Eventi culturali in provincia

Martina Franca, in San Domenico presentazione del libro di Claudia Koll

29 Lug 2025

di Angelo Diofano

A Martina Franca, in occasione dei solenni festeggiamenti in onore di Maria Santissima del Rosario e di San Domenico, appuntamento d’eccezione nella omonima parrocchia del centro storico, in via Principe Amedeo 14. Infatti venerdì primo agosto, alle ore 20.30 Claudia Koll presenterà il suo ultimo libro dal titolo ‘Qualcosa di me – dialogo con un’amica’. Oltre all’autrice, interverranno il parroco don Piero Lodeserto, il presidente di Azione Cattolica parrocchiale Attilio Bellucci e il sindaco Gianfranco Palmisano.

Questo libro-intervista racconta come l’incontro con Dio abbia trasformato la vita dell’autrice-attrice. Il testo nasce da un’amicizia profonda che ha permesso un dialogo sincero, a volte complesso e mai banale, su temi cruciali e di attualità. Non è solo una testimonianza della conversione di Claudia (di cui ricorre il venticinquesimo anniversario), ma anche l’opportunità per conoscerne meglio la storia e, soprattutto, un invito a fare esperienza della misericordia e della pace di Dio.

Al termine si terrà la rappresentazione teatrale ‘Storia di un padre e di due figli’ di Elena Bono con la regia di Attilio Bellucci e di Vito Blasi (aiuto regista, Rosa Serio). Ingresso libero.

 

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Politica internazionale

Dazi Usa-Ue: un accordo a denti stretti

ph Afp-Sir
29 Lug 2025

di Paolo Zucca

C’è meno incertezza sui dazi che verranno applicati sulle importazioni Usa. L’accordo politico raggiunto in Scozia dal presidente americano, Donald Trump, con Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, sembra accontentare chi temeva lo scontro frontale o il prolungarsi di una fase di incertezza. L’accordo tecnico ha bisogno di approfondimenti e occorreranno settimane, e forse anche mesi, per capire le ricadute di un’intesa Usa-Ue che fissa al 15% l’imposizione aggiuntiva per l’acquisto di merci Made in Europe. I grandi centri studi, con l’ausilio degli esperti doganali, in queste ore stanno elaborando stime precise, settore per settore, per capire dove l’export potrà tenere e dove invece si ridurranno i volumi. Il sovraccosto penalizza merci facilmente sostituibili, pesa meno su produzioni particolari. Da definire anche gli impegni europei per l’acquisto di energia e per il piano di investimenti negli Usa (600 miliardi) che almeno in parte riguarderà le armi.

Appaiono differenti, da una parte all’altra dell’Oceano, le valutazioni sui settori che resteranno meno colpiti dai dazi. Ognuno deve avere un pezzo di accordo da valorizzare con il proprio elettorato.  Nelle prime 24 ore dall’annuncio non mancano le critiche in Europa per aver accettato un impegno che frenerà la produzione continentale già molto debole. Senza accordo – nelle stime di Bruxelles – si sarebbero persi cinque milioni di posti di lavoro. Per l’Italia tassi al 10% riducevano l’occupazione di circa 100mila posti. Centrodestra (favorevole ma con riserva) e centrosinistra (critico) si dividono sull’arrendevolezza mostrata in queste settimane. Le associazioni di categoria fanno i conti con i loro iscritti e chiedono al Governo italiano sostegni per comparti che andranno in difficoltà. Le Borse in apertura abbastanza positive con il passare delle ore hanno cominciato a ragionare sull’indebolimento dei conti di diverse società quotate.

In questa bagarre tra aree economiche non bisogna dimenticare il rapporto delle valute. Per favorire le esportazioni delle proprie aziende è meglio avere una valuta non fortissima e quindi tassi di interesse bassi. Gli Usa vorrebbero un dollaro ancora più debole che favorirebbe il suo export. Va ricordato che il petrolio e le materie prime vengono pagati in dollari e questo potrebbe essere un vantaggio per tutte le imprese non americane. Gas ed energia sono parte però dell’accordo scozzese con un impegno a comprarli dagli Usa.

Oltre alle valutazioni politiche ed economiche emerge una rilevante questione di metodo. In tante occasioni Trump ha impostato la trattativa politica e i rapporti commerciali e diplomatici  ( e perfino personali) su posizioni forti, altalenanti ma sempre estreme. Un braccio di ferro continuo che rischia di diventare prassi mondiale nei prossimi anni. Strette di mano forzate, sorrisi di circostanza. Sospetti. Il contrario della fiducia reciproca.

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Giubileo2025

Una fede che si racconta: il Giubileo dei missionari digitali

ph Siciliani Gennari-Sir
29 Lug 2025

di Giada Di Reda

Un nuovo modo di fare missione per una Chiesa sempre più vicina ai giovani, in grado di riconoscere i segni dei tempi e di farsi luce nel mondo: con questo obiettivo si è aperto ieri, lunedì 28, a Roma, il primo Giubileo dei missionari digitali; un evento storico che riunisce influencer, blogger, comunicatori, impegnati quotidianamente nell’annuncio del Vangelo nel mondo digitale.

L’evento, promosso dal Dicastero per l’evangelizzazione e dal Dicastero della comunicazione, si inserisce nel più ampio contesto del Giubileo dei giovani: una settimana dedicata interamente a loro, protagonisti e pellegrini di speranza.

Circa 1700 missionari digitali e influencer cattolici, religiosi e laici, provenienti da 75 paesi in tutto il mondo, hanno raggiunto Roma per l’occasione, segno di un digitale che non è più una dimensione a sé stante, bensì un ambito in cui siamo completamente immersi, ed è possibile annunciare il Vangelo con autenticità e creatività; un ambiente in cui i missionari digitali non rappresentano più figure di nicchia, ma veri protagonisti di una nuova frontiera di evangelizzazione.

Ad aprire le giornate, nell’Auditorium della Conciliazione, le parole del cardinale Pietro Parolin: “Ciò che caratterizza l’umano è la capacità di farsi delle domande, la domanda di oggi è: come il mondo digitale, che sta trasformando rapidamente le dinamiche sociali, può comunicare la fede?”. E allora – ha proseguito il segretario di Stato – bisogna partire dal presupposto che “ogni persona è un volto, non un profilo e la sua storia è sacra, non un insieme di dati. Fare nuovo l’ambiente digitale è la sfida che attende tutti voi, sentitela come la vostra missione”.

mons. Rino Fisichella – ph Siciliani Gennari-Sir

L’arcivescovo Rino Fisichella, pro prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione, ha evidenziato il legame tra questo Giubileo e quello dei giovani: “Non è un caso che abbiamo scelto l’inizio del Giubileo dei giovani per dare vita al primo giubileo degli influencer: a voi la grande responsabilità di raccontare ciò che in questi giorni avviene. Questo incontro vuole essere un impegno a coniugare i contenuti con le persone, non si può fare evangelizzazione senza gli evangelizzatori, né gli evangelizzatori possono essere tali se non sentono l’urgenza di evangelizzare e di essere evangelizzati a loro volta”.

Alla luce di questi interventi, e del rapporto tra i due giubilei, abbiamo raccolto la testimonianza di una giovane influencer cattolica del territorio.

Abbiamo chiesto a Francesca, una giovane ventunenne di Grottaglie, di raccontarci il significato di questo pellegrinaggio, e qual è il motore che l’ha spinta ad avventurarsi in questo affascinante evento epocale:

“Partecipare al Giubileo, in entrambe le sue dimensioni, come giovane e come influencer cattolica, è per me un’esperienza di grazia e una risposta a una chiamata: quella a mettermi in cammino per testimoniare una fede viva, gioiosa e profondamente radicata nella vita quotidiana. Sono una giovane impegnata in parrocchia come educatrice e catechista, e amo stare con i ragazzi: ascoltarli, accompagnarli, vivere con loro l’avventura della fede in modo concreto e autentico. Per me, condividere la fede oggi significa proprio questo: essere una presenza credibile, che parla con la vita prima ancora che con le parole. E questo vale sia nella relazione diretta sia nel mondo digitale.

Oggi i social possono diventare uno strumento prezioso per raccontare la bellezza della speranza cristiana. Se usati con responsabilità e verità, possono essere luoghi in cui il Vangelo incontra le domande, i sogni e le ferite di tanti. È quello che ho imparato partecipando al progetto ‘Shine to Share’ promosso dalla Cei, insieme ad altri 99 giovani da tutta Italia. In quel percorso, che ha previsto la formazione all’Università Cattolica di Milano e un workshop creativo a Seveso, ho scoperto quanto sia importante comunicare con uno stile che unisca fede, professionalità e passione. Viaggio tanto perché credo che la fede vada cercata, custodita, ma soprattutto condivisa. E questi appuntamenti, come il Giubileo dei missionari digitali e quello dei giovani, sono per me occasioni per rinnovare lo slancio, per incontrare testimoni, per sentirmi parte di una Chiesa viva e giovane.

Nel fine settimana mi raggiungeranno anche due ragazzi della mia parrocchia: questo per me è il segno più bello. Vedere che il cammino personale può diventare invito, contagio, esperienza comunitaria. Quello che desidero è portare con me storie, volti, parole. E se possibile, lasciare anche io un seme: nei cuori delle persone che incontrerò dal vivo, e anche in quelli che raggiungerò con un post, una foto, una parola online. Perché la fede, quando è vera, si vede. E si racconta”.

Nel volto e nelle parole della giovane Francesca, si riflette il senso profondo di questo Giubileo: una generazione che non ha paura di abitare il mondo con tutte le sue contraddizioni e le sue complessità, guidata dalla fede, dalla responsabilità e da un desiderio vivo, reale di condivisione. Una missione nuova, viva, in cui evangelizzazione e modernità si fondono in un nuovo modo di essere luce e speranza per il mondo. Perché se è vero che il rischio, oggi, è quello di abbandonarsi alla solitudine e all’individualismo, questi giovani sono qui per ricordarci che il seme della speranza è ancora vivo e pronto a generare nuova vita.

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Diocesi

La riapertura della chiesa di Sant’Anna, momento importante per la città vecchia

foto Pasquale Reo
28 Lug 2025

di Angelo Diofano

Grande festa con massiccia partecipazione di popolo nella serata di venerdì 25 luglio in città vecchia per la riapertura al culto della chiesetta di Mamma Sant’Anna, i cui interni sono stati interessati a lavori di riqualificazione commissionati dalla parrocchia della basilica cattedrale e realizzati grazie all’intervento di Formedil. Il significativo luogo di culto, ubicato in largo Civitanova, dopo la benedizione dell’arcivescovo, è rimasta aperta fino a tarda ora.

Precedentemente mons. Ciro Miniero ha presieduto, nel vicino largo De Tullio. la santa messa, assieme al parroco della cattedrale don Emanuele Ferro, don Mattia Santomarco, don Giacomo Salomone, don Luciano Matichecchia, don Francesco Tenna con don Marco Peluso quale cerimoniere con don Antonello Bruno e don Antonio Acclavio che hanno prestato servizio diaconale all’altare. Nel corso della celebrazione sono stati benedetti i simulacri di Sant’Anna e San Gioacchino, assieme ai nuovi abiti della santa, donati dalla signora Marilena Lippo Giungato, che ha portato all’altare la nuova corona di Maria bambina.

Al termine mons. Miniero, i concelebranti e le autorità intervenute (fra cui il sindaco Piero Bitetti e l’ammiraglio Vincenzo Montanaro, comandante del Comando interregionale Marina Sud), assieme ai fedeli si sono recati nella chiesetta per la cerimonia di inaugurazione.

A margine della serata, così l’arcivescovo mons. Ciro Miniero ha commentato: “La riapertura della chiesetta di Sant’Anna costituisce un ulteriore segno di speranza per la città vecchia, perché è segno della volontà di non fermarsi mai davanti alle difficoltà per continuare a porre pietra su pietra per la sua rinascita. Portiamo sempre nel cuore la figura di Sant’Anna perché è la madre di Maria e la nonna di Gesù. A Napoli nel quartiere Barra io ero parroco in una parrocchia il cui culto principale era quello della santa e nel giorno della sua festa il flusso di fedeli era continuo con sante messe celebrate ogni ora. Dicevo sempre, e lo ribadisco tuttora, che Sant’Anna è portatrice di tutto ciò che ci aiuta a costruire il bene, trasmettendoci quotidianamente quei valori relativi alla vita nei suoi vari aspetti, invitando tutti, soprattutto le nuove generazioni, a guardare con fiducia al futuro per poterlo costruire bene. Questo, nella vicinanza alla vita nascente come agli anziani e fino, comunque, al momento in cui il Signore ci chiama a sé”.

Infine così ha dichiarato il sindaco Piero Bitetti: “Innanzitutto mi sento di ringraziare chi si è adoperato per la riapertura di questa chiesa così stupenda, complimentandomi per le belle parole, ricche di speranza, che ho sentito dall’arcivescovo mons. Ciro Miniero e dal parroco mons. Emanuele Ferro. La chiesa di Sant’Anna è simbolo della città vecchia che ha voglia di riscattarsi e di essere rivissuta come luogo di attrazione (non solo per i tarantini) nei vari tipi di percorsi, oltre a quello di natura religiosa. La mia attenzione è massima verso questo pezzo di città che dobbiamo necessariamente miriqualificare e rimettere in sesto, perchè è il cuore della nostra Taranto. A tal proposito stiamo puntando al recupero di una serie di palazzi storici, nonché di edifici di proprietà comunale e privata, alle prese con problemi di staticità, la cui prospettiva di recupero merita particolare attenzione per la loro bellezza. Vogliamo provare a istituirvi uffici pubblici e anche attività ricettive per far diventare la città vecchia un volano di sviluppo dal punto di vista economico, turistico e di attrazione, in particolare per gli universitari. È un lavoro che certamente richiede del tempo ma gli uffici competenti sono già all’opera per l’espletamento delle varie formalità burocratiche al fine di ridare alla città vecchia la fruizione che merita”. 

La chiesetta resterà aperta tutti i giorni dalle ore 9 alle 12 e dalle ore 17 alle 19 (solo la domenica fino a mezzogiorno).

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In provincia

Stasera, lunedì 28, a Carosino si proietta ‘Her’ per la rassegna estiva del Comune

28 Lug 2025

Il cartellone della rassegna estiva del Comune di Carosino propone per questa sera, lunedì 28 luglio, ‘Her, il capolavoro di Spike Jonze, vincitore dell’Oscar per la miglior sceneggiatura originale. L’appuntamento rientra nella sezione cinematografica ‘Fuori da sé’, che vuole essere un momento di condivisione e nello stesso tempo di riflessione sul nostro tempo.

Il film di questa sera, profondo e attuale, racconta una storia d’amore insolita e toccante, interpretata da Joaquin Phoenix e con la voce di Scarlett Johansson.
Un mix poetico di tecnologia, solitudine e amore che ci farà fermare a pensare all’evoluzione della tecnologia.

La proiezione avrà luogo a Palazzo ducale D’Ayala Valva di Carosino con inizio alle ore 21. L’accesso nella sala – gratuito – avverrà dalle ore 20:30.
La visione è consigliata dai sedici anni in su.

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Tracce

Chiedi chi erano i Miami Showband

Foto dal sito di Avvenire
28 Lug 2025

di Emanuele Carrieri

Il segreto per scrivere di vicende antiche è quello di incominciare dalla fine, dalla parte più recente, nella speranza che, in qualche angolo remoto della memoria, ci sia almeno un minimo ricordo. L’accordo del Venerdì Santo fu sottoscritto a Belfast – la capitale dell’Irlanda del Nord – il 10 aprile del 1998 dal premier del Regno Unito Tony Blair e da quello irlandese Bertie Ahern: fu quello che, ufficialmente, concluse le ostilità in quella terra al di là del North Channel. Quelle ostilità erano durate oltre trenta anni, ma le loro radici erano antiche. Alla base dei rancori, la scissione territoriale, stabilita nel 1921, in base alla quale l’Irlanda si sarebbe estesa sulla totalità del territorio insulare, tranne le sei contee a maggioranza unionista e protestante nel Nord, le quali sarebbero restate parte del Regno Unito, pur avvalendosi di una forma di auto – governo. Tale assetto fu contrastato dai nazionalisti cattolici, favorevoli alla annessione delle sei contee dell’Ulster alla Repubblica di Irlanda. Temendo che i propositi repubblicani producessero un ribaltone, gli unionisti, a capo del governo autonomo, concretizzarono delle politiche sempre più discriminatorie per indebolire la capacità di reazione dei nazionalisti. La tensione cominciò ad aumentare alla fine degli anni sessanta e crebbe sempre più negli anni seguenti: fino al 1998 le pagine di cronaca dei mezzi di comunicazione e di informazione del nostro Paese riportarono più di un centinaio fra tafferugli, sequestri di persona, scontri, omicidi mirati, esecuzioni sommarie, linciaggi, incendi dolosi, autobombe, conflitti a fuoco, imboscate, atti terroristici, attentati dinamitardi, assedi ed eccidi, addirittura al di fuori dei confini. Il bilancio di quel periodo fu più che pesante: si stimò in alcune migliaia di morti, fra civili, forze di polizia e forze armate (nordirlandesi e britanniche), appartenenti alle organizzazioni paramilitari unioniste da un lato e nazionaliste dall’altro. C’è una vicenda, quasi dimenticata, della quale giovedì prossimo ricorre il cinquantesimo anniversario: quella del gruppo musicale irlandese – era venuto alla luce a Dublino – “The Miami Showband”. Molto popolare sia fra i cattolici che fra i protestanti, la band suonava regolarmente per il pubblico su tutti e due i lati del confine fra Irlanda e Ulster ed era celebre fra i giovani di quel tempo come i Beatles irlandesi. Il gruppo era fatto da sei giovani: quattro membri della band provenivano dall’Ulster, due dei quali erano cattolici e due protestanti. La sera del 30 luglio 1975 si esibì in una località dell’Irlanda del Nord: al termine del concerto, uno dei componenti decise di passare la notte nella casa dei genitori, poco lontana, mentre gli altri si misero in viaggio, su un minibus, per rientrare a Dublino. Nel viaggio, la band fu fermata a un finto posto di blocco militare da uomini armati, vestiti con le uniformi dell’esercito britannico. Fu loro ordinato di uscire dal veicolo e di mettersi in fila sul ciglio della strada, voltandosi di spalle, mentre perquisivano il furgone. Quegli individui erano, in realtà, membri di una organizzazione paramilitare unionista: in due provarono a nascondere una bomba con timer nell’abitacolo ma il dispositivo esplose prematuramente, ammazzandoli. Gli altri uomini armati iniziarono, perciò, a sparare ai membri della band ammazzando il cantante Fran O’Toole, il trombettista Brian McCoy e il chitarrista Tony Geraghty. Questa vicenda sconvolse l’Irlanda e mise a dura prova le relazioni anglo-irlandesi al punto che la notte successiva all’attacco, l’ambasciatore britannico fu convocato per ascoltare i forti sentimenti del governo irlandese riguardanti l’uccisione dei tre membri della band: si reputava che il governo britannico non facesse abbastanza per fermare gli omicidi mirati nell’Ulster. Tre dei responsabili, a seguito di indagini e commissioni di inchiesta, furono condannati all’ergastolo ma furono liberati dopo l’accordo del Venerdì Santo. Ma, nel dicembre del ’21, l’Alta Corte di Belfast condannò il ministero della Difesa inglese e la polizia dell’Ulster a risarcire le vittime della strage, riconoscendo molto chiaramente la collusione fra forze di sicurezza e paramilitari unionisti. I giudici fissarono un risarcimento complessivo pari a un milione e mezzo di sterline per i sopravvissuti e per i familiari delle vittime di quel 31 luglio del 1975. Quella strage fu il caso più paradigmatico della guerra sporca, che vide il coinvolgimento delle forze di sicurezza britanniche in omicidi indiscriminati e operazioni sotto copertura contro civili irlandesi in quei trenta anni. Nel 2012, spettò all’allora primo ministro inglese David Cameron denunciare l’esistenza di “un livello impressionante di collusione” fra lo Stato britannico e i paramilitari unionisti dell’Ulster. Ma la strada verso la giustizia per decine di casi irrisolti relativi alle ostilità in quella terra al di là del North Channel è tutta in salita. Ma oggi? “È come brace che cova sotto la cenere” ci rispose venti anni fa l’amico Kieran, in perfetto italiano, avendo studiato in Italia. Le tensioni rimangono un tema sensibile, soprattutto a causa della crisi economica, ma la strada verso la stabilità economica e sociale è davvero molto lunga ed è resa faticosa dalla eredità delle ostilità e dalla divisione culturale, ancora molto presente. Ancora oggi l’Ulster è un caleidoscopio di rivalità, rappresentato a Belfast da varie comunità che, da un lato della via, fanno sventolare la bandiera tricolore della Repubblica di Irlanda e, dall’altro lato, esibiscono la Union Flag, simbolo della identità britannica. Rivalità che trovano espressione nei bordi dei marciapiedi dipinti di verde, bianco e arancio o in rosso, bianco e blu, a seconda se le comunità sono nazionaliste o unioniste. O in sfilate di bande musicali, fra due cordoni di persone che agitano le bandiere britanniche, accompagnate dai rappresentanti delle logge orangiste per ricordare che, nel 1690, Guglielmo di Orange vinse la battaglia di Boyne. “Bisogna avere pazienza!” disse il caro Kieran, facendo da guida a chi scrive. Non stiamo meglio, noi: c’è chi non perde occasione per fare il saluto romano.

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Leone XIV

Leone XIV e il ritorno del Papa a Castel Gandolfo

Castel Gandolfo (ph Siciliani Gennari-Sir
28 Lug 2025

di Lucia Lanza

Dopo ben 12 anni le porte di Castel Gandolfo, residenza estiva pontificia, sono state riaperte per ospitare Leone XIV; l’ultimo a soggiornarvi è stato Benedetto XVI, che la scelse come dimora per i primi mesi dopo la sua rinuncia. Papa Francesco, invece, decise di restare alla Domus Santae Marthae anche durante la bella stagione rendendo Castel Gandolfo un museo aperto al pubblico.

Forse non tutti sanno che la residenza di Castel Gandolfo sorge sui resti dell’Albanum Domitiani, antica villa romana appartenente all’imperatore Tito Flavio Domiziano, situata nell’area dei colli Albani.

Nei primi anni del 1200, la famiglia dei Gandolfi della casata genovese fece erigere un castello inespugnabile in cima al colle; si trattava di una rocca quadrata, con alte mura merlate e un bastione, denominata Castel Gandolfo, titolo dal quale deriva anche il nome della cittadina.

Successivamente, a partire dal 1221 sino al 1596, la proprietà passò alla nobile famiglia romana dei  Savelli, tuttavia a causa di debiti gravosi essa fu pignorata dalla Camera apostolica diventando ufficialmente, nel 1604, patrimonio inalienabile della Santa Sede.

Ad oggi la conosciamo a tutti gli effetti come alloggio estivo dove il vescovo di Roma si reca nei mesi più caldi, ma tale tradizione fu inaugurata ufficialmente da Urbano VIII Barberini, quando per la prima volta, il 10 maggio 1626 vi trascorse la sua prima estate come Pontefice. Egli durante il suo ministero fece ampliare la struttura trasformandola in Palazzo pontificio, affidando i lavori di restauro all’architetto Carlo Maderno, mentre la parte pittorica a Simone Lagi.

Le fonti raccontano che nel corso del tempo si sono susseguite diverse opere di ristrutturazione. Alessandro VII ultimò il palazzo con la facciata principale e l’ala occidentale, con il contributo del Bernini; Benedetto XIV rimaneggiò la villa con nuove modifiche e decorazioni; Clemente XIV annesse Villa Cybo estendendo il parco; Paolo V apportò lavori di restauro agli acquedotti; Pio VII e Pio VIII intervennero per recuperare la struttura dopo i danni causati dalle truppe napoleoniche; Pio XI fece costruire una nuova cappella privata e arricchì gli interni con affreschi raffiguranti testimonianze storiche.

Con la fine dello Stato pontificio, la residenza di Castel Gandolfo venne lasciata in stato di abbandono per circa 60 anni; solo nel 1929, grazie ai Patti lateranensi, tornò ad essere riconosciuta come Palazzo pontificio di proprietà della Città del Vaticano riprendendo il suo ruolo di dimora estiva.

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Drammi umanitari

Save the Children: “Le pause umanitarie temporanee non bastano a salvare i bambini della Striscia di Gaza”

87 di loro sono morti per malnutrizione e fame, cinque negli ultimi giorni

ph Save the children
28 Lug 2025

di Alberto Baviera

“Solo un cessate il fuoco permanente e incondizionato può davvero salvare la vita dei minori”: lo ha affermato Save the Children in risposta alla pausa umanitaria temporanea per consentire l’ingresso degli aiuti a Gaza.
“Ogni aumento di aiuti via terra ha il potenziale di aiutare le persone a sopravvivere, soprattutto i bambini, migliaia dei quali altrimenti rischiano di morire dopo quasi cinque mesi di assedio totale, senza ricevere alcun tipo di assistenza – ha dichiarato Ahmad Alhendawi, direttore regionale di Save the Children per il Medio Oriente, l’Europa orientale e il Nord Africa -. Tuttavia, l’efficacia salvavita di queste sospensioni dipenderà dalla loro continuità e dalla volontà delle autorità israeliane di garantire condizioni sicure e logisticamente praticabili per la distribuzione di aiuti a bambini e famiglie affamati. Il livello di malnutrizione e fame che molte persone a Gaza stanno affrontando è così grave che uno o anche solo pochi giorni di aiuti alimentari non saranno sufficienti a scongiurare il rischio di morte. La malnutrizione può essere prevenuta, curata e sappiamo come farlo. Le persone malnutrite, soprattutto i più piccoli, hanno bisogno di un accesso continuativo a un’alimentazione varia, integratori alimentari e, a volte, cure mediche specialistiche, per invertire i danni a cui si può ancora porre rimedio”.

La pausa di ieri è arrivata “troppo tardi per le 133 persone, tra cui 87 bambini, che sono morte per malnutrizione e fame dall’ottobre 2023, secondo il ministero della Salute. Di questi 87 bambini, almeno sette hanno perso la vita negli ultimi cinque giorni. Le organizzazioni umanitarie come Save the Children faranno tutto il possibile per garantire che gli aiuti che arrivano a Gaza raggiungano e salvino la vita dei più piccoli e delle loro famiglie”. “Ma una pausa temporanea non è sufficiente”, denuncia Ahmad Alhendawi: “Abbiamo bisogno di un cessate il fuoco definitivo e del ripristino delle condizioni affinché il sistema umanitario possa funzionare a pieno ritmo e secondo le sue capacità. Altrimenti, i bambini salvati oggi potrebbero non vivere abbastanza per vedere il giorno successivo. Finché non sarà definitiva, qualsiasi pausa offre alla popolazione di Gaza solo un barlume di speranza, destinato a essere sostituito da ulteriori orrori”.
“Ricordiamo che le ostilità si sono intensificate tra una pausa e l’altra, e che le condizioni di assedio sono state imposte dopo la fine dell’ultima pausa, con la diretta conseguenza della carestia che vediamo oggi nella Striscia. Una pausa temporanea è un tormento psicologico per una popolazione che ha subito incessanti e violenti danni mentali per quasi due anni, facendo intravedere loro una possibilità di sopravvivenza ma di fatto strumentalizzando gli aiuti e l’accesso umanitario”, ha concluso.

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Angelus

La domenica del Papa – La preghiera che unisce tutti i cristiani

ph Vatican media-Sir
28 Lug 2025

di Fabio Zavattaro

Luca ci ha accompagnato a scoprire, in queste ultime tre domeniche, l’atteggiamento essenziale che il discepolo deve intrattenere con Gesù, e così abbiamo visto il gesto del buon samaritano, l’atto della misericordia; con Marta e Maria, nella casa di Betania, abbiamo appreso l’ascolto della parola. Ora ecco il terzo atteggiamento: la preghiera. L’evangelista non solo fa rispondere Gesù alla richiesta di un discepolo – “Signore insegnaci a pregare” – ma propone anche una parabola che evidenzia lo spirito dell’amicizia, che fa sì che uno accetti, a mezzanotte, di importunare e, l’altro, di essere importunato, a causa di un ospite inatteso giunto dopo un lungo viaggio. Ed è forse proprio qui la chiave per capire la forza della preghiera.

In questa domenica in cui si celebra la quinta Giornata dei nonni e degli anziani – sono “testimoni di speranza, capaci di illuminare il cammino delle nuove generazioni” – papa Leone rinnova ancora una volta la sua preghiera per la pace: “Il mio cuore è vicino a tutti coloro che soffrono a causa dei conflitti e della violenza nel mondo”. Subito gli scontri di questi ultimi giorni tra Thailandia e Cambogia: il Papa prega per le persone coinvolti, “specialmente per i bambini e le famiglie sfollate. Possa il Principe della pace ispirare tutti a cercare il dialogo e la riconciliazione”.

Poi la Siria, la “gravissima situazione umanitaria a Gaza, dove la popolazione civile è schiacciata dalla fame e continua ad essere esposta a violenze e morte”. Il vescovo di Roma rinnova il suo “accorato appello al cessate il fuoco, alla liberazione degli ostaggi e al rispetto integrale del diritto umanitario”. Ogni persona ha una “intrinseca dignità conferitale da Dio stesso”. Leone XIV esorta le parti coinvolte nei conflitti a riconoscerla e a fermare ogni azione contraria ad essa. “Esorto a negoziare un futuro di pace per tutti i popoli e a rigettare quanto possa pregiudicarlo”.

Ma torniamo al Vangelo e alla preghiera. Luca ci dice che Gesù “con molta semplicità” insegna il Padre nostro. Nel testo di Luca la preghiera è più corta rispetto a come la descrive Matteo, perché sono omesse, o attenuate, alcune espressioni tipiche ebraiche. “Siamo di fronte alle prime parole della sacra scrittura che apprendiamo fin da bambini”, scriveva Papa Benedetto nel primo dei tre volumi su Gesù di Nazareth. Parole che “si imprimono nella memoria, plasmano la nostra vita, ci accompagnano fino all’ultimo respiro”. E Francesco ricordava che la parola padre è “il segreto della preghiera di Gesù, è la chiave che lui stesso ci dà perché possiamo entrare anche noi in quel rapporto di dialogo confidenziale con il Padre che ha accompagnato e sostenuto tutta la sua vita”.

Il Padre nostro è “la preghiera che unisce tutti i cristiani” afferma papa Leone, e attraverso la preghiera del Signore “noi siamo rivelati a noi stessi, mentre ci viene rivelato il Padre”. Luca espone così nel Vangelo “i tratti della paternità di Dio attraverso alcune immagini suggestive”: l’uomo che si alza nel cuore della notte per aiutare un amico e accogliere un visitatore inaspettato; il genitore che si preoccupa di dare cose buone ai suoi figli. Immagini che ci dicono che Dio non ignora quanti si rivolgono a lui “nemmeno se arriviamo tardi a bussare alla sua porta, magari dopo errori, occasioni mancate, fallimenti […] e se a volte ci risponde con tempi e in modi difficili da capire, è perché agisce con una sapienza e con una provvidenza più grandi, che vanno al di là della nostra comprensione”.

Il vescovo di Roma ha quindi affermato che “non si può pregare Dio come ‘Padre’ e poi essere duri e insensibili nei confronti degli altri. Piuttosto è importante lasciarsi trasformare dalla sua bontà, dalla sua pazienza, dalla sua misericordia, per riflettere come in uno specchio il suo volto nel nostro”.

La liturgia di questa domenica, ha affermato ancora il Papa, ci invita “a sentirci amati e ad amare come Dio ci ama: con disponibilità, discrezione, premura vicendevole, senza calcoli”.

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Lavoro

Ilva: la piattaforma sindacale consegnata alle autorità: basta contrapporre salute e lavoro

25 Lug 2025

di Silvano Trevisani

“Superare la contrapposizione tra lavoro e salute, favorendo la decarbonizzazione del sito siderurgico senza perdere occupazione”. È quanto chiedono con chiarezza le organizzazioni sindacali che hanno consegnato al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, al presidente della Provincia di Taranto, Gianfranco Palmisano, e ai sindaci dei Comuni di Taranto e Statte, Piero Bitetti e Fabio Spada, la piattaforma rivendicativa scaturita dalle assemblee. Che si sono svolte nei giorni 22, 23 e 24 luglio, con la partecipazione dei lavoratori di tutti i reparti di Acciaierie d’Italia in Amministrazione straordinaria, Ilva in Amministrazione straordinaria, appalti e indotto.

Fim, Fiom e Uilm chiedono al governo “risorse e investimenti certi per garantire questa trasformazione, mantenendo l’occupazione e tutelando i diritti dei lavoratori, anche attraverso misure straordinarie (prepensionamento, lavoro usurante, esposizione all’amianto e incentivi all’esodo su base volontaria)”.

La piattaforma propone l’attivazione di screening sanitari periodici, la realizzazione di tre nuovi forni elettrici e impianti di Preridotto (DRI) dedicati, oltre al rilancio delle linee di finitura e laminazione, per riassorbire i lavoratori in cassa integrazione. Sottolineano inoltre la necessità di garantire il reddito, la formazione continua e la riqualificazione, valorizzando i lavoratori degli appalti e prevedendo clausole sociali per il loro reimpiego nelle nuove attività.

Nella piattaforma unitaria i sindacati chiariscono che i 3 forni elettrici devono essere costruiti nel minor tempo possibile per sostituire definitivamente gli attuali AFO a ciclo integrale. Ma chiariscono anche che la realizzazione di DRI con impianti dedicati deve avvenire a Taranto, poiché la materia prima è indispensabile, “senza la quale non sarebbe assolutamente neanche immaginabile per tanti motivi, partendo dalla sostenibilità del progetto, il percorso di elettrificazione del sito siderurgico”.

La piattaforma, invece, non entra nel merito della fornitura del gas necessario al funzionamento degli impianti di produzioni del preridotto, questione che è al centro, in questi giorni che precedono il nuovo incontro per l’accordo di programma, del gruppo di lavoro insediato dal ministro Urso.

É evidente che la preoccupazione principale dei sindacati è quella di garantire l’occupazione a tutti i lavoratori, e non potrebbe non essere così. Ma, consci della delicatezza del momento e della contrarietà di tutto il territorio e degli enti locali che lo rappresentano, al mantenimento in attività del ciclo integrato, puntano anch’essi sulla necessità di abbreviare il processo di ambientalizzazione, indicando le forme di garanzia occupazionale: attraverso le misure tradizionali di sostegno al reddito; attraverso la cosiddetta “verticalizzazione” dell’acciaio prodotto (cioè l’utilizzo per realizzazione prodotti finiti in acciaio), cosa da sempre richiesta nel corso dei decenni ma quasi mai avvenuta, e valorizzando, attraverso la realizzazione dei nuovi impianti, i lavoratori del mondo degli appalti occupati attualmente nelle aziende del territorio.

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Diocesi

Cristo spirante, una festa molto cara ai martinesi

ph ND
25 Lug 2025

Torna un’altra festa molto cara ai martinesi: quella in onore di Cristo spirante, domenica 27 e lunedì 28 luglio, che si venera in San Francesco d’Assisi in piazza Mario Pagano (chiesa giubilare fino al 14 agosto).

Così riferisce il parroco don Vincenzo Annicchiarico: “Chi vuol conoscere Gesù deve guardare alla croce, dove si rivela la sua gloria. Il crocifisso non è un oggetto ornamentale o un accessorio, è invece un segno da contemplare e comprendere. È il distintivo di ogni cristiano. Dio vuole a tutti i costi dare valore alla vita di ciascuno di noi. Egli crede in noi, ci dà fiducia, ne siamo certi: c’è sempre la possibilità di trovare un senso, perché Dio ama la nostra vita. Da ‘tempo immemorabile’ il popolo martinese venera il crocifisso miracoloso, come recita il decreto arcivescovile del 1955 che erige la chiesa di S. Francesco anche a Santuario di Cristo spirante. Quest’anno, durante il Giubileo 2025, ricorre il 70° anniversario di tale elezione e per noi cristiani martinesi la festa è sicuramente un momento di lode a Dio e un’occasione di comunione cittadina. Gesù Cristo, crocifisso e risorto, è il centro della nostra fede ed il motivo delle nostre scelte quotidiane”.

Il programma dei festeggiamenti prevede per giovedì 24 alle ore 19 la concelebrazione eucaristica presieduta da mons. Giuseppe Russo, vescovo di Altamura, Gravina e Acquaviva delle Fonti, cui sono invitati i novelli sposi di Martina.

Venerdì 25, la santa messa delle ore 19 sarà presieduta dall’arcivescovo emerito di Taranto mons. Filippo Santoro, cui sono invitati gli sposi che in quest’anno celebrano il 25° di matrimonio.

Sabato 26 alle ore 19 la concelebrazione eucaristica sarà presieduta dal vescovo di Trapani mons. Pierino Fragnelli, cui sono invitati gli operatori culturali di Martina; al termine, presentazione storico-culturale della chiesa di San Francesco a cura del prof. Piero Marinò.

Domenica 27, sante messe si terranno alle ore 8.30 (p. Matteo Kilamyra, missionario della Consolata) – 10.15 -11.30 (queste ultime due celebrate dal parroco mons. Annicchiarico); alle ore 19 la santa messa sarà presieduta dall’arcivescovo di Taranto mons. Ciro Miniero, cui sono invitate tutte le confraternite martinesi. Seguirà la processione per piazza Mario Pagano, via Donizetti, via Pergolesi, via Umberto, via Garibaldi,  piazza Immacolata, piazza Plebiscito, corso Vittorio Emanuele, piazza Roma, piazza XX Settembre, corso Italia, via Paisiello, via Mercadante, via Rossini e piazza Mario Pagano. Presterà servizio la banda musicale ‘Città di Martina Franca’ diretto dal m° Caterina Santoro.

Lunedì 28, festa in piazza Mario Pagano (allietata dalle luminarie della ditta Paulicelli di Capurso) con il djset ‘Todajoja’, il concerto dei ‘Tiramisu live’ e il cabaret di Giovanni Guida, dalla trasmissione ‘Mudu’. A mezzanotte, i fuochi pirotecnici della ditta Itria Fireworks di Martina Franca.

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Emergenze sociali

27 luglio, lo sciopero per la dignità nella memoria di Francesco

25 Lug 2025

di Giada Di Reda

“Mi sento peccatore, sono sicuro di esserlo; sono un peccatore al quale il Signore ha guardato con misericordia. Come ho detto presentandomi ai carcerati della prigione di Palmasola, nel mio viaggio apostolico in Bolivia nel 2015: quello che sta davanti a voi è un uomo perdonato. Un uomo che è stato ed è salvato dai suoi molti peccati”, scriveva papa Francesco in Spera, l’autobiografia (Mondadori, 2025, p. 151). Parole forti, in cui si racchiude il senso di un amore incondizionato nei riguardi dell’umano, dell’uomo finito, fatto di carne, cadute, errori e lacrime; rivolte a chi vive il dolore, il rimorso, la detenzione. Una memoria inevitabile alla luce dello sciopero previsto per il 27 luglio nella casa circondariale di Taranto.

La città è pronta a lanciare un segnale forte, per un’emergenza che coinvolge tutta la nazione; una situazione drammatica, fuori da ogni logica all’interno di un paese civile, per cui si sono levate voci come quella del presidente Sergio Mattarella, di papa Leone XIV, che ne hanno denunciato i rischi legati alla vita dei detenuti e degli operatori.

La staffetta del 27 luglio, coinvolgerà magistrati, avvocati e detenuti, al fine di sollecitare il riesame del disegno di legge sulla liberazione anticipata, promossa dal deputato Roberto Giacchetti. Esso prevede una riduzione della pena di 45 giorni per ogni semestre di detenzione, concesse in caso di condotta corretta e contestuale partecipazione attiva al percorso di rieducazione.

La proposta è nata da una presa di coscienza non solo umana, bensì analitica della questione; l’affollamento delle carceri ha superato di 14500 unità la capienza regolamentare, con tutte le conseguenze annesse: violazione dei diritti fondamentali, tensioni interne, aumento dei suicidi.

Una richiesta che si pone in linea con l’articolo 27 della Costituzione italiana, in particolare al comma 3, che recita: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Eppure, in questo momento storico, ad essere messo in discussione è proprio quel seme che ha dato vita alla Carta costituzionale, ovvero la centralità della persona, che non può essere ridotta ad un individuo, e nella sua completezza è con il suo valore, parte integrante di una società in cui ognuno ha il suo compito, la sua dignità, e il diritto di contribuire al bene comune.

Nel cuore di quest’anno giubilare, dedicato alla speranza, a fronte di un’emergenza concreta, riemerge la scelta storica di Francesco, di aprire una porta santa nel carcere di Rebibbia: varcare l’uscio di un penitenziario per portare speranza, perdono e possibilità.

Un gesto compiuto in continuità con diverse riflessioni che egli in passato aveva dedicato al delicato tema della detenzione. Nella Fratelli Tutti (in particolare al capitolo 7, par. 268), il papa, dopo aver elencato tutti gli argomenti contrari alla pena di morte, invita tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà a lottare per l’abolizione della pena di morte, al miglioramento delle condizioni carcerarie, nel rispetto della dignità umana delle persone private della libertà, definendo inoltre l’ergastolo una pena di morte nascosta.

Allo stesso modo, nel suo Discorso alla Polizia penitenziaria, al personale dell’amministrazione penitenziaria e della giustizia minorile e di comunità, del 2019, egli si rivolgeva al personale penitenziario, ai cappellani, le religiose, i religiosi e i volontari, ed anche agli stessi carcerati; invitando i primi a non arrendersi dinanzi alle difficoltà che il lavoro e il rapporto con i detenuti comporta, non dimenticandosi di salvaguardarne la dignità; i secondi a portare tra le mura delle carceri il Vangelo, invitandoli a portare nella preghiera i pesi altrui e riconoscere attraverso le povertà incontrate, le proprie fragilità.

E allora cosa resta oggi di un messaggio così potente? Una voce ancora viva, pronta a trasformarsi in azione, in una giustizia che non escluda la misericordia. Resta quel desiderio che, partito dal cuore di papa Francesco, sta man mano coinvolgendo tutte le istituzioni, in un impegno concreto: quello di trasformare il carcere in uno spazio di rinascita e consapevolezza, misura di un paese civile.

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