Diocesi

“Io accolgo te”: inizia il cammino per le coppie di fidanzati alla Santa famiglia di Taranto

20 Gen 2023

“Io accolgo te”: questo il nome scelto per il cammino delle coppie di fidanzati in preparazione al sacramento del matrimonio, organizzato dalla parrocchia Santa famiglia di Taranto.
Primo appuntamento fissato per domenica 5 febbraio alle ore 19, nella chiesa del quartiere Salinella.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Città

Il decreto salva-Ilva sarà modificato: così l’incontro col ministro Urso

19 Gen 2023

di Silvano Trevisani

Un piano nazionale per la siderurgia, con un investimento produttivo di 750 milioni per rifare l’Afo 5 a una centrale elettrica adeguata, un accordo di programma per la reindustrializzazione dell’area di Taranto e l’avvio già entro il 2023 delle prime iniziative che portino alla decarbonizzazione: sono questi gli impegni presi dal governo per il futuro dell’ex Ilva, in vista del cambiamento di assetto di Acciaierie d’Italia, con l’acquisizione della maggioranza da parte dello Stato che però, com’è noto, è slittata al 2024, per via delle vicende giudiziarie.

Si è concluso così in maniera interlocutoria, ma non definitiva, giudicata positiva dagli interlocutori istituzionali e industriali, ma con varie perplessità parte dei sindacati, l’incontro svoltosi ieri pomeriggio a Roma tra le parti sociali e il ministro alle Attività produttive Adolfo Urso, mentre in strada continuava il presidio dei sindacati, che avevano indetto lo sciopero della siderurgia.

La prima novità più importante, a questo punto, è che il decreto salva-Ilva non è stato pubblicato ma sarà discusso in Parlamento dopo le eventuali verifiche che verranno apportate a conclusione del confronto.

Per quanto riguarda il piano industriale, l’azienda prevede di produrre 4 milioni di tonnellate nel 2023, 5 milioni nel 2024, una quantità che sarebbe ancora nei limiti di pericolosità individuati dagli analisti ma che per i sindacati è insufficiente a garantire il rilancio e il ritorno al lavoro dei cassintegrati.

A spiegare gli investimenti in programma è stata Lucia Morselli, amministratore delegato dei AdI: “Uno degli investimenti che faremo e inizieremo quest’anno è il rifacimento di Altoforno 5. Perché rifarlo? Perché per arrivare alla conclusione del piano illustrato dal presidente Bernabè serve continuare a produrre e se Afo4 è a posto, appena rifatto, Afo2 è in condizioni più delicate.” Un altro investimento è sulla centrale elettrica, che deve garantire molta energia. Ma per quanto riguarda la cassa integrazione, non ha lasciato intravvedere esiti positivi a breve termine: per incassare i finanziamenti occorrono mesi e intanto i costi continuano però a salire.

Urso, da parte sua, rispondendo ai giornalisti al termine dell’incontro ha spiegato che quell’investimento spetterà ai soci nelle proporzioni attualmente detenute nella società per il 38% allo Stato e il 62% al socio privato. “Ma sapete che il governo si è impegnato a garantire una copertura finanziaria a garanzia dei costi con una formula che ci consente in ogni momento di trasformare quella somma in quote”. Il ministro ha espresso la convinzione che la siderurgia italiana possa rappresentare davvero un asse fondamentale per l’industria italiana ed europea e che a Taranto si possa fare dal polo siderurgico più grande d’Europa un modello per l’intero pianeta. Il governo ha chiesto all’azienda un cronoprogramma per un rilancio e una riconversione industriale green.

“l ministro – è il commento di Roberto Benaglia, segretario generale della Fim Cisl – ha dato la propria disponibilità a modificare il decreto. Ora dovremo valutare quali, in un confronto serrato”

“Abbiamo chiesto che i soldi siano condizionati a una ripresa produttiva vera e a una diminuzione degli ammortizzatori, il ministro ci ha risposto che tra un mese ci sarà un nuovo incontro per approfondire questo aspetto. C’è poi una novità, positiva ma pericolosa: l’accordo di programma, che a Piombino, Genova e Bagnoli ha voluto dire chiusura dell’area a caldo. Noi non chiuderemo l’area a caldo di Taranto. Ma discuteremo su come riformulare per proposte. Solo con i decreti Acciaierie d’Italia non è destinata a uscire da sola dalla crisi”.

Positivo il commento del sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci che definisce questa una “giornata storica”. “Nelle parole del ministro abbiamo riscontrato ampia sintonia con la nostra visione – ha dichiarato –; il fatto che abbia accolto la prospettiva di un accordo di programma, che noi chiediamo dal 2018, rende quella di oggi una data storica. Senza questo passaggio, senza accordo e piano nazionale della siderurgia, anche quest’ultimo elemento fondante della nostra relazione ripreso dal ministro, non c’è futuro per l’ex Ilva. Vogliamo credere che il Governo rispetterà gli impegni assunti, siamo pronti a dare il nostro apporto e a sorvegliare gli interessi primari della comunità”.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Emergenze sociali

De Capite (Caritas italiana): “Lavoriamo a un pacchetto di proposte sul Reddito di cittadinanza da sottoporre al Governo”

foto Fondazione Solidarietà Caritas onlus
19 Gen 2023

“Se non si scioglieranno i nodi delle cause, la povertà e la disuguaglianza resteranno un destino ineluttabile per troppe persone nel nostro Paese”. Sul Reddito di cittadinanza “stiamo lavorando ad un pacchetto di proposte su cui siamo disponibili a dialogare con il governo. Sarà pronto nelle prossime settimane”. A parlare è Nunzia De Capite, sociologa dell’ufficio politiche sociali di Caritas italiana, facendo il punto sulla situazione della povertà in Italia e sul futuro del dibattuto Reddito di cittadinanza (RdC). Il governo ha infatti stabilito nella legge di bilancio misure transitorie per il 2023 e una riforma complessiva nel 2024. Secondo De Capite l’idea della separazione delle misure – una per il supporto alle persone in povertà e una mirata alle persone disoccupate che potrebbero essere inserite nel mercato del lavoro – “è buona e permetterebbe di superare la fondamentale criticità del RdC: conseguire con un unico strumento due obiettivi non necessariamente conciliabili, contrasto alla povertà e inserimento lavorativo. Il problema sarà capire come tutto questo verrà fatto”. Ecco alcuni suggerimenti pratici, anche sulla base di un recente rapporto sulle politiche contro la povertà pubblicato da Caritas italiana. Secondo il report soltanto il 44% dei poveri assoluti ha finora percepito il Reddito di cittadinanza (per Banca d’Italia il 51%). Caritas italiana chiede di intervenire su tre dimensioni: i criteri di accesso; irrobustire i percorsi di inclusione sociale; orientare il sistema dei percorsi di inclusione lavorativa, rendendo conveniente lavorare o accettare nuove occasioni di lavoro per chi è occupabile, con interventi adatti per chi non è temporaneamente occupabile.

foto Siciliani-Gennari/Sir

Oxfam nel suo ultimo rapporto ha ricordato che le disuguaglianze in Italia sono aumentate, come anche la povertà assoluta. Cosa non funziona e cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?
Qui entra in gioco il tema delle disuguaglianze che affligge il nostro Paese da tempo: disuguaglianze di reddito, di ricchezza, disparità di condizioni di lavoro e di trattamento economico e di tutele. In una situazione in cui i redditi familiari sono oggi più bassi di oltre il 10% rispetto al 2006 e il lavoro si è precarizzato (riduzione degli orari di lavoro, aumento dei contratti a tempo determinato, frammentarietà lavorativa, persistenza delle basse retribuzioni, lavoratori poveri), interventi di tipo “redistributivo”, come il Reddito di cittadinanza, possono tutt’al più riequilibrare a valle il divario fra le disponibilità economiche delle persone attraverso interventi di erogazione economica. Ma, oltre ad esso, occorre pretendere che a livello centrale si mettano in campo anche interventi “predistributivi”, in grado cioè di agire a monte sui processi di creazione dei divari di reddito e di ricchezza fra le persone (regole del mercato del lavoro, tassazione, fisco, istruzione, salario minimo, ecc.) Se non si scioglieranno i nodi delle cause, la povertà e la disuguaglianza resteranno un destino ineluttabile per troppe persone nel nostro Paese.

Il governo sostiene che il RdC è fallito nella lotta alla povertà e annuncia di voler cambiare il modello, anche favorendo l’inclusione lavorativa. Ma se il lavoro in alcune zone depresse non c’è come si fa? 
Sicuramente il RdC ha procurato un innegabile immediato sollievo economico a moltissime famiglie in difficoltà, soprattutto nella fase dell’emergenza Covid: l’Istat e l’Inps hanno calcolato che senza il RdC sarebbero cadute in povertà oltre un milione di persone in più. Ma sia il contrasto alla povertà che l’inserimento lavorativo sono processi lunghi che richiedono tempo. Inoltre, se consideriamo coloro che vengono orientati ai Centri per l’impiego perché considerati “occupabili”, il profilo di costoro è problematico (basso grado di istruzione, lontani dal mercato del lavoro, esperienze lavorative pregresse frammentate e di breve durata, una generale demotivazione e disorientamento rispetto a quale lavoro desiderare e come chiederlo). Di conseguenza occorrono interventi adeguati e lunghi sia dal punto di vista sociale, sia  sul fronte lavorativo.

Finora si è sempre solo ragionato sull’offerta di lavoro, ovvero sulle competenze delle persone, trascurando invece la domanda di lavoro delle imprese, del settore pubblico e di altri soggetti privati. È tempo di includere nel ragionamento sull’inserimento lavorativo anche questo altro fondamentale tassello.

Il governo ha annunciato una riforma del RdC da realizzare nel 2024. Come vi sembrano le ipotesi avanzate nel dibattito pubblico?
L’idea di una riforma può essere valutata positivamente perché vuol dire che si dedicherà gran parte del 2023 a programmarla. Ci auguriamo però che si tenga conto di quello che già l’esperienza sul RdC ci ha insegnato in questi tre anni e che si dia spazio al confronto e al dialogo con tutti coloro che sui territori con questa misura lavorano quotidianamente (assistenti sociali, funzionari dei comuni, operatori dei Centri per l’impiego, ecc.). La direzione in cui governo sembrerebbe voler andare è quella della separazione delle misure: una solo per il supporto alle persone in povertà e una mirata alle persone disoccupate che potrebbero essere inserite nel mercato del lavoro e che hanno bisogno di un sostegno economico temporaneo. In 8 Paesi europei (Austria, Finlandia, Francia, Estonia, Grecia, Portogallo, Svezia e Spagna) esiste questa suddivisione fra reddito minimo e assegno sociale per il reinserimento lavorativo dei disoccupati.

L’idea è buona e permetterebbe di superare la fondamentale criticità del RdC: conseguire con un unico strumento due obiettivi non necessariamente conciliabili, contrasto alla povertà e inserimento lavorativo. Il problema sarà capire come tutto questo verrà fatto.

La legge di bilancio prevede una serie di interventi transitori sul RdC per il 2023, come li valutate?
La decisione di limitare l’erogazione del RdC a soli sette mesi, fino a luglio 2023, per le persone “occupabili” è molto rischiosa in quanto l’occupabilità viene definita sulla base non di requisiti lavorativi ma familiari (non vivere in nucleo con figli minori, persone con disabilità e over60 anni) e questo metterà in difficoltà molte persone in condizione di grave vulnerabilità che, allo scadere dei sette mesi, non riceveranno più alcun tipo di sussidio solo perché sono single o vivono in coppia senza figli. Un’altra previsione consiste nel rendere vincolante per i percettori di RdC 18-29enni il completamento dell’obbligo scolastico: questa è una novità positiva, vista la condizione esplosiva dei Neet (i giovani che non lavorano né studiano) nel nostro Paese, ma anche in questo caso a patto che si inserisca nel quadro complessivo di interventi per promuovere il benessere della persona con l’aiuto degli assistenti sociali e degli operatori sei servizi territoriali. Non tanto e solo un obbligo, quindi, ma una opportunità e che come tale sia vissuta dalle persone.

Negli ultimi tempi, soprattutto al Sud, i percettori del RdC sono scesi in piazza per chiedere che la misura sia mantenuta. Si rischiano tensioni sociali?
Avendo dichiarato che si passerà a due misure, immaginiamo che il prossimo passo del governo nelle prossime settimane consisterà nel render noti quali saranno i sostegni a disposizione degli 800.000 “occupabili” che da agosto non riceveranno più il RdC e non avranno trovato lavoro. Se così fosse non ci sarebbero da temere tensioni sociali montanti e questo sarebbe un bene perché le persone avrebbero chiaro l’orizzonte davanti a loro. Quando parliamo di contrasto alla povertà dobbiamo ricordare che c’è un limite non travalicabile, che è questo: garantire il diritto a un’esistenza dignitosa per chiunque sia caduto in povertà. In tutta Europa chiunque chi si trovi in povertà, che sia occupabile o non occupabile, ha diritto a ricevere a un aiuto pubblico. Non è pensabile che l’Italia diventi l’unico Paese privo di tale diritto.

Le politiche attive per trovare lavoro non hanno funzionato ma invece di fare autocritica sul sistema si colpevolizza solo chi lo ha percepito senza averne diritto, come se fossero gli unici responsabili delle criticità, innescando una guerra tra poveri. Politici e media soffiano sul fuoco di queste semplificazioni. Si può fare qualcosa per invertire questa narrazione disfunzionale?
L’assenza di monitoraggi periodici istituzionali con uscite sistematiche, soprattutto sul versante sociale, insieme al difficile accesso a dati disaggregati, non ha giovato alla misura in questi anni. Il terreno della comunicazione è stato colonizzato da inchieste giornalistiche non interessate ai processi né alle cause, ma focalizzate su situazioni singole e dai risvolti aneddotici. Nulla su funzionamenti e risultati, al contrario ci sono state generalizzazioni senza fondamento che hanno alimentato la retorica svilente sul RdC. Un accesso ai dati per attività di monitoraggio e ricerca procurerebbe molti vantaggi.

Ricordiamo, in estrema sintesi, le modifiche al RdC che chiedete?
Si tratta di intervenire su tre dimensioni: i criteri di accesso (diminuzione del numero di anni di residenza richiesti; rimodulazione delle soglie economiche al Nord; scala di equivalenza non discriminatoria verso le famiglie più numerose); i percorsi di inclusione sociale che vanno irrobustiti (assunzione di assistenti sociali per garantire il rapporto di 1 a 5.000; sostegno agli Ambiti Territoriali Sociali dal punto di vista amministrativo e contabile); sul fronte lavoro, orientare il sistema dei percorsi di inclusione lavorativa, rendendo conveniente lavorare o accettare nuove occasioni di lavoro per chi è occupabile (incentivi per i beneficiari che iniziano a lavorare; un sussidio ad hoc per i lavoratori; incentivi transitori al lavoro) e disegnare interventi adatti a chi non è (temporaneamente) occupabile, innanzitutto riconoscendo la quota di utenti non occupabili e quindi predisponendo risposte opportune per loro. Su questo stiamo lavorando ad un pacchetto di proposte declinabili concretamente su cui siamo disponibili a dialogare con il governo. Sarà pronto nelle prossime settimane.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Amministrazione locale

Passaggi importanti per rendere operativo il progetto del “Parco delle Gravine”

19 Gen 2023

“Nell’ultimo mese siamo stati testimoni di diversi passaggi importanti proprio al fine di rendere operativo il progetto del “Parco delle Gravine” di cui si parla ormai da tanto, passaggi che hanno visto dapprima insieme il presidente della Provincia, nonché sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci ed i primi cittadini degli altri Comuni del territorio jonico rientranti nell’area, per poi passare ad un prezioso confronto in Regione, tra gli stessi e l’assessore regionale all’Ambiente, Anna Grazia Maraschio. Determinante sin dall’inizio, la volontà manifestata dalla Regione Puglia, attraverso l’assessore al Turismo Gianfranco Lopane che, già da sindaco di Laterza insieme al collega di Ginosa, Vito Parisi, non ha mai smesso di dimostrare di avere a cuore la realizzazione del Parco delle Gravine”.
Il Parco regionale delle Gravine si estende sul territorio di 14 Comuni, 13 della Provincia di Taranto ed uno della Provincia di Brindisi, Villa Castelli, e su una superficie di oltre 25000 ettari. Rappresenta una realtà territoriale di considerevole interesse perché custodisce una porzione significativa del patrimonio naturale, paesaggistico e culturale della Regione Puglia, oltre a rappresentare un unicum a livello nazionale ed europeo.
“Il Parco regionale delle Gravine, istituito nel 2005 – riprende Dell’Aquila – in realtà non è mai partito perché, se da un lato c’era la volontà di valorizzare il patrimonio naturalistico, dall’altro le spinte conservazionistiche d
i parte della politica e di alcune categorie professionali, e le conseguenti riperimetrazioni che hanno sottratto spazio al Parco (definito “parco a macchia di leopardo”) hanno rappresentato un freno e di fatto rallentato, se non del tutto bloccato, il processo di creazione. Va detto che, senza dubbio, il paesaggio esistente richiede una particolare attenzione perché è soggetto a vincoli, ma al tempo stesso, è necessario chiarire che, guardando a esperienze virtuose, le attività economiche tradizionalmente svolte su questa porzione di territorio, non verrebbero affatto frustrate nella loro vocazione dalla creazione del Parco, al contrario ne trarrebbero vantaggio. Questo in quanto i parchi rappresentano un volano per lo sviluppo, in particolare turistico, quindi aggiungono certamente valore, soprattutto in zone interne come quelle di cui parliamo. Non si presentano esattamente come mete turistiche mainstream, ma di nicchia e che si fondano sul rispetto dei luoghi che non vanno intaccati e sull’organizzazione di iniziative che accrescono la valorizzazione del capitale sociale e culturale esistente.
L’auspicio è senza dubbio quello di partire al più presto in maniera operativa con il Parco regionale delle Gravine, in una Puglia, che ormai gode di fama come meta turistica grazie alle iniziative della Regione, di Puglia promozione, grazie al marketing territoriale ed al mare, che è sempre e comunque un grande attrattore.
Parliamo di turismo sostenibile, di mantenimento degli equilibri naturali e appunto, lo ribadisco, di rispetto dei luoghi, soprattutto dopo la crisi pandemica tutto questo può essere un’ottima occasione di sviluppo.
Quando abbiamo davanti agli occhi, in tutta la sua bellezza, questo patrimonio, che per il momento è potenzialità inespressa, non possiamo che rifiutare numeri che danno Taranto come la provincia pugliese che perde terreno, in termini di presenze turistiche. È infatti grave e
d inaccettabile, perché si allarga il gap rispetto ad altre destinazioni turistiche che crescono grazie agli investimenti pubblici e privati e a politiche integrate sul territorio. Basti pensare alla “Costa dei trulli”, frutto dell’operazione di branding della Valle d’Itria insieme a Comuni della costa adriatica, in particolare Polignano e Monopoli. Si intraprenda dunque, anche dalle nostre parti, un percorso di riappropriazione dell’identità territoriale, che passi anche dalla valorizzazione del Parco. E ancora non si riduca il tutto, come purtroppo spesso accade, in sterili e dannose lotte tra campanili, per accaparrarsi la sede o i ruoli all’interno dell’ente che andrà a gestire il Parco. Via i provincialismi ed i particolarismi, e si individui piuttosto la strada più breve per passare ai fatti. Questo è il migliore augurio che, come Casaimpresa/Confesercenti, ci sentiamo di fare al nostro territorio e a tutti coloro che credono nella necessità di uno sviluppo alternativo e rispettoso delle inclinazioni naturali”.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Libri

Alla scuola Colombo, incontro con l’autrice, Roberta Leporati

19 Gen 2023

Se gli studenti sono lettori, lettori che leggono libri, le loro possibilità di successo scolastico aumentano: questo è quanto emerge da una molteplicità di studi condotti su questo argomento.

Con questo spirito il dirigente scolastico e gli insegnanti dell’istituto comprensivo “Carrieri- Colombo” hanno organizzato, venerdì 20 gennaio nell’aula magna del plesso Colombo a partire dalle ore 10, un incontro con Roberta Leporati, dirigente scolastico dell’ic Chiarelli di Martina Franca e autrice del romanzo per ragazzi, insieme a Silvia Giannì, “Il Tesoro di carta”.

L’appuntamento è rivolto agli alunni delle classi quinte della scuola primaria e delle classi prime della scuola secondaria di primo grado nell’ambito del progetto continuità.

Il libro racconta il viaggio magico e avventuroso di alcuni adolescenti del 2050 alla ricerca di un diario di ragazzi, scritto nel periodo di lockdown, nella primavera del 2020. Cinque ragazzi scoprono un obsoleto cellulare contenente solo fotogrammi di stampe e alcune immagini relative a una premiazione scolastica, i cui protagonisti sono tutti i loro genitori, che all’epoca frequentavano la scuola media. Recuperato il documento, con astuzia e un po’ di fortuna, comprendono che la scrittura del diario è collegata a una pandemia avvenuta nel 2020.

«L’incontro con l’autrice Roberta Leporati, dichiara il dirigente scolastico dell’ic Carrieri Colombo Giovangualberto Carducci, offrirà ai nostri alunni l’opportunità di scambiare sentimenti e sensazioni scaturiti dalla lettura del suo romanzo, porre domande e questo è un passaggio formativo che emoziona e lascia il segno. Ogni storia che incontriamo è l’inizio di un viaggio, una grande occasione per confrontarsi con emozioni e pensieri nuovi».

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Teatro

Domenica 22, all’auditorium TaTÀ, ‘Pollicino’ nell’adattamento del Teatro delle Forche

Per il cartellone “favole&TAmburi”, rassegna di teatro ragazzi curata dal Crest di Taranto

19 Gen 2023

Piccolo piccolo ma molto, molto furbo. Per il cartellone “favole&TAmburi”, rassegna di teatro ragazzi, domenica 22 gennaio, alle ore 18 all’auditorium TaTÀ di Taranto, in via Deledda ai Tamburi, in scena “Pollicino”, da Charles Perrault, adattamento e regia di Giancarlo Luce, con Giorgio Consoli, Erika Grillo, Salvatore Laghezza, Vito Latorre, scene e costumi di Lisa Serio, pitture di scena Cinzia De Nisco, illustrazione e progetto grafico Francesco Di Dio aka Effe, produzione Teatro delle Forche, in collaborazione con Granteatrino Casa di Pulcinella. Durata 60′.

Nata dalla penna dello scrittore parigino Charles Perrault, avvocato prima di dedicarsi alla scrittura e membro dell’Académie française dal 1671, “Pollicino” è una fiaba nella quale vengono narrate le avventure e le disavventure del suo omonimo protagonista. Ultimogenito di “un taglialegna e sua moglie”, Pollicino ha sei fratelli, dei quali è il più piccolo per età e statura. Ma non sempre ad avere la meglio sono i più grandi e forti. Infatti, lui è piccolo piccolo ma molto, molto furbo. E ciò basta a raggirare un orco malvagio e famelico… Il valore di questo racconto sta nel consentire al bambino, attraverso la vicinanza di un genitore e l’immedesimazione con i personaggi, di vivere emozioni forti in modo protetto.

La produzione letteraria di Charles Perrault non è stata particolarmente originale, ma è a lui che si deve, ben 200 anni prima dei fratelli Grimm, la prima e più importante raccolta di fiabe in poesia e prosa tratte dalla tradizione orale europea. Infatti, nel 1697, scrisse la raccolta “Storie e racconti dei tempi passati, con la morale”, più nota col titolo di “Racconti di Mamma Oca”, una serie di racconti morali progettati per indurre il lettore a riflettere sui dilemmi presentati ai protagonisti delle fiabe (tra le undici, le più famose: “Barbablu”, “La bella addormentata nel bosco”, “Cappuccetto rosso”, “Il gatto con gli stivali”, “Cenerentola”, “Pollicino”, “Pelle d’asino”).

La raccolta (titolo originale “Contes de ma mère l’Oye”) ebbe un enorme successo, facendo sbocciare in Francia nelle corti settecentesche e poi espandersi in una meravigliosa fioritura un genere letterario del tutto nuovo, “Le Cabinet des fées” (Lo Scrigno delle Fate). Ma non tutte le fiabe, così come le conosciamo (in Italia tradotte da Carlo Collodi, tra gli altri), sono quelle “originali” di Perrault. La versione di “Pollicino” scelta dal Teatro delle Forche per questo adattamento (consigliato dai 4 anni) è quella dell’accademico e uomo di lettere francese, ricca di finezze fortemente simboliche.

Teatro delle Forche. Nasce nel 1994 a Massafra (Taranto) e nel 2000 si costituisce in società cooperativa. All’origine del sodalizio artistico la convinzione di restare al sud, impegnandosi a creare e ospitare spettacoli dal vivo e artisti capaci di incidere nel tessuto sociale. All’attivo circa trenta allestimenti teatrali, per le regie di Giancarlo Luce (anche attore e direttore artistico della compagnia), Carlo Formigoni, Enzo Toma, Ettore Toscano, Annalisa Santambrogio, Gianluigi Gherzi, Fabrizio Saccomanno, Nicola Borghesi, Enrico Baraldi ed Erika Grillo. Da segnalare, tra i suoi progetti più importanti, “Clessidra – Teatro dei luoghi”, ideato e diretto da Erika Grillo (nel 2019 chiude l’Open Culture Festival dir Matera Capitale Europea della Cultura e nel 2021 rappresenta la Puglia al Festival “Welcome to Socotra” della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli a Milano) e il Premio Teatro Scuola Cultura “Palma Cito”, curato da Ermelinda Nasuto.

Biglietto 7 euro, ridotto 6 euro (promozione attiva per uno stesso nucleo familiare con almeno quattro componenti). Info e prenotazioni ai numeri 099.4725780 e 366.3473430 (anche whatsapp). Tutti i dettagli su teatrocrest.it.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Politica italiana

Csm: il Parlamento ha eletto 9 candidati su 10

Giovedì 19 gennaio, nuova seduta comune per eleggere il decimo consigliere che nella prima tornata non ha raggiunto il quorum necessario

foto Ansa/Sir
19 Gen 2023

di Stefano De Martis

Il Parlamento in seduta comune ha eletto 9 dei 10 membri del Consiglio superiore della magistratura che era chiamato a designare. Tornerà a riunirsi giovedì 19 gennaio per eleggere il decimo consigliere che nella prima tornata non ha raggiunto il quorum necessario. Il Csm è espressamente previsto dalla Costituzione (artt. 104 e 105) come organo di amministrazione della giurisdizione e di garanzia dell’autonomia e dell’indipendenza dei magistrati ordinari. Un organo di particolare rilievo e delicatezza tanto che secondo la Costituzione a presiederlo è lo stesso capo dello Stato. Esso adotta tutti i provvedimenti che incidono sullo status dei magistrati (dall’assunzione mediante concorso pubblico, alle procedure di assegnazione e trasferimento, alle promozioni, fino alla cessazione dal servizio) e ha il compito di giudicare le condotte disciplinarmente rilevanti tenute dai magistrati.

All’oggettiva importanza dell’organo si aggiungevano stavolta anche altri motivi di speciale interesse. Non solo il voto si svolgeva a cavallo della relazione al Parlamento del neo-ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e nell’imminenza dell’inaugurazione del nuovo anno giudiziario, in una prolungata fase di grandi tensioni intorno alla magistratura. Ma era anche la prima volta che si applicavano le norme della riforma Cartabia approvata lo scorso giugno.

Si trattava, inoltre, della prima riunione delle Camere congiunte da quando è stato ridotto il numero di deputati e senatori. Un formato solenne, quello del Parlamento in seduta comune, riservato a pochi, grandi appuntamenti fissati dalla Costituzione. I partiti, quindi, si trovavano di fronte a un test molto significativo della loro capacità di trovare intese istituzionali al di là della fisiologica dialettica tra maggioranza e opposizione. Il quorum di tre quinti richiesto per l’elezione dei consiglieri del Csm, del resto, è funzionale proprio a questa prospettiva.

La prova è stata superata ma solo in parte. L’accordo tra i gruppi che fino all’ultimo era apparso molto difficile, così da far prevedere una serie di “fumate nere”, nella sostanza ha retto. Alla maggioranza dovevano andare 7 consiglieri (4 a Fdi, 2 alla Lega, 1 a Fi), 3 alle opposizioni (1 ciascuno per Pd, M5S e Azione). Il quorum è stato superato da 9 candidati su 10. Quando già le votazioni erano in corso, è scoppiato il caso relativo a uno dei nomi indicati da Fdi, Giuseppe Valentino, un penalista calabrese già sottosegretario alla Giustizia, che risulta ancora indagato in un’inchiesta di ‘ndrangheta. Tra le polemiche Valentino si è ritirato, ma molti avevano già provveduto a votarlo e il personaggio indicato in sostituzione, Felice Giuffrè, docente universitario a Catania, non ha materialmente potuto raggiungere il quorum anche se sul suo nome le opposizioni non hanno avuto problemi a convergere. Gli eletti, in ordine di voti conseguiti, sono Roberto Romboli, Isabella Bertolini, Daniela Bianchini, Claudia Eccher, Rosanna Natoli, Enrico Aimi, Fabio Pinelli, Michele Papa ed Ernesto Carbone. Tutti avvocati con almeno quindici anni di professione o docenti universitari di materie giuridiche, perché questi sono i requisiti richiesti ai 10 membri “laici”, eletti dal Parlamento.

I 20 membri eletti dagli stessi magistrati (lo hanno fatto nello scorso settembre) vengono correntemente definiti “togati”. Membri di diritto del Csm, oltre al capo dello Stato, sono il primo presidente e il procuratore generale della Corte di Cassazione. Quando il Consiglio sarà finalmente al completo, un altro passaggio decisivo sarà l’elezione del vicepresidente che – come spiega il sito del Quirinale – sostituisce il presidente della Repubblica in caso di assenza e impedimento ed esercita le funzioni che il presidente gli delega. Presiede poi il comitato di presidenza (composto dal primo presidente della Cassazione e dal procuratore generale presso la stessa), al quale è attribuito il compito di promuovere l’attività del Csm, dare attuazione alle sue delibere e provvedere alla gestione del bilancio. Il vicepresidente dev’essere scelto tra i “laici” ma con il voto di tutti, anche dei “togati”, e quindi non ci sono esiti scontati, almeno per ora.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Emergenze sociali

Acli: ”Mancano risposte concrete sul tema del lavoro, per affrontare l’inflazione”

foto Siciliani-Gennari/Sir
19 Gen 2023

“La corsa all’inflazione, che in questo momento, già molto delicato, rischia di impoverire ulteriormente le famiglie e i più fragili, è un problema molto grave a cui il Governo non sta dando ancora risposte concrete”. Così le Acli nazionali in una nota diffusa a margine della direzione nazionale che si è svolta a Roma: “La decisione di non prorogare gli sconti sulle accise sui carburanti rischia di avere effetti negativi immediati sull’inflazione”, sottolineano le Acli, secondo cui “certamente non aiuta neanche il mancato accordo tra sindacati e sigle datoriali per quanto riguarda il contratto nazionale del lavoro domestico: se da una parte, infatti, gli aumenti di stipendio per chi si occupa di lavoro di cura sono legittimi e assolutamente giusti, dall’altra parte non è stata presa nessuna contromisura per venire incontro alle famiglie che già si trovano spesso in situazioni già molto pesanti e complicate non solo economicamente”. “Non si può trasformare la questione in una guerra tra poveri, ma – ammoniscono le Acli – è necessario chiamare in causa il grande assente, lo Stato, perché gran parte del lavoro domestico copre l’assenza delle politiche di welfare, in particolare sulla non autosufficienza e sui servizi alle famiglie e all’infanzia. Il lavoro domestico è, in altri termini, un bene pubblico che non può essere scaricato tutto sul rapporto famiglia-lavoratrice o lavoratore”.
Oltre alla necessità finalmente di un fondo di copertura per la non autosufficienza, le Acli da anni chiedono un bonus “vero” per il lavoro di cura ovvero delle detrazioni maggiori per le famiglie, variabili a seconda del reddito e delle necessità di assistenza, affiancato da maggiore formazione con il coordinamento dei Servizi sociali e il Terzo settore. “Queste scelte – affermano – porterebbero minori costi per le famiglie, il giusto adeguamento dei compensi e un miglior livello di assistenza, oltre a ridurre l’impatto su ospedali e strutture sanitarie”. “Il Governo deve decidersi ad investire nel sociale – concludono le Acli – ma serve un’inversione di marcia rispetto a un sistema fiscale colabrodo come l’attuale, nel quale i ricchi spesso pagano meno tasse dei poveri e di lavoratori e pensionati”.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Emergenze sociali

Aumentano i prezzi, crescono le disuguaglianze

foto Siciliani-Gennari/Sir
18 Gen 2023

di Andrea Casavecchia

L’aumento del prezzo dei carburanti è solo uno dei segnali di una crescita inflazionistica galoppante che continua a mettere in difficoltà le famiglie. Bisognerebbe ricordare che tale aumento influisce sul costo di altri prodotti. Come scrive il Censis nel suo ultimo Rapporto annuale solo nella prima metà del 2022 l’indice dei prezzi si è innalzato del 6,7% – in confronto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le persone che ne fanno maggiormente le spese sono gli occupati dipendenti, oppure tutti i lavoratori che mantengono sempre lo stesso reddito durante l’anno.
Loro, in un periodo di rapida inflazione, finiscono per dover decidere in modo oculato come riempire la busta della spesa, ma anche iniziare a rivedere i loro stili di vita. Il cambiamento non è uguale per tutti. Come evidenzia ancora il Censis: “l’inflazione non solo colpisce i redditi fissi o comunque tendenzialmente stabili nel medio periodo, aumenta anche la forbice della disuguaglianza tra le diverse componenti sociali: le famiglie meno abbienti si confrontano con un incremento medio dei prezzi pari al 9,8%, mentre per le famiglie più agiate l’aumento è del 6,1%, quasi 4 punti percentuali in meno”.
Ma perché l’aumento dei prezzi incide di più sulle famiglie di reddito medio e medio basso, rispetto alle altre?
La motivazione è nei prodotti che formano il carrello della spesa. Quando salgono i prezzi di quelli che vengono chiamati i beni primari, non c’è la possibilità di evitarli, tutti sono obbligati a comprarli. Però il budget, che una famiglia a basso/medio reddito ha a disposizione, è inferiore a quello delle altre e quindi se aumenta il costo della benzina o delle verdure il loro peso incide di più sulle possibilità di quelle famiglie, che alla fine dovranno scegliere di rinunciare a qualcos’altro.
Quello che accade aggrava un processo già in atto. Purtroppo negli ultimi anni le disuguaglianze sono cresciute e la platea delle famiglie con redditi meno alti è aumentata. Sarebbe importante iniziare a invertire la rotta. Uno dei passi iniziali dovrebbe essere quello di cominciare a rivalorizzare i redditi da lavoro che nel nostro paese sono rimasti pressoché costanti negli ultimi venti anni. Un secondo passo dovrebbe riguardare il contenimento dei prezzi delle materie primarie che incidono sull’aumento di tutti gli altri, ma non sembra essere la direzione che oggi si vuole prendere.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Diocesi

Teleperformance Italia ha donato i kit d’allenamento per la scuola calcio dell’Angeli custodi dei Tamburi

18 Gen 2023

La notizia aveva lasciato tutti sbigottiti: dei ladri avevano sottratto l’attrezzatura che i bambini e i ragazzini che frequentano la scuola calcio della parrocchia Ss. Angeli Custodi, utilizzano per giocare nel campetto adiacente alla chiesa.

Immediatamente si era messa in moto, a ridosso della festività dell’Epifania, una gara di solidarietà per permettere a don Alessandro Argentiero, parroco della chiesa Ss. Angeli Custodi, di acquistare nuovamente borsoni, pettorine, palloni e kit di allenamento.

A poche settimane dal triste accaduto, è giunta la donazione di Teleperformance Italia alla parrocchia del quartiere Tamburi: “L’iniziativa è solo un primo passo: con la chiesa abbiamo avviato un percorso – ha dichiarato Gianluca Bilancioni, hr director Teleperformance Italia -. È nostra intenzione tornare nelle prossime settimane nel quartiere Tamburi e incontrare nuovamente il parroco per comprendere con lui, e con la comunità, come continuare a sostenere le attività della scuola calcio. Se poi emergeranno altre necessità che riguardano, più in generale, la gestione della chiesa noi diamo da subito la nostra disponibilità. Rubare ai bambini gli strumenti per potersi divertire è come rubare loro il sorriso. Abbiamo scelto però di non fermarci alla rabbia che un episodio del genere può suscitare, ma di attivarci per consentire alla scuola calcio di tornare presto in attività e ai giovanissimi del quartiere Tamburi di tornare a divertirsi in maniera sana e spensierata”.

“Abbiamo dato il sorriso ai nostri bambini. Per loro è stato una schiaffo fuori dalla logica: ci tengo a ricordare che gli indumenti rubati sono praticamente inutilizzabili perché sia le magliette da calcio che le tute hanno impresso sul petto il logo dello sponsor e il nome della parrocchia! – ha precisato don Alessandro Argentiero.

“Solo a settembre la scuola-calcio aveva riaperto le iscrizioni per i bambini e ragazzini dai 6 ai 12 anni, dopo le restrizioni del covid che non hanno permesso un regolare svolgimento delle attività. Abbiamo registrato 24 adesioni che è un numero lusinghiero, come primo anno di programmazione, per me. Per il prossimo anno agonistico, il desiderio è l’adesione ai tornei di categoria.

Il nostro compito è aggregare ed educare bambini e ragazzini che hanno bisogno di tutte le nostre attenzioni: uno degli strumenti che abbiamo è proprio la scuola calcio, fondamentale nel quartiere. Teleperformance ci ha aiutato nel concreto per superare questa difficoltà mentre altre aziende si stanno muovendo per supportarci per altre esigenze”.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Diocesi

Prende il via la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2023

foto G. Leva
18 Gen 2023

L’appuntamento annuale della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che va dal 18 al 25 gennaio, invita ad intensificare l’impegno a custodire e promuovere la comunione e il dialogo nella comunità ecclesiale e tra i cristiani.

Il tema di quest’anno “Imparate a fare il bene, cercate la giustizia”, scelto dal gruppo di lavoro delle chiese del Minnesota, è un’esortazione a costruire il regno di Dio, regno di giustizia e di pace, escludendo ogni forma di odio e divisione che non possono avere origine da Dio. I cristiani, in quanto tali, sono continuamente impegnati a lavorare nel cantiere della comunione per edificare la pace.

“Mi auguro che il tema proposto quest’anno possa aiutarci a edificare un mondo più giusto superando ogni divisione e sospetto che non favoriscono l’edificazione del regno” ha sostenuto don Francesco Tenna, direttore dell’ufficio diocesano per il Dialogo ecumenico e interreligioso.

Per vivere al meglio la Settimana di preghiera, ogni parrocchia è invitata ad organizzare momenti di preghiera utilizzando il sussidio in allegato. Da evidenziare sono due iniziative di carattere prettamente ecumenico: uno studio biblico condiviso, promosso dalla chiesa valdese il 18 gennaio alle ore 18.30 nella biblioteca “G. Miegge” in via G. Messina, 71 a Taranto e la consueta celebrazione ecumenica della Parola di Dio, con mons. Filippo Santoro e i rappresentanti di altre comunità, il 24 gennaio alle ore 19 nella parrocchia-santuario “Ss.mo Crocifisso” a Taranto.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Ecclesia

All’udienza generale, papa Francesco si richiama al primo gesto pubblico compiuto da Gesù

foto Vatican media/Sir
18 Gen 2023

“Le immagini e le testimonianze di questo tragico episodio sono un forte appello a tutte le coscienze. Non si può rimanere indifferenti!”. Così il papa, al termine dell’udienza generale di oggi, in aula Paolo VI, si è riferito al nuovo attacco missilistico di sabato scorso, che ha causato molte vittime tra i civili, soprattutto bambini a Dnipro, esortando ancora una volta a “pregare per la martoriata Ucraina, tanto bisognosa di vicinanza, di conforto e soprattutto di pace”. Al centro della catechesi, dedicata allo zelo apostolico, il primo gesto pubblico di Gesù, dopo gli anni della vita nascosta a Nazaret.

“Gesù non fa un grande prodigio, non lancia un messaggio ad effetto, ma si mischia con la gente che andava a farsi battezzare da Giovanni”, ha esordito Francesco, ricordando che Gesù, “ogni giorno, dopo la preghiera, dedica tutta la sua giornata all’annuncio del Regno di Dio e alle persone, soprattutto ai più poveri e deboli, ai peccatori e agli ammalati”. Fare il pastore, per Lui, “non era solo un lavoro, che richiedeva del tempo e molto impegno; era un vero e proprio modo di vivere: ventiquattro ore al giorno, vivendo con il gregge, accompagnandolo al pascolo, dormendo tra le pecore, prendendosi cura di quelle più deboli”.

“Gesù non fa qualcosa per noi, ma dà tutto: dà la vita per noi. Il suo è un cuore pastorale. Fa il pastore con tutti noi”, ha sintetizzato il Papa, secondo il quale “per valutare la nostra pastorale, dobbiamo confrontarci con il modello, confrontarci con Gesù buon Pastore. Anzitutto possiamo chiederci: Lo imitiamo abbeverandoci alle fonti della preghiera, perché il nostro cuore sia in sintonia con il suo?”.

“Se si sta con Gesù si scopre che il suo cuore pastorale palpita sempre per chi è smarrito, perduto, lontano”, la tesi di Francesco: “E il nostro?”. “Quante volte – ha proseguito il pontefice –  viene gente che è un po’ difficile, difficoltosa per noi: ‘Ma è un problema suo: che si arrangi’. Gesù mai ha detto questo – ‘che si arrangi ‘ –  è andato Lui a trovarla. Stava con tutti gli emarginati, con tutti i peccatori. Era accusato di quello: stare con i peccatori. Perché portava proprio ai peccatori la salvezza di Dio”. “Se vogliamo allenare lo zelo apostolico, il capitolo 15 di Luca è da avere sempre sotto gli occhi”, il consiglio del Papa: “Leggetelo spesso: lì potete capire cosa sia lo zelo apostolico. Lì scopriamo che Dio non sta a contemplare il recinto delle sue pecore e nemmeno le minaccia perché non se ne vadano. Piuttosto, se una esce e si perde, non la abbandona, ma la cerca. Non dice: ‘Se n’è andata, colpa sua, affari suoi!’”.

“Il cuore pastorale soffre, il cuore pastorale rischia”, ha commentato Francesco: “Dio soffre per chi se ne va e, mentre lo piange, lo ama ancora di più. Il Signore soffre quando ci distanziamo dal suo cuore. Soffre per quanti non conoscono la bellezza del suo amore e il calore del suo abbraccio. Ma, in risposta a questa sofferenza, non si chiude, bensì rischia: lascia le novantanove pecore che sono al sicuro e si avventura per l’unica dispersa, facendo così qualcosa di azzardato e pure di irrazionale, ma consono al suo cuore pastorale, che ha nostalgia di chi se n’è andato”.

“Gesù ti insegna la nostalgia di coloro che se ne sono andati”, ha attualizzato il papa: “Gesù ha nostalgia, di noi, e questo è lo zelo di Dio: non rabbia o risentimento, ma un’irriducibile nostalgia di noi. È lo zelo di Dio”. “E noi, abbiamo sentimenti simili?”, ha chiesto Francesco: “Magari vediamo come avversari o nemici quelli che hanno lasciato il gregge. ‘Ha lasciato la fede, lo aspetta l’inferno’, e stiamo tranquilli”. “Incontrandoli a scuola, al lavoro, nelle vie della città, perché non pensare invece che abbiamo una bella occasione di testimoniare loro la gioia di un Padre che li ama e che non li ha mai dimenticati?”, la proposta: “Non per fare proselitismo, ma per camminare insieme. Evangelizzare non è fare proselitismo. Fare proselitismo è una cosa pagana, non religiosa o evangelica. C’è una parola buona per loro e abbiamo l’onore e l’onere di essere noi a dire quella parola. Perché la Parola, Gesù, questo ci chiede: di avvicinarsi sempre, col cuore aperto, a tutti, perché Lui è così. Magari seguiamo e amiamo Gesù da tanto tempo e non ci siamo mai chiesti se ne condividiamo i sentimenti, se soffriamo e rischiamo in sintonia con il suo cuore pastorale!”. “Non si tratta di fare proselitismo perché gli altri siano dei nostri – questo non è cristiano –  ma di amare perché siano figli felici di Dio”, ha ribadito il papa: “Chiediamo nella preghiera la grazia di un cuore pastorale, aperto, di essere vicino a tutti per portare il messaggio del Signore e anche sentire per loro la nostalgia di Cristo. Perché, senza questo amore che soffre e rischia, rischiamo di pascere solo noi stessi. Pastori di se stessi, invece di essere pastori del gregge”.

 

 

 

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO