Sterilizzati ‘a domicilio’ i gatti della colonia felina dell’isola di San Pietro
13 Ott 2022
Grazie al coordinamento dell’assessorato all’Ambiente dell’amministrazione Melucci, infatti, è stata avviata una campagna di censimento e sterilizzazione dei gatti che vivono in libertà sulla più grande delle isole Cheradi, evitando lo stress dovuto al trasferimento da quello che ormai è il loro habitat naturale.
«Pensiamo sempre al benessere dei nostri piccoli amici – le parole del sindaco Rinaldo Melucci – anche quando dobbiamo necessariamente intervenire per mitigare il fenomeno del randagismo. Siamo grati a tutti i protagonisti di questa campagna, per l’impegno profuso».
Al servizio Randagismo della direzione Ambiente del Comune di Taranto sono toccati il censimento degli animali sull’isola e la fornitura dei medicinali postoperatori. Come previsto dalla normativa vigente, poi, il dipartimento di prevenzione dell’Asl ha provveduto alla sterilizzazione dei gatti a opera dei suoi veterinari, senza spostamenti traumatici: grazie alla disponibilità della Marina militare, infatti, a San Pietro è stata allestita una sala operatoria nei locali già esistenti.
«Un ruolo centrale lo hanno avuto anche i vigili del fuoco di Taranto e Kyma mobilità – il commento dell’assessore all’Ambiente, Laura Di Santo – perché grazie all’utilizzo delle loro imbarcazioni in staffetta, sono stati garantiti i collegamenti con l’isola di San Pietro. Ma non meno importanti sono state la sinergia e la collaborazione con l’associazione di volontariato “Cani e code di nessuno”, con la Marina militare, con l’Asl e con la cooperativa Kratos: un concorso di buona volontà che conferma quanto la collaborazione istituzionale sia sempre la migliore strada da percorrere».
Nuovo Parlamento al via. La settimana inaugurale della nuova assemblea legislativa parte giovedì 13 ottobre con la convocazione di Camera e Senato per l’elezione dei nuovi presidenti. Si tratta di un atto formale, il primo, della XIX legislatura ma anche la prima verifica di tipo “politico” post elettorale. È anche il primo passaggio istituzionale necessario per poter avviare le consultazioni al Quirinale che partiranno con i presidenti emeriti e a seguire con i nuovi presidenti dei due rami del Parlamento. Alle 10 è convocata la Camera dei deputati. Alle 10:30 sarà la volta del Senato. Per quanto riguarda Montecitorio, regolamento alla mano, l’iter si prospetta più lungo. Ettore Rosato in qualità di vicepresidente più anziano della legislatura precedente, presiederà la seduta che inizierà con la costituzione di un ufficio provvisorio di presidenza. Provvisoria anche la costituzione della giunta delle elezioni cui spetta la proclamazione dei nuovi deputati. Fatto questo si passerà quindi all’elezione del successore di Roberto Fico che avverrà per scrutinio segreto. L’elezione è attesa dal quarto scrutinio in poi, molto probabilmente venerdì, quando cioè sarà sufficiente la maggioranza assoluta, ovvero almeno 201 voti. Situazione diversa a Palazzo Madama dove, in base al regolamento, per l’elezione del successore di Elisabetta Casellati sarà sufficiente la maggioranza assoluta e, Un’operazione questa che, salvo impreviste sorprese, dovrebbe andare immediatamente in porto e senza problemi. Sarà la senatrice a vita Liliana Segre a presiedere la prima seduta. Una volta eletti i nuovi presidenti si passerà alla costituzione dei gruppi parlamentari. Nei rispettivi rami del Parlamento, i deputati e i senatori dovranno comunicare ai presidenti a quale gruppo hanno intenzione di iscriversi. L’ultimo atto, prima dell’avvio delle consultazioni, riguarda la convocazione dei gruppi al fine di procedere all’elezione dei capigruppo che, insieme ai leader dei partiti, saliranno al Colle per essere “ascoltati” dal capo dello Stato.
“Assecondare nelle persone l’azione della grazia di Dio” con queste parole fratel Enzo Biemmi, dei Fratelli della Sacra Famiglia, ha descritto il compito della catechesi oggi durante la sua relazione tenuta al convegno catechistico diocesano di Taranto, svoltosi il 12 ottobre 2022, nella Concattedrale.
Il convegno annuale, dopo l’incontro con i coordinatori del 27 settembre scorso, ci permette di vivere ancora una volta la gioia dell’incontro e di attivare percorsi virtuosi per l’annuncio della fede nella nostra Chiesa diocesana. La presenza di fratel Enzo Biemmi che da anni accompagna numerosi progetti ed iniziative di formazione a livello europeo e italiano, ha dato all’iniziativa del nostro Ufficio catechistico un ampio respiro e un sicuro spessore formativo. Da decenni ormai lo stesso fratel Enzo collabora anche con l’Istituto pastorale pugliese, organo della Conferenza episcopale pugliese, con diversi progetti (IBF: Itinerario Biennale di Formazione, il “Secondo Annuncio” e, attualmente, l’iniziativa rivolta alle Chiese di Puglia riguardo la realtà della parrocchia).
I numerosi catechisti presenti hanno percorso insieme al relatore un viaggio nel tempo dal sapore ricco di memoria e profezia, chiedendosi qual era e quale sarà la situazione dei cristiani rispetto alle numerose sfide che riguardano l’annuncio della fede. Viviamo una transizione complessa, ha affermato fratel Enzo, la catechesi è chiamata a riformularsi, a stare nel cambiamento. Non è semplice assumere una mentalità missionaria, bisogna cogliere dalla realtà le possibilità di annuncio e di generazione alla fede.
Il convegno è stata anche l’occasione per vivere insieme il Mandato ai catechisti. Alla presenza del vicario generale, monsignor Alessandro Greco, i catechisti hanno rinnovato con entusiasmo il proprio impegno nelle comunità parrocchiali.
Don Lucangelo De Cantis, direttore dell’Ufficio catechistico, ha incoraggiato tutti i presenti a non sentirsi soli, a vincere le resistenze aprendosi con coraggio alla voce dello Spirito.
Nelle prossime settimane avranno inizio gli incontri vicariali che saranno l’occasione per ampliare la riflessione iniziata con fratel Enzo.
La Taranto dell’accoglienza unita per l’Ucraina con “Sylni Rasom”
13 Ott 2022
“Sylni Rasom” in lingua ucraina significa “L’unione fa la forza”: questo è il nome scelto dall’associazione Italo-Ucraina che sta aiutando i profughi ucraini giunti sul nostro territorio per sfuggire la guerra.
La presidente Orel Oksana, i soci fondatori e i volontari dell’associazione “Sylni Rasom” sono cittadini ucraini che abitano a Taranto da anni; potendo parlare l’ucraino, il loro ruolo di interpretariato è fondamentale nell’accoglienza e nell’integrazione dei profughi che non parlano la nostra lingua.
Oltre ad assistere i compatrioti giunti a Taranto, l’associazione “Sylni Rasom” organizza anche la raccolta di viveri, farmaci e generi di prima necessità da inviare alle popolazioni ucraine rimaste in patria.
Ora, mentre ancora l’Ucraina è ancora devastata dalla guerra, l’associazione “Sylni Rasom” organizza una serata benefica che si terrà, alle ore 17.30 di venerdì 14 ottobre, con ingresso libero all’Auditorium della Parrocchia San Roberto Bellarmino, in corso Italia n.184 a Taranto.
Nell’occasione sarà allestita una fiera in cui si potranno acquistare souvenir dell’Ucraina e lavoretti realizzati dai bambini ucraini: tutto l’incasso sarà inviato per le necessità del popolo ucraino.
Scopo della manifestazione è non solo quello di sollecitare aiuti materiali, ma anche e soprattutto mantenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica sulle conseguenze della guerra per l’Ucraina e per l’Europa, nonché sulla necessità di sostenere la resistenza del popolo ucraino.
Nel corso della serata sarà proiettato il cortometraggio “Mariupol unlost hope” che, diretto da Maksym Litvinov, mostra la guerra in Ucraina attraverso gli occhi della gente comune che ha vissuto il primo mese dell’invasione di Mariupol; basato sui diari della giornalista locale Nadia Sukhorukova.
Per l’associazione “Sylni Rasom” la serata vuole soprattutto rappresentare l’occasione per ringraziare la Taranto dell’accoglienza, ovvero tutti coloro che, a vario titolo e nei modi più svariati, hanno collaborato all’accoglienza e integrazione dei profughi ucraini: istituzioni, associazioni, istituti scolastici, parrocchie, aziende, stakeholder e professionisti.
Sabotaggi e annessioni: prove tecniche di ‘pace fredda’?
Può essere letta in vari modi la concomitanza dei sabotaggi – avvenuti in acque territoriali svedesi e al largo delle isole danesi di Svalbard – con l’inaugurazione del Baltic Pipe tra Norvegia, Danimarca e Polonia e con il finanziamento della Commissione Ue per l’allaccio esteuropeo al gasdotto greco-azero
13 Ott 2022
di Giuseppe Casale*
A poche ore dalle esplosioni sui gasdotti baltici tra Russia e Germania, l’europarlamentare polacco Radoslaw Sikorski (capo della delegazione permanente Ue-Usa, già ministro della difesa e degli esteri a Varsavia nonché membro del direttivo del Gruppo Bilderberg), ha twittato “Thank you Usa”. Esultando per la fine del ricatto russo, ha ripostato la frase con cui Biden, il 7 febbraio, prometteva di archiviare per sempre il Nordstream 2 in caso di attacco all’Ucraina. Poco vale ridurre ciò ai tipici sentimenti germanofobi e russofobi dei polacchi. Il messaggio sollecita l’analisi, articolata su più livelli, di un segnale forse di svolta.
L’ipotesi dell’autosabotaggio russo rimanda all’obiettivo di Putin di lasciare l’Europa alla canna del gas in inverno, senza pagare penali per inadempimenti contrattuali. Il movente però non convince granché. Sì, perché piuttosto che danneggiare definitivamente i propri tubi, è preferibile chiudere il rubinetto, conservando, con la facoltà di riaprirlo, un potere negoziale non da poco. Inoltre perdere l’alternativa baltica spunta le armi del Cremlino sul versante ucraino, che fino a ieri poteva chiudere il gas a Kiev compensando le perdite con la riapertura del Nordstream 1. Quanto alle penali, la Russia già da febbraio sa che le pioveranno addosso le condanne per danni di guerra. Ostracizzata dalla governance internazionale su cui l’Occidente fa affidamento, figuriamoci se riconoscerebbe la legittimità di verdetti ingiuntivi per la violazione dei contratti: quale ufficiale giudiziario si incaricherebbe di eseguirli coattivamente?
Certo Washington, che da anni ostenta disappunto per i due gasdotti, non ha di che rammaricarsi. Nel 2021 la Casa Bianca ha istituito un apposito ufficio per impedire l’attivazione del secondo tubo, mentre da tempo il Congresso auspica ritorsioni contro l’ostinazione tedesca a gettare ponti tra Europa e Russia. I venti di guerra ucraini, si sa, hanno portato Berlino a più miti consigli, sospendendo il varo del Nordstream 2. Perché tanta preoccupazione? L’aggiramento settentrionale al pedaggio ucraino di Gazprom, oltre a marginalizzare i soci russofobi esteuropei, rafforza la liason euroasiatica condannata dagli Usa, crucciati per le “infedeltà” del multilateralismo in seno a un blocco euroatlantico non più blindato come ai tempi della Cortina di ferro.
Può essere letta in vari modi la concomitanza dei sabotaggi – avvenuti in acque territoriali svedesi e al largo delle isole danesi di Svalbard – con l’inaugurazione del Baltic Pipe tra Norvegia, Danimarca e Polonia e con il finanziamento della Commissione Ue per l’allaccio esteuropeo al gasdotto greco-azero.
Ma c’è un altro dato su cui fermarsi: la coincidenza con i referenda per l’integrazione degli oblast ucraini occupati nella Federazione russa. Essi sono stati interpretati come il gioco al rialzo di Putin per giustificare la mobilitazione parziale e soprattutto per minacciare il ricorso al nucleare previsto dalla dottrina militare russa per la difesa del territorio nazionale. Eppure, anticipati dall’indiscrezione di Erdogan sull’intenzione del Cremlino di trattare l’armistizio, i due discorsi di Putin sulla mobilitazione e alla firma dei decreti post-referendari hanno particolarmente insistito sulla mancanza di volontà in Occidente (non a Kiev) a negoziare davvero. A seguire, la dichiarazione contraddittoria di Zelensky, che ha sì definito la pace possibile solo dopo la riconquista totale, ma si è detto pronto a trattare solo quando il Cremlino avrà un altro inquilino: significa chiamare al tavolo direttamente Washington?
Questo mentre il fronte russo in Donbass cede, ma Kiev conta truppe ormai dimezzate, paventando la sproporzione con i numeri disponibili per Mosca. Non solo: alla nuova richiesta ucraina di adesione accelerata alla Nato, stavolta la Russia, per bocca della portavoce di Lavrov, ha reagito non con un altolà, ma con uno sprezzante “peggio per loro, ognuno per la sua strada”.
Lo scenario di sabotaggi e annessioni potrebbe rispondere a una logica speculare del “fatto compiuto”, a precostituire la soddisfazione unilaterale dei rispettivi obiettivi e tracciare le condizioni minime non negoziabili per cessare il fuoco. Assicurarsi la striscia russofona sul Mar Nero significherebbe per il Cremlino conseguire una vittoria moralmente e strategicamente accettabile. Per Washington, la fine del Nordstream sancirebbe simbolicamente la “polonizzazione” dell’Europa, sintonizzata sull’americanismo senza riserve. Ma il taglio anche solo provvisorio del ponte energetico alle spalle della Germania corona la demonizzazione della Russia, estirpando la tentazione di ripristinare le relazioni anteguerra. E serra i ranghi atlantici in funzione del contenimento cinese nel un nuovo ciclo della politica globale. Nella radicalizzazione bipolare, poco male se ciò spinge Mosca nelle braccia di Pechino, quando sortisce l’effetto di intimidire i restanti Brics e i Paesi che, bussando alla porta della Cooperazione di Shanghai, sperano di ricavare dal cuneo cinese i margini per giocare su più tavoli.
Non sono previsioni, ma rilevazioni in controluce delle occasioni apparecchiate dai fatti. Neanche del tutto ottimistiche, se prospettano la normalizzazione di una “Pace fredda” affidabile quanto un futuro impostato sul registro dello scontro di civiltà.
“L’Europa per rinascere dal suo egoismo ha bisogno dell’Africa e, reciprocamente, l‘Africa ha bisogno dell’Europa per curare le sue ferite”. Lo ha detto il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nella “lectio magistralis” all’università Sapienza di Roma per il conferimento del dottorato “honoris causa” in Studi politici. “L’Africa oggi per l’Europa rappresenta il grande spazio in cui mettere alla prova l’utilità della sua esistenza”, la tesi di Zuppi: “A che serve l’Europa? È la domanda da farsi senza guardarsi addosso ma alzando lo sguardo. L’Europa può essere utile per la creazione di un vasto campo della democrazia e dei diritti che vada da Capo Nord al capo di Buona Speranza. Si parla tanto di diritti nel nostro mondo ma limitandoli a sé stessi e al proprio piccolo mondo. Malgrado tutto e nonostante le forze che vi si oppongono, la democrazia è una profonda aspirazione degli africani, una loro attesa. In questo ci può essere un’avventura comune”. “La democrazia non è fatta solo di elezioni ma anche di separazione dei poteri, indipendenza della magistratura, libertà civili garantite, stato di diritto, libertà di stampa e di associazione”, ha ricordato il presidente della Cei: “La democrazia è una lunga strada. C’è spazio per un intervento europeo, non di stampo neo-coloniale ma di partenariato politico e giuridico. Il funzionamento della democrazia necessita di un lungo apprendistato, a cui l’Europa può contribuire con esperienza ed immaginazione. Si tratta di un tema globale. Non una risposta tecnocratica o funzionale ma un ‘desiderio europeo’ che faccia appello alla profondità delle radici e ai sentimenti dei cittadini. L’Africa rappresenta il partner ideale di questa sfida per il vincolo culturale e linguistico. Un partner da incontrare con rispetto e senza paternalismo perché ha molto da dare”.
Bruxelles – “I temi di questa assemblea per tanti versi sono obbligati. Ce n’è uno che certamente predomina su tutto: la guerra e le sue conseguenze. È evidente che avremo bisogno di confrontarci e condividere preoccupazioni che sono insieme pastorali e istituzionali”. Lo afferma mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, vicepresidente della Comece (Commissione degli episcopati dell’Unione europea), nella giornata d’apertura della plenaria dei vescovi europei, che proseguirà, a Bruxelles, fino a venerdì 14 ottobre. “Percepiamo questo fondamentalmente: siamo ad un passaggio drammatico, anzitutto per la popolazione ucraina, e per le istituzioni, perché di fronte a questo dramma l’Europa è chiamata a rispondere”. E aggiunge: “Stiamo vedendo che a volte la risposta fa fatica a emergere in maniera adeguata e netta”. Mons. Crociata sottolinea: “I vescovi condividono l’esigenza di una compattezza tra di loro e tra i Paesi, perché l’Europa trovi, in questo passaggio difficile, un motivo per rafforzare l’unità, per un rilancio e un protagonismo sul piano europeo e su scala geopolitica, soprattutto in relazione a questa guerra”.
foto Sir/Marco Calvarese
foto Sir/Marco Calvarese
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Il vicepresidente Comece specifica: “C’è molta apprensione e viva partecipazione al dramma di questo popolo, sottoposto a una costante minaccia alla vita delle persone e all’unità nazionale. Siamo fiduciosi che questo nostro messaggio, questo trovarci insieme a riflettere su questi temi possa spingere i responsabili delle nazioni a intervenire in maniera adeguata, a trovare le vie per un dialogo, per un incontro, per una tregua, per un cammino che vada verso la pace”.
Infine afferma: “siamo inoltre convinti che, mediante questa sollecitazione, anche i cittadini siano richiamati, a una presa di coscienza, a una partecipazione attiva, e alla volontà di far sentire il bisogno di superare questo momento. Una fase difficile che a livello sociale viene avvertita a tutti i livelli, con conseguenze drammatiche per tutti, soprattutto per le fasce più deboli della popolazione. Ciò dovrebbe portare a chiedere, da parte di tutti, interventi dall’alto, che ci vogliono; ma anche a sollecitare una diffusa volontà di coesione e di pace che vada oltre tutte le divisioni e le divaricazioni che in questo momento purtroppo ancora si presentano”.
I vescovi delegati delle Conferenze episcopali dell’Unione europea sono riuniti in plenaria per approfondire le implicazioni socio-economiche e geopolitiche dell’invasione russa dell’Ucraina, con un accento particolare sulla crisi energetica. Durante la tre giorni incontreranno diversi esperti e rappresentanti politici.
Il programma prevede anche, questa sera, la “Messa per l’Europa”, nella chiesa di Notre-Dame des Victoires au Sablon, in Place du Grand Sablon. La messa sarà presieduta dal presidente Comece, cardinale Jean-Claude Hollerich.
Giubileo straordinario parrocchiale alla Madonna del Rosario di Grottaglie
A cinquant’anni dalla fondazione della parrocchia
12 Ott 2022
“La parrocchia è presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione”: con queste parole di papa Francesco dell’Evangelii Gaudium ci siamo introdotti lo scorso 7 ottobre nel Giubileo straordinario a cinquant’anni dalla fondazione della parrocchia.
Era il 7 ottobre 1972 quando l’allora arcivescovo di Taranto, mons. Motolese istituì la quinta parrocchia a Grottaglie dedicandola alla Vergine del Rosario.
Per i primi nove anni la sede fu nei locali di piazza Verdi, fin quando poi fu acquistato un terreno nella zona nuova della città dove iniziarono i lavori di costruzione del nuovo edificio di culto, che venne inaugurato il 28 maggio 1983. Anche la confraternita del Rosario (fondata nel 1572) guidata dal priore Aristodemo Quaranta si trasferì in quei locali.
Il primo parroco fu don Pietro d’Amicis, collaboratore don Ciro Monteforte che Io sostituì alla guida della parrocchia per 31 anni. Oggi la stessa è retta da mons. Luca Lorusso, collaboratori don Francesco Nigro e don Adriano Arcadio.
Per ricordare questo importante traguardo su richiesta dell’arcivescovo Filippo, la penitenziaria apostolica ci ha concesso un anno di Grazia istituendo il Giubileo straordinario parrocchiale dal 7 ottobre 2022 al 7 ottobre 2023.
La sera del 7 ottobre, il nostro arcivescovo con mons. Ottavio Vitale, vescovo di Lezhe (originario della nostra comunità parrocchiale), insieme ai sacerdoti della vicaria di Grottaglie, alle autorità civili e militari e al popolo convenuto da tutta la città ha aperto ufficialmente la Porta santa dando così inizio all’anno santo.
Durante l’omelia, il presule ha sottolineato come la parrocchia, collocata nella periferia della città, è attenta alle varie necessità facendosi vicina ai più bisogni attraverso la Caritas, accompagnando i ragazzi nel percorso di formazione, attraverso la catechesi diventando in questi anni un punto di riferimento per giovani e adulti.
I festeggiamenti sono continuati nelle giornate di sabato e domenica, la prima è stata scandita dai festeggiamenti civili, la seconda da quelli religiosi.
È stato mons. Ottavio Vitale a presiedere la santa messa la mattina del 9 ottobre, con il giubileo dei bambini del catechismo con le loro famiglie concludendo poi con la supplica alla Vergine del Rosario. Il pomeriggio si è celebrato il giubileo delle confraternite (erano presenti le confraternite di Grottaglie: SS. Sacramento, Carmine, SS. Nome di Gesù e Purgatorio e la confraternita del Rosario di San Giorgio J.), anche loro hanno vissuto la liturgia di accoglienza e il passaggio della porta santa, seguito poi dalla celebrazione eucaristica, durante la quale sono stati ammessi un novizio e tre nuove consorelle nella confraternita del Rosario, guidata dal commissario arcivescovile, cav. Nicola Albano.
Accompagnata dalle confraternite cittadine, dall’amministrazione comunale, dai bambini del catechismo e dalle famiglie dopo due anni di restrizioni a causa della pandemia, la Vergine Maria è stata portata in processione per le vie della città, accolta dai numerosi fedeli e dalle strade addobbate a festa come da tradizione ormai consolidata. Al termine è stata impartita la benedizione su tutti i presenti.
A seguito spettacolo pirotecnico, spettacoli musicali, mercatini e area street food hanno allietato la serata. Fino al 7 ottobre 2023 sarà possibile lucrare una volta al giorno, l’indulgenza plenaria applicabile a sé stessi o ai propri cari defunti, passando attraverso la porta santa, confessandosi, partecipando alla santa messa, facendo la comunione e pregando secondo le intenzioni del pontefice.
Parte a Taranto la terza edizione di T.R.U.St. undici street-artist di fama internazionale
Al via dall’11 ottobre e fino al 13 novembre la terza edizione del progetto di arte urbana che dal 2020 ha regalato alla città di Taranto ventidue opere murarie open air di calibro internazionale
12 Ott 2022
Al via dall’11 ottobre e fino al 13 novembre la terza edizione di T.R.U.St, il progetto di arte urbana che dal 2020 ha regalato alla città di Taranto ventidue opere murarie che compongono un percorso espositivo open air di calibro internazionale.
L’iniziativa è stata presentata nella biblioteca comunale ‘Pietro Acclavio’, confermando il valore ambizioso del progetto, fino a oggi un unicum per l’Italia meridionale e per la sua vocazione contemporanea e innovativa.
«Con T.R.U.St. abbiamo coltivato un’idea semplice e rivoluzionaria – il commento del sindaco Rinaldo Melucci – ossia che l’arte può essere veicolo di rivalutazione e rigenerazione di qualsiasi area urbana. L’arte contemporanea, per altro, è un veicolo di promozione eccezionale per le città e in particolare per Taranto, che ha già maturato una vocazione in tal senso. Anche quest’anno, quindi, abbiamo individuato come quartieri obiettivo Salinella e Paolo VI, insieme con il centro di Taranto, dove ben undici artisti provenienti da tutta Europa si misureranno con l’affascinante linguaggio della street art».
Da Super A, alter ego dell’artista multidisciplinare olandese Stefan Thelen, considerato uno dei migliori street artist dei Paesi Bassi, che ripropone nelle sue opere i personaggi classici dei cartoni animati e della cultura pop “sbucciati” per rivelare il loro lato più realistico e umano, a Vesod, uno degli artisti più interessanti del panorama italiano capace di fondere in uno stile unico un’attitudine artistica innovativa e dinamica verso la materia muovendosi al contempo su piani astratti e figurativi. Passando per le esplosioni psichedeliche dell’irlandese Aches, i mondi in transito, le forme in evoluzione dell’artista spagnola Anna Taratiel, arrivando allo stile suggestivo ed emozionale degli italiani Claudio Morne e di Etsom: questi gli artisti ospiti della prima sessione di T.R.U.St 2022, in programma dall’11 fino al 19 ottobre.
Dal 4 al 13 novembre saranno protagoniste le geometrie, le linee, il lavoro sul lettering e le finestre di Joys (Italia), la forza espressiva e la mission verso il racconto di temi sociali delle figure e dei volti di JDL (Olanda), la delicatezza espressiva del corpo umano di IOTA (Belgio), l’iperrealismo di Dadospuntocero (Spagna), il surrealismo magico di Alessandra Carloni (Italia).
«T.R.U.St è stato una grande scommessa vinta, un’iniezione necessaria di modernità e cultura nella nostra Taranto. Il progetto si sposa perfettamente con la visione di marketing territoriale condivisa da tutta l’amministrazione Melucci – le parole dell’assessore allo Sviluppo economico Fabrizio Manzulli – un appuntamento europeo che ha registrato numeri importanti di visitatori nelle varie aree museali open air create nelle precedenti edizioni. L’intenzione è quella di arricchire ancora di più l’offerta artistica che la città propone e ci impegneremo affinché T.R.U.St. possa essere ripetibile negli anni».
Il progetto T.R.U.St., organizzato e coordinato dalle associazioni Rublanum e Mangrovie, conferma di essere un contenitore artistico-culturale capace di alimentarsi di anno in anno. Per questa III edizione, avvalorando quanto già iniziato nei precedenti anni, è chiara l’intenzione sociale delle iniziative che saranno promosse per tutta la durata dell’evento. Creatività condivisa è la parola d’ordine.
Oltre alla realizzazione delle opere murarie di cui l’associazione calabrese Rublanum firma la direzione artistica, saranno previsti dei momenti di incontro tra gli artisti e la comunità. A cura dell’associazione Mangrovie saranno l’organizzazione e la promozione di diversi laboratori che costelleranno questa edizione del progetto, tra cui: un laboratorio di urbanismo tattico con Giuseppe Frisino e Gabriella Mastrangelo (dal 21 al 30 novembre), un laboratorio di serigrafia con l’associazione Ammostro (11 e 12 novembre), la realizzazione di un’opera orizzontale tramite laboratorio condiviso e un laboratorio musicale di rigenerazione sociale, “I cieli di Taranto”, in cui sarà formato un team con gli iscritti che si occuperà della realizzazione di un concept album della band Mangrovia Twang, e infine un laboratorio di produzione audio con Andrea Panchetti (dal 26 al 29 ottobre), di produzione video con Aurora Cesari (dal 7 al 10 novembre) e di grafica per bambine e bambini volto alla realizzazione di una fanzine (dal 21 ottobre all’8 novembre a cadenza settimanale).
Scuola cattolica: quasi 8mila istituti con oltre mezzo milione di alunni
Più di 542mila alunni, tra i quali quasi 10mila con disabilità e quasi 40mila di cittadinanza non italiana. Sono i numeri del XXIV Rapporto del Centro studi per la scuola cattolica (Cssc) intitolato “Valutare per valorizzare”
Oltre 7.800 istituti con un totale di 542.080 alunni, tra i quali quasi 10mila con disabilità e quasi 40mila di cittadinanza non italiana. Sono i numeri del XXIV Rapporto sulla scuola cattolica in Italia, pubblicato come ogni anno a cura del Centro studi per la scuola cattolica (Cssc) della Conferenza episcopale italiana. Valutare per valorizzare il titolo del report che, uscito con l’editrice Scholé in coincidenza con l’inizio del nuovo anno scolastico, rimanda ad un momento chiave della vita scolastica.
“A questa valutazione – scrive mons. Claudio Giuliodori, presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università, nella presentazione del volume – sono legati i ricordi di tutti noi ex alunni, che siamo sicuramente passati attraverso l’esperienza di prove di verifica ed esami, che a loro volta sono stati fonte di ansia e di soddisfazione, di attese e di delusioni, perché la valutazione scolastica” è “anche e soprattutto un’esperienza emotiva, oltre che un fatto tecnico affidato alla competenza degli insegnanti”.
Competenze didattiche, vissuto emotivo e prospettive di innovazione. Tra le novità registrate dal volume il ritorno del giudizio al posto del voto nella scuola primaria, la valutazione delle competenze, la valutazione della nuova educazione civica, le novità per gli esami di Stato. Perché, secondo i contributi raccolti dai diversi esperti, la valutazione deve valorizzare ogni alunno e non solo classificare e selezionare; più che funzione burocratico-amministrativa deve insomma avere soprattutto funzione educativa. E le scuole cattoliche questo lo fanno da tempo, come dimostra una ricerca sul campo che ha coinvolto insegnanti, studenti delle secondarie e genitori delle primarie mostrando che tutte le componenti scolastiche si pronunciano a larga maggioranza per una valutazione tesa a migliorare l’apprendimento degli alunni. Permangono forme tradizionali di valutazione, con interrogazioni e compiti scritti che occupano la maggior parte del tempo (rispettivamente 67% e 47%), ma è forte anche la presenza di prove strutturate e osservazione sistematica (oltre il 40%) e di esercitazioni e lavori di gruppo (intorno al 30%).
Cosa dicono gli studenti? Per quanto riguarda il vissuto personale, solo il 30% di studenti secondari riferisce di essere stressato dalle prove di valutazione, forse per via dell’ambiente disteso e accogliente delle scuole cattoliche in cui tre quarti dei genitori della primaria esprimono grande fiducia negli insegnanti approvandone incondizionatamente le valutazioni. Con riferimento alle recenti novità, due terzi degli insegnanti primari approvano la sostituzione del voto con il giudizio verbale mentre i genitori si dividono esattamente a metà; nella secondaria invece la maggioranza rimane affezionata ai voti numerici e non intende cambiare. “Manca purtroppo la possibilità di confrontare questi risultati con le analoghe posizioni espresse dalle scuole statali”, il commento dei curatori del Rapporto.
Buone pratiche. Il volume contiene anche una piccola raccolta di buone pratiche e suggerimenti metodologici che vanno dal ruolo strategico del metodo di studio all’applicazione del Sistema degli obiettivi fondamentali dell’educazione (Sofe), dalla sperimentazione di specifiche modalità valutative nella formazione professionale alla proposta finale di un decalogo per la valutazione. Ma la carta vincente rimane l’attenzione educativa propria delle scuole cattoliche, che si ripercuote positivamente anche sulle prassi valutative.
foto Siciliani-Gennari/Sir
I dati. Come ogni anno, il Rapporto si conclude con l’appendice statistica che documenta le dimensioni del sistema di scuola cattolica in Italia, curata e commentata da Sergio Cicatelli, coordinatore scientifico del Cssc, che parla di “una lenta uscita dall’emergenza”. Rispetto ad anni recenti, in cui si era registrato un calo significativo e preoccupante, la linea di tendenza negativa sembra infatti aver rallentato il suo corso. I segnali di ripresa emersi già lo scorso anno e legati in parte all’emergenza pandemica trovano conferma: nell’anno scolastico 2021-22 le scuole cattoliche sono 7.829, solo 30 in meno rispetto all’anno precedente; gli alunni sono complessivamente 542.080, con un calo di 2.699 unità “che deriva però – si legge nel Rapporto – da una netta perdita nelle scuole primarie e dell’infanzia compensata da un aumento nelle secondarie, soprattutto di secondo grado”. Tra i punti di forza delle scuole cattoliche l’abbondante disponibilità di spazi e la buona condizione delle strutture edilizie, insieme alla progressiva crescita di inclusività nei confronti degli alunni disabili e degli stranieri. Tra le criticità rimangono quelle economiche, cui si aggiunge il forte divario territoriale: le scuole del Nord (che da sole rappresentano quasi il 60% del totale) hanno fino al doppio di alunni delle sempre meno numerose scuole del Sud.
Primo appuntamento con “Afro – American sound”. Ensemble dell’Orchestra Magna Grecia diretto da Massimo Zanotti, con Elena Giardina (voce) e Gabriele Bolognesi (sax). Ospite il critico musicale Pierfrancesco Pacoda
Da James Brown a Michael Jackson, da Aretha Franklin a Amy Winehouse, da Stevie Wonder a Lionel Richie. Sono alcuni dei grandi nomi che faranno da colonna sonora a “Afro American sound”. Giovedì 13 ottobre alle 10.30 al Teatro Orfeo, primo appuntamento sul funk, un viaggio musicale attraverso i diversi generi e stili musicali (funk, soul, blues) indirizzato alle Scuole medie e superiori: “Afro – American sound”. Insieme con un ensemble dell’Orchestra della Magna Grecia diretto da Massimo Zanotti, Elena Giardina (voce) e Gabriele Bolognesi (sax). Ospite il critico musicale Pierfrancesco Pacoda. La rassegna è promossa dall’Orchestra della Magna Grecia, dal Comune di Taranto e dal Ministero della Cultura, in collaborazione con la Regione Puglia. Ingresso libero.
Il progetto, dal carattere divulgativo, si articola in tre spettacoli che raccontano la storia della black music afroamericana, presentando arrangiamenti originali creati per brass band e voce, e intervallando l’esecuzione musicale con la narrazione parlata. Protagonista di tutti gli appuntamenti della rassegna è l’Orchestra della Magna Grecia, affiancata di volta in volta da una cantante. A fare da filo conduttore lo storytelling di Pierfrancesco Pacoda, per immergere il pubblico in quella scena culturale e musicale che ha avuto il suo massimo sviluppo dalla metà del Novecento, rivoluzionando il linguaggio e il mercato musicale contemporaneo.
Il via con la “Funk night”. Il funk è il suono della danza e dell’Africa che invade definitivamente le metropoli, “colonizza” il rock, si fa torrida colonna sonora dei ghetti che reclamano la loro poetica bellezza, fa nascere linguaggi musicali che diventano stili di vita come l’hip hop, seduce i grandi interpreti dell’avanguardia rock, unisce per sempre il centro e la periferia. Firma gli arrangiamenti della serata il maestro Massimo Zanotti, per riascoltare insieme alla voce di Elena Giardina pagine come Good Times, Virtual Insanity e Papa’s Got a Brand New Bag.
Prossimo appuntamento della rassegna con la “Blues night”, dedicata all’incredibile impatto che il blues ha avuto sulla musica contemporanea. Il tour inglese di Bo Diddley insieme ai Rolling Stones aprì la mente a una generazione di artisti che, passando per quei fraseggi, fecero nascere il beat e tutti i suoni che ne derivarono; mentre nella patria del blues, personalità come Jimi Hendrix riaccendevano la fiamma del tribalismo, portando questa musica sui palchi della ribellione. La direzione e le trascrizioni originali sono affidate questa volta a Massimo Morganti, per ripercorrere brani come Crossroad Blues, Red House e Baby Please Don’t Go.
“Una persona che mai desidera è una persona ferma, forse ammalata, quasi morta”. Lo ha detto, a braccio, papa Francesco, che ha dedicato l’udienza di oggi, pronunciata in piazza San Pietro, ad uno degli elementi indispensabili del discernimento: il desiderio, che “alla radice, è una nostalgia di pienezza che non trova mai pieno esaudimento, ed è il segno della presenza di Dio in noi”. Al termine, un ennesimo appello “quanti hanno in mano le sorti della guerra” in Ucraina si adoperino “perché cessi la violenza e si possa costruire una convivenza pacifica nella giustizia”.
“Il desiderio non è la voglia del momento”, ha esordito il papa, ricordando che la parola italiana “viene da un termine latino molto bello, de-sidus, letteralmente ‘la mancanza della stella’, del punto di riferimento che orienta il cammino della vita; essa evoca una sofferenza, una carenza, e nello stesso tempo una tensione per raggiungere il bene che ci manca”.
“Il desiderio, allora, è la bussola per capire dove mi trovo e dove sto andando, anzi è la bussola per capire se sto fermo o sto andando”, ha spiegato a braccio Francesco: “Un desiderio sincero sa toccare in profondità le corde del nostro essere, per questo non si spegne di fronte alle difficoltà o ai contrattempi. È come quando abbiamo sete: se non troviamo da bere, non per questo rinunciamo, anzi, la ricerca occupa sempre più i nostri i pensieri e le nostre azioni, fino a che diventiamo disposti a qualsiasi sacrificio per poterla placare, quasi ossessionato”. “Ostacoli e insuccessi non soffocano il desiderio, al contrario lo rendono ancora più vivo in noi”, ha osservato il papa: “A differenza della voglia o dell’emozione del momento, il desiderio dura nel tempo, un tempo anche lungo, e tende a concretizzarsi”. “Il desiderio ti fa forte, ti fa coraggioso, ti fa andare avanti sempre”, ha puntualizzato ancora a braccio. Le lamentele, invece, “sono un veleno: un veleno all’anima, un veleno alla vita, perché non ti fanno crescere il desiderio di andare avanti”. Come il paralitico incontrato da Gesù nella piscina di Betzatà, “esempio tipico delle persone che dicono ‘sì, sì, voglio, voglio’ ma poi non fanno nulla: il voler fare diventa un‘illusione e non si fa il passo per farlo”. È proprio il desiderio, invece, a fare la differenza tra un progetto riuscito, coerente e duraturo, e le mille velleità e i tanti buoni propositi di cui, come si dice è lastricato l’inferno: ‘Io vorrei, io vorrei…ma non fai nulla’”. “L’epoca in cui viviamo sembra favorire la massima libertà di scelta, ma nello stesso tempo atrofizza il desiderio, per lo più ridotto alla voglia del momento”, ha denunciato Francesco: “Dobbiamo stare attenti a non atrofizzare il desiderio”. “Siamo bombardati da mille proposte, progetti, possibilità, che rischiano di distrarci e non permetterci di valutare con calma quello che veramente vogliamo”, l’analisi del papa, che ha citato i giovani con il telefonino in mano: vivono “saziati del momento” e non si fermano per pensare.
“Molte persone soffrono perché non sanno che cosa vogliono dalla propria vita, tanti”, la tesi del papa: “probabilmente non hanno mai preso contatto con il loro desiderio profondo. Da qui il rischio di trascorrere l’esistenza tra tentativi ed espedienti di vario tipo, senza mai arrivare da nessuna parte, e sciupando opportunità preziose. E così alcuni cambiamenti, pur voluti in teoria, quando si presenta l’occasione non vengono mai attuati. Manda il desiderio forte di portare aventi la cosa”. “Se il Signore rivolgesse a noi, oggi, la domanda che ha fatto al cieco di Gerico: ‘Che cosa vuoi che io faccia per te?’, cosa risponderemmo?”, la domanda rivolta ai fedeli: “Forse, potremmo finalmente chiedergli di aiutarci a conoscere il desiderio profondo di lui, che Dio stesso ha messo nel nostro cuore. ‘Signore, che io conosca i mei desideri, che io sia un uomo o una donna di grandi desideri’. E forse il Signore ci darà la forza di concretizzarlo. È una grazia immensa, alla base di tutte le altre: consentire al Signore, come nel Vangelo, di fare miracoli per noi, di darci il desiderio e di farlo crescere. Perché anche lui ha un grande desiderio nei nostri confronti: renderci partecipi della sua pienezza di vita”.