Francesco

Migranti e rifugiati, quasi un filo rosso del suo magistero

foto Marco Calvarese-Sir
24 Apr 2025

di Gian Carlo Perego

È indubbio che il volto e la parola di papa Francesco sono stati legati, talvolta strumentalmente, ai migranti. Difficile in poche righe riassumere il ricco magistero sui migranti che ha attraversato e segnato profondamente il suo pontificato e che è in gran parte raccolto in Luci sulle strade della speranza (2019), volume di insegnamenti del Santo padre in materia di pastorale dei migranti, dei rifugiati e delle vittime della tratta, curato dal dicastero per lo Sviluppo umano e integrale.
Segnalerò, pertanto, i passaggi più significativi.
All’indomani della sua elezione, l’8 luglio 2013, papa Francesco compie il suo primo viaggio apostolico a Lampedusa, isola alla frontiera dell’Italia e dell’Europa, portando l’attenzione su quel mare, il Mediterraneo che da strada e via di speranza è diventata per molti migranti in fuga, luogo di sofferenze, cimitero, e sulla responsabilità di tutti nei confronti dei fratelli e sorelle migranti, ripetendo le parole di Dio a Caino: “Dov’è tuo fratello?”. Da quel giorno in questi dodici anni di pontificato il magistero del Papa sui migranti è stato sempre un puntuale richiamo alla loro situazione drammatica, all’impegno delle comunità cristiane, al dovere delle istituzioni di tutelare i diritti fondamentali di chi, soprattutto, era costretto a lasciare – per guerre, disastri ambientali, miseria, sfruttamento, persecuzione politica o religiosa – il proprio Paese.

Nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, del novembre 2013, programma del pontificato, papa Francesco ci spingeva a riflettere su come le strutture di accoglienza e i nostri atteggiamenti possano essere segno concreto dell’amore di Cristo verso tutti, specialmente verso chi ha lasciato la propria terra alla ricerca di dignità e pace: “Ogni straniero che bussa alla nostra porta è un’occasione per un incontro con Gesù Cristo” (n. 39). E il Papa lo ripeteva al parlamento europeo, nel novembre del 2014: “Non si può tollerare che il mar Mediterraneo diventi un grande cimitero […] L’Europa sarà in grado di affrontare i problemi legati all’immigrazione se saprà proporre con chiarezza la propria identità culturale”. Una ‘città affidabile’ papa Francesco la immaginava già nella prima enciclica Lumen fidei – scritta a due mani con papa Benedetto XVI – che non può che essere una città accogliente, aperta.

Anche nella sua seconda enciclica, Laudato si’, del 2015, Francesco mostrava una paterna attenzione nei confronti dei migranti. Egli, fornendoci una prospettiva di grandissima attualità, ci invitava a riflettere come la crisi ecologica e quella sociale fossero due facce della medesima medaglia.
In un contesto in cui è sempre più evidente la tendenza a restringere i margini della protezione internazionale e del diritto di asilo, la scelta del pontefice di imporre il tema dei rifugiati ambientali nell’agenda del dibattito pubblico assumeva un significato particolarmente rilevante.
“É tragico – così si esprimeva Francesco – l’aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale, i quali non sono riconosciuti come rifugiati nelle convenzioni internazionali e portano il peso della propria vita abbandonata senza alcuna tutela normativa» (n. 25). Il 2015, anno della Laudato si’, è anche l’anno della c.d. grande crisi dei rifugiati in Europa, con oltre un milione di persone sbarcate sulle coste europee nel corso dell’anno, con il corpo del piccolo Aylan trascinato esanime su una spiaggia turca che ha commosso il mondo e i 1000 morti e dispersi in acque libiche del canale di Sicilia, il 18 aprile 2015, e i 71 migranti morti nel camion frigo sulla rotta balcanica, tra Austria e Ungheria. Di fronte a questo nuovo esodo papa Francesco, il 16 aprile 2016, visitava il campo profughi di Moria, nell’isola greca di Lesbo, andando di persona per abbracciare, toccare, parlare con quella umanità ferita che scappava dalle guerre e che, arrivando in Europa, non realizzava la speranza di un futuro dignitoso ma, al contrario, si trova in un limbo infernale alle porte dell’Europa, soprattutto a seguito della stipula dell’Accordo Europa-Turchia del 18 marzo 2016.

Un viaggio ecumenico, cattolico-ortodosso, per condividere insieme come Chiese cristiane il dramma dei migranti e dei rifugiati. A seguito della sua prima visita a Lesbo, il Santo padre aveva deciso l’istituzione della Sezione Migranti e Rifugiati, destinata a confluire, nel gennaio 2023, all’interno del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale. Questo Dicastero, istituito con la Lettera apostolica del 17 agosto 2016 in forma di Motu Proprio, Humanam Progressionem, ha “il compito di promuovere la persona umana e la sua dignità donatale da Dio, i diritti umani, la salute, la giustizia e la pace”; si interessa “alle questioni relative all’economia e al lavoro, alla cura del creato e della terra come «casa comune», alle migrazioni e alle emergenze umanitarie”; approfondisce e diffonde la dottrina sociale della Chiesa sullo sviluppo umano integrale (Predicate Evangelium, n.163). Il Messaggio per la Gmmr 2018 è un testo ricco di proposte e di azioni concrete e che possiamo considerare centrale nel magistero di papa Francesco. Il Papa, infatti, indicava le linee guida magisteriali nei confronti dei migranti, ma dal forte significato politico, che ruotano intorno a quattro verbi azione: “accogliere, proteggere, promuovere e integrare”.

Sempre nel 2018 il viaggio nelle repubbliche Baltiche, l’ospitalità delle differenze e l’apertura cordiale sono stati due dei temi chiave del viaggio di Francesco, i quali non sono affetti da quelle pesanti derive populiste che tendono a «eliminare, cancellare o espellere» le altre culture, ma soprattutto per richiamare l’Unione europea. Riassume bene questo un passaggio di un’omelia a Vilnius, il 22 settembre, dove affermava: “Come sarebbe bello se a questa facilità di muoversi da un posto all’altro si aggiungesse anche la facilità di stabilire punti d’incontro e solidarietà fra tutti, di far circolare i doni che gratuitamente abbiamo ricevuto, di uscire da noi stessi e donar ci agli altri, accogliendo a nostra volta la presenza e la diversità degli altri come un dono e una ricchezza nella nostra vita”. Nel dicembre 2021, il Santo padre decideva di visitare nuovamente l’isola greca di Lesbo, recandosi presso il campo profughi di Kara Tepe, che ha, in qualche modo sostituito, quello di Moira, che era stato incendiato. Francesco, nella consapevolezza di quanto poco sia cambiato a cinque anni dalla sua prima visita, rinnovava, senza mezzi termini, il proprio appello alla comunità internazionale a non voltare le spalle sul dramma dei migranti e porre fine a quello che definiva il “naufragio di civiltà”.

E aggiungeva: in Europa “è triste sentir proporre, come soluzioni, l’impiego di fondi comuni per costruire muri, per costruire fili spinati”. Nel settembre 2023, a dieci anni dalla visita apostolica a Lampedusa, il pontefice sceglieva di visitare la città di Marsiglia in occasione della conclusione dell’edizione 2023 dei Rencontres Méditerranéennes, sul tema “Mediterraneo mosaico di speranze”. Da Marsiglia, padre Francesco ricordava che non possiamo continuare a leggere il fenomeno migratorio secondo quella logica emergenziale che trasforma un fenomeno strutturale in “problema” e condannava apertamente quelle narrazioni che fondano la retorica dell’invasione e alimentano “le paure della gente”, ribadendo con forza: “Chi rischia la vita in mare non invade, cerca accoglienza». Allo stesso modo, non esitava a qualificare come “gesti di odio contro i fratelli […] travestiti da equilibrio” quelle normative nazionali finalizzate a limitare le attività di soccorso delle Ong operanti nel Mar Mediterraneo. Le migrazioni come ‘benedizione’ e ‘segno dei tempi’ ritornano rispettivamente nell’enciclica Fratelli tutti (2020), dove, nel capitolo quarto dell’enciclica, Papa Francesco approfondiva la stratta correlazione tra la verità della fratellanza universale e il fenomeno migratorio, e nella Bolla d’indizione del Giubileo 2025, dove i migranti, gli esuli, i profughi e rifugiati chiedono che “la comunità cristiana sia sempre pronta a difendere i diritti dei deboli” e a spalancare “con generosità le porte dell’accoglienza, perché a nessuno venga mai a mancare la speranza di una vita migliore” (n.11). Un messaggio ripreso anche nella lettera di solidarietà ai vescovi degli Stati Uniti (10.2.2025), in cui il Papa condivide la condanna delle “deportazioni di massa” dei migranti latinoamericani da parte del nuovo Governo degli Stati Uniti, perché è un atto che “lede la dignità di molti uomini e donne, e di intere famiglie” e invita a “non cedere a narrative che discriminano e causano inutili sofferenze ai nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati”.

L’ultima parola per i migranti, per i quali purtroppo “quanto disprezzo si nutre ancora a volte”, papa Francesco l’ha scritta nel messaggio pasquale ‘Urbi et Orbi’, il 20 aprile 2025, nel giorno di Pasqua, il giorno prima della sua morte, invitando tutti “a non cedere alla paura che chiude”.

Carità e giustizia camminano sempre insieme nei gesti e nel magistero di papa Francesco sui migranti: un’eredità che difficilmente si disperderà, perché ha coniugato la Parola del Signore e la storia nella grande parabola del giudizio finale: “Ero forestiero e mi avete accolto” (Mt 25,35).

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Francesco

Papa Francesco e il Creato: l’eredità che ci lascia per la cura della casa comune

foto Cei-Sir
24 Apr 2025

di Alfonso Cauteruccio

Sono trascorsi dieci anni dalla pubblicazione della Laudato si’. Molti furono sorpresi dall’uscita di un documento che divise l’opinione pubblica e gli stessi fedeli. Per alcuni il papa non doveva intervenire su temi che non trattano di fede e di costumi; per altri il documento era troppo tecnico e usciva dai canoni delle encicliche sociali precedenti; per altri ancora minava la centralità dell’uomo rispetto alle creature per preferire piante e animali. Ma vi erano molte voci che guardavano all’enciclica con favore: si era aperto un canale preferenziale di dialogo con la scienza; la Chiesa tornava ad occuparsi del Creato dopo un vuoto lasciato all’attivismo laico; si riscopriva la teologia della creazione; si stigmatizzava la logica del consumo e della voracità dell’uomo; si chiedeva un atteggiamento di responsabilità e di cura di fronte al depauperamento delle risorse; si favoriva una spiritualità agganciata all’armonia con il creato; si chiariva che un approccio cristiano non poteva che essere quello dell’ecologia “integrale”.

A distanza di dieci anni, nonostante l’impegno e la chiarezza dei moniti – basti ricordare la Laudate Deum che esortava all’impegno nella lotta ai cambiamenti climatici –, “cresce un’ecologia superficiale o apparente che consolida un certo intorpidimento e una spensierata irresponsabilità” (59). Una irresponsabilità e un dormicchiare che ricordano un po’ le vergini stolte del Vangelo.

Credo però che la consapevolezza dell’esigenza di vivere in armonia con il Creato sia diventata una ricerca che sta facendosi strada in ogni ambito della vita ecclesiale: esercizi spirituali, catechismo, incontri di preghiera, insegnamento scolastico di ogni tipo e grado.Bisogna quindi riconoscere che il “processo”, davvero generativo, avviato da papa Francesco sulla cura della casa comune sta maturando e crescendo con persone e comunità locali desiderose di cercare nuove forme di impegno e di sintonia con la casa comune.

Sottolineo cinque ambiti che mi sembra possano maggiormente suscitare interesse ed impegno: spiritualità, economia, salute, decoro urbano, bellezza. Quello della spiritualità che porta ad immergersi nella contemplazione e nel recupero del vivere armonicamente accogliendo e accompagnando la preziosa compagnia delle altre creature. Quello dell’economia mediante la ricerca di nuove forme di economie più attente alla sostenibilità e alle future generazioni. Quello della salute che si coniuga col cibo sano, con stili di vita più attenti, con il vivere in e la natura come “terapia”, con cure che utilizzano rimedi naturali. Quello del decoro urbano che non è solo ricerca di spazi puliti ma di spazi che favoriscano la convivialità e le relazioni. Infine quello della bellezza che ci spinge a “copiare” la natura in ogni forma di arte.

Grazie papa Francesco per questo bel regalo che ci lasci in eredità: la consapevolezza che vivere in armonia con il Creato significa sentirsi riappacificati e desiderosi di far parte del canto di lode a Dio che tutte le creature sono chiamate a rivolgergli costantemente e in ogni luogo.

 

* presidente di Greenaccord

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Festeggiamenti patronali

Con ‘Terre Cataldiane’ il 30 inizia la novena, Roccaromana tra le delegazioni

24 Apr 2025

di Silvano Trevisani

Per l’inizio solenne della novena di San Cataldo, mercoledì 30 aprile si svolgerà a Taranto: ‘Terre Cataldiane Vade Tarentum’, evento di fede e devozione che unisce i luoghi legati al culto cataldiano.
Per l’occasione, voluta dal parroco della Cattedrale, monsignor Emanuele Ferro, si ritroveranno in città le delegazioni di comunità italiane unite nella devozione del santo patrono. Le Terre Cataldiane si incontrano per vivere insieme una celebrazione intensa ed emozionante nel segno della comune venerazione, alla quale parteciperà il vescovo irlandese di Waterford e Lismore terra natale di san Cataldo, Alphonsus Cullinan.

Ricordiamo che nell’ottobre scorso una delegazione tarantina, guidata da monsignor Ferro, si era recata in visita nella diocesi di Waterford Lismore, dove incontrò il vescovo Cullinan proprio per costruire una relazione tra Taranto e i luoghi di provenienza del nostro patrono. Ricordiamo, inoltre, che nel 2018 si era svolto a Taranto il primo raduno delle Terre Cataldiane.

In vista di questo importante appuntamento, che unisce in un rapporto di fede e fraternità le comunità legate al culto di san Cataldo, abbiamo rivolto alcune domande a Livio Di Zazzo, fautore dell’incontro tra le comunità cataldiane, in virtù della profonda devozione che al santo rivolge il Comune campano di Roccaromana, in provincia di Caserta.

Come nasce l’idea delle Terre Cataldiane?

Una ventina di anni fa nacque l’idea di conoscere più de vicino le altre realtà nelle quali era vivo il culto di Cataldo, patrono della cittadina di Roccaromana. Quindi, venimmo in contatto con varie comunità, a partire da Taranto, poi Supino in provincia di Frosinone, Corato in provincia di Bari, e via via tante altre, come Cagnano Varano (Foggia), Genga (Ancona), Brienza (Potenza), San Cataldo (Caltanissetta), Cirò (Crotone) e così via. Ci siamo gemellati con Supino nel 2009 e con Corato nel 2024

Sono molti i Comuni italiani che hanno scelto Cataldo come loro patrono, quanti saranno presenti a Taranto e cosa li unisce?

Ne abbiamo contattato complessivamente 17. A Taranto saranno certamente presenti, il 30 aprile, le delegazioni di Roccaromana, Supino, Corato, San Cataldo e Cirò. Ma altre adesioni sono previste ancora in questi giorni. A unirli è la comune venerazione di un grande santo, molto amato, assieme al desiderio di condividere i segni di una fede che trova in lui un momento unificante.

Quali sono le origini della devozione di Roccaromana?

Risalgono a un evento miracoloso attribuito al santo, il cui culto si deve alla famiglia nobile degli Arcamone, che lo aveva portato da Taranto, dove un loro congiunto era stato vescovo. Ebbene, la tradizione vuole che san Cataldo abbia salvato la città di Roccaromana, rendendola immune dalla peste che, nel XV secolo, aveva portato morte e distruzione in tutti i centri vicini. Il culto di san Cataldo così subentrò a quello di San Michele Arcangelo, fortemente voluto dai Longobardi. Grazie a Lucrezia Arcamone la piccola cappella originariamente dedicata al santo venne trasformata nella Chiesa madre di San Cataldo.

Quando si festeggia Cataldo a Roccaromana?

Vi sono tre momenti distinti. Il primo è quello dell’8 marzo, nel quale si festeggia il transito del santo. Poi, il 10 maggio è la festa canonica in comune con Taranto. Ma la festa maggiore si svolge la quarta domenica di settembre, in ricordo dell’evento prodigioso ricordato. È in questa occasione che ha luogo la processione e vi è il coinvolgimento del Comune, che dona al santo ceri e fiori.

La devozione è sentita?

Molto sentita. Anche se Roccaromana non raggiunge i mille abitanti, posso dire che la partecipazione ai festeggiamenti è molto alta, sicuramente più che in altre feste canoniche. San Cataldo è certamente capace ancora di parlare al cuore della gente che gli attribuisce immutata devozione. Anche in un periodo complicato come quello che stiamo vivendo.

La manifestazione del 30 aprile prevede l’incontro alle ore 16 a piazzale Democrito delle delegazioni che si imbarcheranno sulla motonave Clodia per un giro turistico nel mari di San Cataldo. Alle 17 è previsto lo sbarco al Castello aragonese e alle 17,30 l’incontro, a Palazzo di città, con le autorità militari, civili e religiose delle Terre Cataldiane.

Alle 19 il corteo dei partecipanti prenderà le mosse dalla cappella di san Leonardo nel Castello per raggiungere la basilica Cattedrale con le reliquie e il simulacro argenteo del santo. Alle 19,30 avrà luogo la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Cullinan. Assisterà alla celebrazione l’arcivescovo di Taranto, Ciro Miniero.

A seguire il convivio per tutti i partecipanti nel Centro San Gaetano.

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Festeggiamenti patronali

Mercoledì 30 a Taranto ‘Terre Cataldiane Vade Tarentum’

Evento di fede e devozione che unisce i luoghi legati al culto cataldiano

24 Apr 2025

Il programma civile e religioso dei festeggiamenti per il Santo Patrono, organizzato da diversi mesi, si svolgerà nel rispetto dovuto al lutto per la scomparsa di papa Francesco.
Per l’inizio solenne della novena di San Cataldo, mercoledì 30 aprile si svolgerà a Taranto ‘Terre Cataldiane Vade Tarentum’, evento di fede e devozione che unisce i luoghi legati al culto cataldiano. Per l’occasione, voluta dal parroco della Cattedrale monsignor Emanuele Ferro, si ritroveranno in città le delegazioni di comunità italiane unite nella devozione del santo patrono. Le Terre Cataldiane si incontrano per vivere insieme una celebrazione intensa ed emozionante nel segno della comune venerazione, alla quale parteciperà il vescovo irlandese di Waterford e Lismore terra natale di san Cataldo, Alphonsus Cullinan.

Ricordiamo che nell’ottobre scorso una delegazione terantina, guidata da monsignor Ferro, si era recata in visita nella diocesi di Waterford Lismore, dove incontrò il vescovo Cullinan proprio per costruire una relazione tra Taranto e i luoghi di provenienza del nostro patrono. Ricordiamo, inoltre, che nel 2018 si era svolto a Taranto il primo raduno delle Terre Cataldiane.

La manifestazione del 30 aprile prevede l’incontro alle ore 16 a piazzale Democrate delle delegazioni che si imbarcheranno sulla motonave Clodia per un giro turistico nel mari di San Cataldo. Alle 17 è previsto lo sbarco al Castello aragonese e alle 17,30 l’incontro, a Palazzo di città, con le autorità militari, civili e religiose delle Terre Cataldiane.

Alle 19 il corteo dei partecipanti prenderà le mosse dalla cappella di san Leonardo nel Castello per raggiungere la basilica Cattedrale con le reliquie e il simulacro argenteo del santo. Alle 19,30 avrà luogo la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Cullinan. Assisterà alla celebrazione l’arcivescovo di Taranto, Ciro Miniero.

A seguire il convivio per tutti i partecipanti nel Centro San Gaetano.

 


   

 

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Sport

L’eredità di Francesco: l’equilibrio della Chiesa nella metafora della bici

24 Apr 2025

di Paolo Arrivo

Come un goal subìto dopo pochi secondi di gioco. Oppure in pieno recupero, in zona Cesarini, dentro la partita della vita: la scomparsa di papa Bergoglio è stata, anche per il popolo sportivo, una doccia fredda. Un dolore che solo la forza della fede attenua. I suoi grandi insegnamenti hanno raggiunto pure il mondo dello sport, naturalmente. Per esperienza diretta di uno sportivo: pensiamo all’amore per il calcio, in particolare per il San Lorenzo, ai trascorsi giovanili nel basket, e al tennis inteso come strumento di dialogo. Il luogo dove non si può vincere sempre.

Calcio in lutto per Francesco

Il campionato di serie A vive la sua fase clou decisiva. Ogni sfida, peraltro incastonata tra le partite di Coppa, può essere decisiva, nella lotta per lo scudetto o per la salvezza. Ciononostante la Lega Serie A e la Figc hanno deciso di fermarsi doverosamente: dapprima il lunedì dell’Angelo, giorno in cui ci ha lasciato Francesco, con il rinvio di quattro partite; poi sabato, quando si terranno le esequie, slitteranno tre incontri, tra cui Inter-Roma. Ieri sera il derby tra i nerazzurri e il Milan a San Siro è stato preceduto da un minuto di raccoglimento. Un momento di grande commozione – per la cronaca, ha vinto il Diavolo per 3-0. Scenario che si ripeterà, per il resto della settimana, in tutta Italia, in tutte le manifestazioni agonistiche. Il rinvio delle partite ha reso il calendario della serie A ancora più fitto. Poco male: rispetto a un evento planetario, che obbliga a riflettere sul senso dell’esistenza e del silenzio, non c’è margine di discussione. Lo stop del calcio non è peraltro un avvenimento inedito. Lo stesso accadde nel 2005, quando ci lasciò Giovanni Paolo II. Un altro grande papa, un gigante della fede che ha benedetto lo sport anche da praticante sciatore.

La metafora della bicicletta

Francesco non poteva che condividere il complesso di valori rappresentato dallo sport. Perché lo sport è vita. E sempre più prezioso in una società dove la cultura della morte e della distruzione si fa sempre più pervasiva. “L’equilibrio della Chiesa assomiglia all’equilibrio della bicicletta: è salda e va bene quando è in moto; se tu la lasci ferma, cade”. Lo disse Francesco. Che tante volte è salito sulla due ruote, utilizzandola principalmente come mezzo di trasporto – Peter Sagar gli fece dono di una speciale bici da corsa. Papa Bergoglio ha fatto di tutto per tenere in equilibrio la bicicletta della Chiesa. Un mezzo che necessita di manutenzione, di cura, perché possa macinare chilometri in sicurezza, efficienza e autonomia; che può far raggiungere le più alte vette, se si ha la forza, la pazienza e la perseveranza nel percorrere tutta la salita. Così la Chiesa richiede che qualcuno la governi rimanendo sul sellino. Gli uomini passano, le idee restano: la comunità dei fedeli troverà un nuovo carismatico e amato pontefice, figura nella quale riporre sempre la massima fiducia, perché espressione della volontà divina. Ma è l’unicità di ogni persona a essere motivo di rimpianto quando l’abbiamo perduta. Il successore di Benedetto XVI, però, non mancherà di far sentire la sua presenza a chi lo prega.

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Francesco

Il 27 aprile, per la seconda domenica di Pasqua, messa presieduta dal card. Parolin

Alle 10.30, sul sagrato della basilica di San Pietro avrà luogo la celebrazione eucaristica in suffragio di papa Francesco

24 Apr 2025

Il 27 aprile, II domenica di Pasqua o della Divina Misericordia, nel secondo giorno dei Novendiali, alle 10.30, sul sagrato della basilica di San Pietro avrà luogo la celebrazione eucaristica in suffragio di papa Francesco, presieduta dal card. Pietro Parolin, già segretario di Stato: lo rende noto l’ufficio delle celebrazioni liturgiche, ricordando che le celebrazioni dei Novendiali sono aperte a tutti, ma prevedono, ogni giorno, la partecipazione di un gruppo diverso, “tenuto conto dei suoi legami con il Romano Pontefice”, come stabilisce l’Ordo Exsequiarium Romani Pontificis. Nel secondo giorno sono invitati in modo particolare i dipendenti e i fedeli della Città del Vaticano. In questa celebrazione saranno presenti anche numerosi adolescenti giunti a Roma per il Giubileo a loro dedicato. Non sono necessari i biglietti d’ingresso.
Continua, intanto, l’afflusso massiccio dei fedeli per l’ultimo saluto a papa Francesco, con lunghe file da tutti gli accessi. Dopo la prolungata apertura di questa notte, la basilica di San Pietro è stata chiusa soltanto dalle ore 5.30 alle 7.
Ieri, fino alle 19.30, erano 20mila i fedeli arrivati in basilica per rendere omaggio al pontefice scomparso, collocato ai piedi dell’altare della Confessione, sotto il baldacchino del Bernini. La bara è adagiata su una pedana leggermente sopraelevata, e non su un catafalco.
I funerali, presieduti dal card. Giovanni Battista Re, si svolgeranno sabato 26 aprile alle 10, sul sagrato della basilica di San Pietro, e saranno trasmessi in diretta mondiale. Attese 170 delegazioni.

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Diocesi

Lunedì, in Cattedrale santa messa dell’arcivescovo Miniero in suffragio di papa Francesco

24 Apr 2025


L’arcivescovo mons. Ciro Miniero celebrerà una santa messa in suffragio  di papa Francesco lunedì 28 aprile in cattedrale alle ore 19. Ne ha dato avviso attraverso una lettera inviata alla comunità diocesana. Eccone il testo:

‘Carissimi fratelli e sorelle,
in questi giorni nelle nostre comunità parrocchiali abbiamo avuto modo di pregare per il Santo Padre Francesco.
È mio desiderio che lunedì 28 aprile, alle ore 19, celebrare una messa in suo suffragio nella nostra Cattedrale di San Cataldo.
Confido, che seppur impegnati in ricorrenze di feste patronali e celebrazioni di sante cresime, possiate partecipare numerosi alla preghiera’.
† Ciro Miniero
arcivescovo metropolita di Taranto

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Francesco

Emiliano Manfredonia: “Da lunedì siamo più soli, ma Francesco ha tracciato la strada”

foto Vatican media-Sir
23 Apr 2025

“Sono giorni tristi in cui ci sentiamo tutti più soli, ma non possiamo fare altro che ringraziare Dio per il grande dono per l’umanità rappresentata da papa Francesco – ha commentato il presidente nazionale delle Acli, Emiliano Manfredonia -. Noi aclisti conserveremo indelebile il ricordo delle due udienze che ha voluto dedicarci, nel 2015 e nel 2024, ed in particolare in quest’ultima, avvenuta per l’ottantesimo anniversario della nostra associazione, ci ha lasciato la descrizione di un diverso stile della nostra azione quotidiana, che sia insieme “popolare, sinodale, democratico, pacifico e cristiano” in modo da “ crescere nella familiarità con il Signore e nello spirito del Vangelo, perché esso possa permeare tutto ciò che facciamo e la nostra azione abbia lo stile di Cristo e lo renda presente nel mondo”.
Ci lascia all’indomani della Pasqua che ha voluto ardentemente celebrare, ci lascia con l’estremo appello alla pace, che nasce dal disarmo dei cuori, delle parole, delle mani: sappiamolo raccogliere, lo sappiano raccogliere anche i potenti del mondo. È stato proprio un Papa delle Acli. Fino all’ultimo è stato testimone di forza e coraggio nella fragilità della malattia che vedevamo tutti. Preghiamo perché i sentieri che lui ha aperto continuino ad essere battuti con coraggio e dedizione, sapendo, come Francesco ci ha insegnato, “che è più importante avviare processi che occupare spazi”.

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Francesco

Francesco sarà sepolto a Santa Maria Maggiore
Card. Makrickas: “Ha voluto che la sua tomba parlasse della sua vita”

ph Marco Calvarese-Sir
23 Apr 2025

di Marco Calvarese

Il card. Rolandas Makrickas, coadiutore della basilica papale di Santa Maria Maggiore, custodisce oggi una delle responsabilità più intime e solenni legate al pontificato di papa Francesco: vegliare sulla realizzazione delle sue ultime volontà. Dopo la morte del Santo padre, avvenuta lunedì 21 aprile, sarà proprio questa basilica a custodire le sue spoglie, in un sepolcro semplice come la sua vita. Il Papa venuto “dalla fine del mondo” che ha scelto di lasciare come eredità spirituale una testimonianza viva di fiducia nella Madre di Dio, anche attraverso la sua sepoltura accanto all’icona della Salus Populi Romani, che testimonia una devozione mariana profonda, quotidiana, reale, che lo ha fatto restare accanto a Maria, nella vita e nella morte. Una scelta che appare come un gesto profetico, oltre che una chiamata alla Chiesa tutta a vivere una fede umile, affidata, concreta.

foto Marco Calvarese-Sir

Quale significato assume per la basilica di Santa Maria Maggiore la scelta di papa Francesco di essere sepolto qui, nella semplicità da lui richiesta?
Per noi, accogliere la tomba di papa Francesco, significa accogliere un padre che, dopo aver vissuto tutta la sua vita nella semplicità, come testimoniato anche dalla scelta del nome per il suo pontificato, ritorna a casa non come uno sconosciuto, ma come uno che ha visitato questa basilica ben 126 volte. Nei più importanti momenti della sua vita, come i viaggi apostolici o il ritorno dall’ospedale.
Noi lo accogliamo come uno che non solo torna nella casa del Padre, ma anche della Madre.

Come vive personalmente la responsabilità che papa Francesco le ha affidato per la gestione delle sue ultime volontà riguardanti la sepoltura?
È veramente un onore, ma anche una grande responsabilità essere esatti in tutto ciò che il Santo padre ha chiesto di realizzare per la sua tomba: perché lui ha voluto che la sua tomba parlasse della sua vita.
Ha scelto una tomba molto semplice con le cose essenziali, come è stata anche la scelta di vivere a Casa Santa Marta e non nel Palazzo. Io paragono queste due scelte perché rappresentano la continuità, dalla quale si capisce perché la tomba così semplice. Perché lui ha vissuto in modo molto semplice con le persone, con i fedeli ai quali era molto vicino, soprattutto ai poveri e ai bisognosi. E vuole essere anche ricordato con la sua tomba, con la sua presenza anche da defunto, in questo modo semplice e vicino alla Madre di Dio.

Quale ricordo personale custodirà più caro del rapporto con papa Francesco?
Lo ricordo come una persona molto semplice, umile e molto attenta a ogni persona e ai diversi bisogni. Una persona che ha un buon senso dello humor e che sempre vuole dire una parola buona per incoraggiare, ma anche mostrare che si può scherzare e mostrare che la vita è una cosa seria.

Quale eredità spirituale lascia Francesco ai futuri pontefici e alla Chiesa universale attraverso la sua speciale devozione alla Madonna, culminata nella scelta di riposare qui?
Arrivano folle di persone in questa basilica perché hanno visto come prega il Papa.

Persone e fedeli vogliono venire e pregare anche loro, lì dove pregava Francesco. Questo è merito del suo esempio, un insegnamento spontaneo venuto dal suo esempio. Non con grandi discorsi, prediche, ma con il suo esempio personale.

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Francesco

20mila fedeli in piazza per il rito della traslazione

foto Siciliani Gennari-Sir
23 Apr 2025

La bara aperta di papa Francesco è arrivata in piazza San Pietro, salutata dall’applauso dei fedeli che gremiscono i settori delimitati dal colonnato del Bernini, come è sempre avvenuto in questi dodici anni di pontificato per le udienze del mercoledì e le celebrazioni pontificie, all’ultima delle quali, quella di Pasqua, Bergoglio è stato presente per la benedizione Urbi et Orbi e per quello che sarebbe stato l’ultimo suo saluto al tanto amato “popolo di Dio”.
Ventimila le persone presenti in piazza, secondo la stima delle forze dell’0rdine. È il momento più commovente del rito della traslazione. La bara aperta con il corpo di Papa Francesco si trova ora nella basilica di San Pietro, ai piedi dell’altare della Confessione, grazie all’aiuto dei sediari pontifici che l’hanno deposta su un’apposita pedana leggermente sopraelevata, e non su un catafalco, come avveniva per gli altri Pontefici e come aveva disposto lo stesso Bergoglio, modificando l’“Ordo exsequiarum Romani Pontificis”. È l’ultimo atto del rito della traslazione della bara del Romano Pontefice, svoltosi questa mattina nell’orario previsto dal Collegio cardinalizio durante la prima Congregazione generale. Dopo il momento di preghiera presieduto dal card. Kevin Joseph Farrell, camerlengo di Santa Romana Chiesa, la traslazione è cominciata con la processione di circa 80 cardinali cardinali dietro la bara portata dai sediarii, che da piazza Santa Marta ha proseguito in piazza dei Protomartiri Romani, per poi dirigersi verso l’Arco delle Campane ed entrare in piazza San Pietro, accedendo alla basilica attraverso la porta centrale passando prima per la piazza e il tributo dei fedeli. Una volta collocata la bara aperta ai piedi dell’Altare della Confessione, il cardinale camerlengo, che ha presieduto la Liturgia della Parola, l’ha aspersa con l’acqua benedetta. A fare da sfondo, il canto delle litanie dei santi.

In piedi, immobile, in lacrime: è la ‘fotografia’ di suor Geneviève Jeanningros, piccola sorella di Gesù, amica personale di papa Francesco, che al termine del rito della traslazione si è avvicinata all’altare della Confessione, mettendosi di lato e sostando lungamente in una preghiera silenziosa, mentre le lacrime le scendevano copiosamente sul viso. Suor Geneviève, definita spesso da Bergoglio ‘l’enfant terrible’, svolge da più di 50 anni un’azione pastorale in mezzo alle comunità Lgbtq+ e ai giostrai del Luna Park di Ostia Lido, con i quali condivide la vita abitando in una roulotte insieme alla consorella Anna Amelia Giacchetto. All’uscita di Bergoglio dal policlinico Gemelli, per tornare a Casa Santa Marta, la religiosa si era detta “molto contenta”, ma aveva anche aggiunto di aver trovato il pontefice “molto provato”.

Alle 11, intanto, è cominciato l’omaggio dei fedeli, che possono venerare la salma di papa Francesco in basilica fino alle 24. Domani l’omaggio sarà possibile dalle 7 alle 24, mentre venerdì dalle 7 alle 19. Sabato, alle 10, la messa esequiale, presieduta dal card. Giovanni Battista Re, decano del collegio cardinalizio, in piazza San Pietro.

Secondo la nuova edizione dell’Ordo Exsequiarium Romani Pontificis, approvata da papa Francesco il 29 aprile 2024, rappresenta la seconda stazione del rito delle esequie, che si articola in tre momenti: nella casa del Pontefice defunto, nella basilica vaticana e nel luogo della sepoltura.

La prima stazione ha previsto il rito della constatazione della morte nella cappella privata della casa del pontefice e la deposizione della salma nella bara di legno e zinco, che sarà chiusa venerdì 25 aprile alle ore 20. La terza stazione, secondo l’“Ordo” aggiornato da papa Francesco, prevede la traslazione del feretro dalla basilica di San Pietro al luogo della sepoltura, che per volontà testamentaria di Bergoglio sarà nella basilica di Santa Maria Maggiore, tra la Cappella Paolina, dove si trova l’icona della Madonna Salus Populi Romani, e la Cappella Sforza. Il cardinale Camerlengo presiederà il rito della tumulazione, affidando il pontefice alla misericordia del Padre. Dopo l’apposizione dei sigilli, la bara sarà deposta nel sepolcro.

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Francesco

Lucia Ercoli (Medicina solidale): “Francesco, testimone dell’impegno accanto ai più fragili”

23 Apr 2025

“In questi anni, papa Francesco è stato il nostro faro e un testimone credibile di speranza e di fede. A lui inviamo oggi il nostro più sentito ringraziamento per le tante iniziative che ci ha ispirato, a cominciare proprio da quelle che abbiamo portato avanti direttamente in collaborazione con il Vaticano, come l’ambulatorio e farmacia di strada a Lungara, l’attività di strada per i migranti in transito con camper del Vaticano e l’ambulatorio Madre di Misericordia sotto il Colonnato di San Pietro”: lo ha detto Lucia Ercoli, coordinatrice di Medicina solidale e presidente di Fonte d’Ismaele.

dottoressa Lucia Ercoli – foto Medicina solidale

“A Francesco – ha aggiunto – vogliamo dedicare non soltanto le nostre preghiere più intime per accompagnare la sua anima, ma anche un momento di preghiera con tutti i nostri operatori e le persone che assistiamo ogni giorno. Sarà un modo per ricordarci ancora di più quanto lui ha fatto per noi e per impegnarci a mantenere vivo il suo esempio e i suoi insegnamenti nel nostro lavoro di tutti i giorni”.

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Diocesi

I cristiani e il potere politico: quinto appuntamento del corso di formazione dell’ufficio Cultura

Si è svolto martedì 22, nell’ambito del corso di formazione intitolato: “I Cristiani nel mondo, pellegrini di speranza”

23 Apr 2025

di Lorenzo Musmeci

L’ufficio diocesano Cultura ha recentemente proposto il quinto appuntamento del corso di formazione intitolato: “I Cristiani nel mondo, pellegrini di speranza”.
L’appuntamento sul tema “I cristiani e il potere politico”, si è svolto martedì 22 aprile, alle ore 18, nella parrocchia S. Roberto Bellarmino. Gli incontri sono curati da don Antonio Rubino, Vicario Episcopale per la Cultura, e sono guidati dal prof. Lino Prenna, Docente Universitario.

Il tributo a Cesare

Come ha ricordato il prof. Prenna in apertura, è legittimo chiedersi se la religione cristiana sia compatibile o incompatibile con il potere politico. Il relatore ha affermato che: “Un testo utile a sciogliere questa questione è il passo evangelico del tributo a Cesare. La pagina del Vangelo in cui Gesù scioglie il conflitto tra il potere politico e quello religioso è fondamentale. È doveroso chiedersi se tra questi due poteri, rappresentati da Cesare e da Dio, ci sia compatibilità o meno. La provocazione che viene mossa a Gesù è portatrice di un problema di coscienza: è lecito pagare il tributo a Cesare (che consisteva in un denaro d’argento con l’effige dell’imperatore)? Un popolo con una sua religione, ma dominato da un potere straniero e pagano, come può conciliare il pagamento del tributo a Cesare con la propria religione? Il tributo comporta il riconoscimento dell’autorità assoluta e divina di Cesare. Pur consapevole di questo problema di coscienza, Gesù risponde a quanti vogliono tendergli un tranello.
Presso gli uomini della legge, che presiedono alla vita religiosa del popolo, ci sono varie posizioni: i sadducei pensano che sia opportuno pagare il tributo a Cesare anche escludendo, per lo meno in cuor proprio, l’autorità assoluta dell’imperatore; gli zeloti sono intransigenti e ritengono incompatibile l’autorità suprema di Dio con quella di Cesare; i farisei sono gli uomini del compromesso e accettano per opportunismo che si paghi il tributo a Cesare. Gesù dice di rendere a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”.

La legittimazione del potere

L’incontro è proseguito con una riflessione sulla legittimazione del potere. Il prof. Prenna ha ricordato che: “Il potere politico, come tale, ha una sua legittimazione. Gesù non mette sullo stesso piano Dio e Cesare, ma le attività politiche e quelle religiose. Entrambe le attività hanno pari dignità perché sono per prima cosa umane.  La fede è l’assoluto che viene tradotto nel relativo delle forme espressive della religione. Le attività religiose sono tanto relative quanto le attività politiche. Entrambe sono legate alla cultura”.

Religione e politica: distinte ma non separate

Proseguendo nella sua esposizione, il relatore ha chiarito che la religione e la politica sono distinte, ma non separate: “Il corpo umano è un’unità di organi non separati, ma distinti.  Analogamente, religione e politica non sono separate, ma distinte. Da questa distinzione nasce la laicità. Essa riconosce che i due poteri sono compatibili, anche se distinti. L’articolo VII della Costituzione dice che la Chiesa e lo Stato sono indipendenti e sovrani ed enuncia, dunque, il principio di laicità, che non va confuso né con il laicismo né con il clericalismo. Il laicismo è la negazione di Dio nella vita umana. Il clericalismo è la negazione dell’umano nella vita ecclesiale, è l’assolutizzazione della religione”.
Questi concetti si ritrovano anche nella Costituzione “Gaudium et Spes” e, in particolare, nel capitolo IV della II parte, al paragrafo 76: “La comunità politica e la Chiesa. È di grande importanza, soprattutto in una società pluralista, che si abbia una giusta visione dei rapporti tra la comunità politica e la Chiesa e che si faccia una chiara distinzione tra le azioni che i fedeli, individualmente o in gruppo, compiono in proprio nome, come cittadini, guidati dalla loro coscienza cristiana, e le azioni che essi compiono in nome della Chiesa in comunione con i loro pastori. La Chiesa che, in ragione del suo ufficio e della sua competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico, è insieme il segno e la salvaguardia del carattere trascendente della persona umana”.

La liberazione degli schiavi

Le ultime battute del relatore sono servite a chiarire il concetto di “liberazione degli schiavi”. È il contesto giubilare a ispirare quest’ultima riflessione. “I tre grandi gesti che la tradizione ebraica del Giubileo era solita praticare, secondo il Levitico, erano: il riposo della terra, la remissione dei debiti e la liberazione degli schiavi. Il Levitico, invero, afferma: E santificherete il cinquantesimo anno, e proclamerete l’affrancamento nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà, e ognuno di voi tornerà nella sua famiglia (Lv 25, 10).  Nel mondo antico, chi aveva contratto un debito e non era in grado di restituirlo, diventava schiavo del creditore e doveva risarcirlo con il proprio lavoro o con il prezzo della vendita ad altri. Il Giubileo permetteva di riportare in libertà gli schiavi, chiudendo il sistema di schiavitù”.

Il prossimo incontro

Il prof. Prenna ha concluso annunciando che il prossimo incontro del corso di formazione tratterà il tema: “La fraternità, per costruire la democrazia”. L’appuntamento è per il 13 maggio, con inizio alle ore 18 e ingresso da via San Roberto Bellarmino. Per qualunque informazione si rimanda al sito dell’ufficio di pastorale della Cultura: http://cultura.diocesi.taranto.it/

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