifica, e cooperare per una gestione unitaria del bilancio idrico”.

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Mondo

Arrivata a Odessa la Carovana della pace

foto StopTheWarNow
28 Giu 2022

di M. Chiara Biagioni
foto eparchia Odessa

 

“La carovana della pace contiene tante storie, tanti volti, tante associazioni. Ma siamo tutti animati dal grande sogno che la pace è possibile. E noi siamo qui oggi a dire: basta, basta, basta, fermiamo la guerra!”. Lo ha detto il vescovo di Cassano all’Jonio e vice presidente della Conferenza episcopale italiana, mons. Francesco Savino, alla conferenza stampa che si è svolta a Odessa all’arrivo della carovana della pace, organizzata dal coordinamento #stopthewarnow e alla quale ha aderito anche la Cei. Il convoglio, composto da 15 mezzi, è sostenuto da una delegazione di 50 persone in rappresentanza di 175 organizzazioni della società civile italiana ed ha portato 40 tonnellate di beni di prima di necessità per la popolazione. Ad Odessa i partecipanti incontreranno organizzazioni della società civile, autorità religiose e civili. Poi la carovana si sposterà a Mykolaïv, la città che sta combattendo per difendere tutta la regione dall’aggressione russa. L’iniziativa è coordinata da una cabina di regia composta dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, Pro Civitate Christiana, Cgil, Focsiv, Aoi, Rete italiana Pace e Disarmo, Libera contro le mafie. Tra le associazioni aderenti vi sono Nuovi Orizzonti, Arci, Legambiente, Focolarini, Mani Tese, Un ponte per.

foto eparchia Odessa

Prendendo la parola, assieme ai vescovi locali della Chiesa latina e greco cattolica e ai rappresentanti della Chiesa ortodossa locale, mons. Savino ha portato la “fraternità” della Chiesa cattolica italiana e “l’abbraccio e la vicinanza” anche del segretario di Stato vaticano, card. Pietro Parolin, che ha incontrato nei giorni scorsi in Calabria e che ha assicurato che la Santa Sede “sta facendo tutto il possibile per tentare una diplomazia” e fermare questo conflitto. “La guerra non è mai una soluzione. È soltanto distruzione, desolazione e disperazione. La guerra è morte. Mi domando: quale mondo stiamo consegnando ai nostri bambini? Un mondo di macerie, un mondo senza speranza, un mondo di dolore? Non siamo qui solo per portare aiuti umanitari. Questi aiuti ci saranno sempre. Le associazioni, il mondo della pace, la Chiesa italiana saranno sempre disponibili per aiuti umanitari. Siamo qui a dire che la non violenza è il metodo migliore per risolvere i conflitti perché la guerra è la morte della ragione e dei sentimenti. È la morte della politica e della diplomazia. Torniamo alla diplomazia. La sfida è quella indicata da Papa Francesco, la fraternità. Non esiste un vincitore nelle guerre. Dalla guerra usciamo tutti sconfitti e umiliati”. Mons. Savino ha concluso il suo intervento ricordando una frase del vescovo brasiliano Hélder Pessoa Câmara: “Se uno sogna da solo, il suo rimane un sogno; se il sogno è fatto insieme ad altri, esso è già l’inizio della realtà”. “Se sogniamo tutti – ha osservato il presule -, l’Ucraina tornerà terra di pace”.

foto StopTheWarNow

Alla conferenza stampa sono intervenuti anche alcuni dei rappresentanti delle molteplici realtà che compongono la carovana. “Il nostro obiettivo – ha spiegato don Tonio dell’Olio, presidente della “Pro Civitate Christiana di Assisi” – è portare non solo gli aiuti umanitari ma anche seminare semi di pace attraverso l’incontro con persone che subiscono la guerra”. Tutta l’iniziativa è stata possibile grazie ad un piccolo gruppo di persone che ha organizzato ad Odessa l’iniziativa. Tra questi, c’è Alberto Capannini, della Comunità Giovanni XXIII. Prendendo la parola, ha detto: “Noi siamo venuti qui per dire: siamo con voi e non vi lasceremo soli in questo momento”. Il vescovo della Chiesa cattolica latina di Odessa, mons. Stanislav Szyrokoradiuk,  ha spiegato agli italiani della carovana le ragioni che si celano dietro questa guerra. Ha quindi fatto riferimento al 1991, quando l’Ucraina ottenne l’indipendenza dall’Unione Sovietica e alla “Rivoluzione della dignità” quando il popolo scese per strada per la democrazia e l’Europa. “L’Ucraina oggi – ha detto il vescovo – sta pagando questa scelta a caro prezzo”.

“Vorrei fare un appello ai cari amici italiani: fate tutto il possibile per aiutare l’Ucraina a fermare questa guerra, perché, ogni giorno che passa, muoiono tante persone, non solo soldati ma anche civili. Stop the war now, fermate la guerra adesso”. Lo ha detto il vescovo greco-cattolico Mykhaylo Bubniy, esarca di Odessa. “Oggi – ha aggiunto – siamo al 124° giorno dall’inizio della guerra su vasta scala che la Russia ha lanciato contro lo Stato indipendente dell’Ucraina. Ad oggi sono stati registrati più di 5mila morti, di cui moltissimi sono bambini. Questi sono solo i dati ufficiali ma le cifre reali ci diranno che le vittime saranno sono molto di più perché in alcuni luoghi continuano i bombardamenti che impediscono statistiche certe”. A seguito della guerra in Ucraina, circa 14 milioni di persone hanno lasciato le loro case e si sono trasferite in zone più sicure del Paese o all’estero. “Siamo di fronte ad una crisi umanitaria provocata dalla Russia nel 21° secolo. L’Ucraina oggi soffre e sanguina a causa della aggressione russa. Dobbiamo esserne consapevoli”.Il vescovo ha poi voluto chiarire che quello che i russi chiamano “operazione militare speciale” è in realtà “un genocidio del popolo ucraino”. “Siete arrivati nel nostro Paese con una speciale missione”, ha poi aggiunto rivolgendosi ai rappresentanti delle associazioni e dei movimenti che fanno parte della “carovana”. “Consegnare aiuti umanitari in segno di vicinanza e questo è per noi un gesto dal forte valore simbolico. La guerra è il più grande crimine contro l’umanità”.

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Vita sociale

Mariangela Cassano è la nuova presidente di ActionAid Italia

Classe 1976, si occupa di comunicazione, networking, pubbliche relazioni, e organizzazione di eventi

foto: www.bonculture.it
27 Giu 2022

Mariangela Cassano è la nuova presidente di ActionAid Italia. È stata eletta nel corso dell’Assemblea generale dei soci, svoltasi il 25 giugno 2022. Succede a Davide Agazzi, presidente di ActionAid Italia dal 2021. Classe 1976, si occupa di comunicazione, networking, pubbliche relazioni, e organizzazione di eventi. È fondatrice della community #Donnecheammiro, nata nel 2020 per dare voce e valorizzare le storie di donne che vivono e lavorano con coraggio, vitalità, determinazione e passione per interconnettere fra loro donne in Italia e all’estero. Cassano da circa 22 anni opera nel settore della formazione ed è attualmente docente e consulente del dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università Tor Vergata per il master Oscuai – Organizzazione e sviluppo capitale umano in ambito internazionale. Dal 2005 è responsabile eventi presso la Fondazione Symbola. Precedentemente ha coperto la stessa carica all’interno della Federparchi – Federazione italiana parchi e riserve naturali. È rappresentante del comitato comunicazione e stampa di Inclusione Donna (#ID). Nel 2021 è rientrata tra le Unstoppable Women: classifica annuale di Startupitalia, tra le 150 donne da seguire nell’innovazione in Italia: fondatrici, manager, attiviste, ricercatrici che si distinguono per quello che fanno.

foto: actionaid.it

“Dopo dieci anni in ActionAid come socia, inizia per me una nuova avvincente sfida”, ha dichiarato la neo presidente: “Sono onorata di poter collaborare ancor più concretamente alla costruzione di un mondo più equo e più giusto. Nei tre anni di mandato l’obiettivo sarà quello di aumentare e rafforzare l’alleanza con soggetti pubblici e privati che insieme a noi desiderano aumentare la qualità della democrazia e della vita dei cittadini e delle cittadine italiane, in special modo dei giovani”. “Ringraziamo Davide per il lavoro svolto e l’impegno manifestato in questi anni e diamo un caloroso benvenuto a Mariangela nel suo nuovo ruolo”, ha affermato Marco De Ponte, segretario generale di ActionAid Italia, aggiungendo che “grazie alla sua lunga esperienza come professionista amministratrice, formatrice e innovatrice siamo certi che svolgerà con impegno il suo ruolo di presidente ad ActionAid Italia. Le sue capacità e la sua passione saranno per noi una risorsa preziosa per perseguire e continuare il lavoro dell’organizzazione e portare a compimento la strategia Agorà 2028 nella lotta alle disuguaglianze sociali e ridando centralità alla partecipazione attiva di persone e comunità”.

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